Charlie Gard. Bambin Gesù in azione. Ma non si parla di terapie – di Andrea Zambrano

Ospedale Bambin GesùDa tre giorni Charlie Gard è sparito dai radar. Le notizie dal Great Ormond Street Hospital si sono fermate a venerdì sera quando la madre del piccolo ha annunciato che il conto alla rovescia si era fermato. I medici hanno concesso more time a genitori. Più tempo, dunque. Avevamo titolato che l’esecuzione del piccolo era stata congelata sine die. E avevamo ipotizzato che questo stop avrebbe dato maggior forza alla pressione dell’opinione pubblica su un caso che sta facendo commuovere il mondo. E così è stato.

Dai genitori e dall’ospedale non arrivano notizie, ma le notizie arrivano dalla straordinaria mobilitazione popolare che ha visto nell’Italia un centro focale di primaria importanza. Anzitutto per la “discesa in campo” di Papa Francesco che è intervenuto domenica e ha ravvivato un dibattitto che si stava avvitando anche in ambito cattolico su pieghe decisamente eutanasiche.

Ma il comunicato della sala stampa vaticana, riferibile a Charlie Gard e dunque molto più incisivo delle prime sue parole twittate venerdì sera, una prima conseguenza l’hanno avuta. L’ospedale Bambin Gesù si è detto disponibile ad accogliere il bambino.

“Ho chiesto al direttore sanitario di verificare con il Great Ormond Street Hospital di Londra, dove è ricoverato il neonato, se vi siano le condizioni sanitarie per un eventuale trasferimento di Charlie presso il nostro ospedale. Sappiamo che il caso è disperato e che, a quanto risulta, non vi sono terapie efficaci”.

Così ha parlato la presidente dell’Ospedale pediatrico vaticano, Mariella Enoc. “Siamo vicini ai genitori nella preghiera e, se questo è il loro desiderio, disponibili ad accogliere il loro bambino presso di noi, per il tempo che gli resterà da vivere”. “‘Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo’.

Le parole del Santo Padre, riferite al piccolo Charlie, ben riassumono la mission dell’ospedale Bambino Gesù”, sottolinea Mariella Enoc, presidente dell’ospedale pediatrico romano che è di proprietà della Santa Sede.

La presa di posizione del Bambin Gesù ha provocato una catena di reazioni positive. A cominciare dalla Comunità Giovanni XXIII che ha offerto la propria disponibilità ad ospitare i genitori di Charlie. “In questi giorni stiamo pregando per il piccolo Charlie, la sua famiglia e soprattutto per la società europea, impregnata di una cultura eutanasica. Adesso offriamo la nostra risposta concreta”, hanno detto dalla comunità fondata da don Oreste Benzi.

Gesti concreti di solidarietà umana e di carità cristiana, frutto della risposta del popolo cristiano, soprattutto italiano, che sta pregando incessantemente con veglie e adorazioni, con una mobilitazione incessante.

Ma come leggere l’intervento quasi in extremis dell’ospedale cattolico di Roma? Qui le informazioni sono ancora molto poche. Sicuramente si sta procedendo a fari spenti per non creare false aspettative.

Come ha confermato alla Nuova BQ la portavoce dell’ospedale pediatrico che nel ribadire la volontà di accogliere il bambino ha detto che in questa fase si sta effettuando uno studio di fattibilità sul trasporto in sicurezza di Charlie per un viaggio che non deve essere per nulla facile e che già i medici del Gosh avevano impedito quando i genitori del bambino erano intenzionati a portarlo nel Usa per sottoporsi a cure sperimentali.

Ma oltre al viaggio da gestire – qualora dovessero esserci le dovute garanzie – c’è un aspetto clinico che sicuramente in queste ore verrà esaminato dalla direzione sanitaria del pediatrico romano. Ma sul quale aleggiano ancora tanti interrogativi.

Se Charlie dovesse arrivare a Roma, che cosa potranno fare i medici? Da quali specialisti e mitocondrologi potrebbe essere affiancato? Con quali risultati rispetto a quanto non hanno fatto a Londra? Queste sono domande alle quali non è stata ancora data risposta.

La richiesta dell’ospedale è sicuramente un fatto nuovo nella triste vicenda del bambino affetto da deplezione mitocondriale gravissima.

Ma l’ospedale nel suo comunicato inziale non ha chiarito quali sarebbero le terapie che potrebbe somministrare al piccolo, anzi. Ha dato per scontato che il caso è disperato e che non esisterebbero terapie efficaci oltre che si incaricherebbero di prendersi cura di lui per tutto il tempo che gli resterà da vivere.

La richiesta del Bambini Gesù non va intesa dunque come un tentativo di offrire una cura innovativa e sperimentale, ma di accompagnare il piccolo come se si dovesse recare ad un hospice, in vista di un trapasso dato da tutti per imminente.

Ma che imminente non sembra essere se è vero che i medici hanno deciso il distacco delle macchine a febbraio e che per tutto questo tempo Charlie, ancora vivo, ha parlato con il suo dolore a milioni di persone.

Per i medici è accanimento terapeutico, per i genitori no. Sulla base di questa differenza sostanziale si basa l’oggetto del contendere e parte la domanda centrale che sta animando il dibattito: qual è il best interest per il bambino, il suo miglior interesse?

Forse, sembra suggerire l’intervento del Bambin Gesù, un luogo accogliente con medici non più controparte giudiziaria dei genitori e in cui terminare i suoi giorni senza distacco delle macchine, ma anche senza la possibilità di cure sperimentali, considerate ormai inutili?

Tra questi milioni di persone non mancano alcuni potenti della terra.

Dopo Papa Francesco anche il presidente americano Donald Trump è intervenuto offrendo aiuto: “Se possiamo aiutare il piccolo #CharlieGard, come i nostri amici in Gb e il papa, saremmo felici di farlo”.

La Casa Bianca attraverso un portavoce ha precisato che il presidente in persona non ha parlato direttamente con i familiari del bimbo in quanto non vuole esercitare pressione in alcun modo, ma che membri dell’amministrazione vi hanno parlato in contatti facilitati dal governo britannico. “Il presidente sta solo tentando di aiutare se possibile”, si sottolinea dalla Casa Bianca.

Non più tardi di due giorni fa i genitori nel video di addio lamentavano di essere stati lasciati soli.

Non sappiamo ancora come si concluderà la vicenda, ma la risposta di milioni di persone tra cui alcuni potenti della terra li aiuterà a sentire quella compassione che non hanno incontrato presso gli organi giudiziari che hanno sentenziato per il distacco della ventilazione artificiale e che solo un miracolo ora potrebbe scongiurare.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana