Criticare il Papa. Si può (si deve)? – di Marco Tosatti

Jeffrey MirusSi può – si deve – criticare il Papa?  E’ una questione, una frase che certamente farà alzare le sopracciglia a molti cattolici. E’ anche il senso di un lungo commento, molto articolato e interessante, che Jeffrey Mirus, fondatore di Catholic Culture, scrive oggi su quello che è una delle più seguite e autorevoli voci cattoliche sul web nel mondo anglofono.

Alcune recenti uscite estemporanee del Pontefice hanno provocato qualche commento perplesso sulle pagine web di Catholic Culture, e allora “alcuni lettori si sono chiesti se noi non capiamo il Papa o se, in ogni caso, facciamo più male che bene criticando apertamente il Vicario di Cristo”.

La risposta di Jeffrey Mirus è lunga ed esauriente; per leggerla tutta, vi rimandiamo al sito originale, in inglese .

Intanto cerchiamo di renderne in italiano alcuni punti fondamentali.

Premessa:

 “È dovere spirituale e morale di ogni cristiano considerare le parole di ciascuno nella migliore luce possibile… e cercare in ogni discorso spirituale qualche cosa che possa far crescere in santità”. Ciò presuppone però che dobbiamo discernere l’eventuale errore e “accentuare la comprensione corretta nelle nostre vite”.

E qui si entra nel vivo: “Un esempio di quest’ultimo punto è quando qualcuno suggerisce che dobbiamo minimizzare la verità per apparire più compatibili con coloro che non (o non ancora) accettano gli insegnamenti di Cristo.

La migliore risposta in questo caso è riconoscere che: (a) Noncuranza intorno alla verità è fondamentalmente non caritatevole e non misericordiosa; ma anche (b) Gentilezza e servizio di sacrificio sono sempre aspetti chiave della testimonianza cristiana, e in questo possiamo sempre migliorare”.

Scandalo

“Mi piace pensare che ogni leader cattolico sarebbe in difficoltà a dare scandalo, nel senso più profondo della parola, a uno dei nostri lettori. Ma per ogni cattolico ben formato che può reagire con successo a dichiarazioni errate, che confondono o portano fuori strada, ci sono letteralmente milioni di persone che saranno confuse o sviate in forme che possono danneggiare la loro vita morale o spirituale”.

Mondanità 

“Quando i nostri preti, vescovi e persino il Papa confondono o sviano i fedeli con le loro azioni o dichiarazioni, è in genere per la mancanza da parte loro di restare inflessibili contro gli errori comuni dell’epoca.

I leader della Chiesa, come il resto di noi, possono mancare di coraggio, possono voler essere ben accolti dalla gente mondana, possono essere infettati dallo Zeitgeist, o possono sinceramente credere di aver più possibilità di conquistare anime per Cristo oscurando le Sue parole dure”.

Queste ragioni, secondo Mirus, spiegano i fallimenti più diffusi nella Chiesa in ogni epoca, “sia che parliamo di vescovi che erano troppo implicati nella politica nel periodo medievale, o di vescovi che troppo spesso mancano nel correggere popolari incomprensioni morali oggi.

E’ assiomatico nel ministero cattolici che ogni cosiddetto approccio “pastorale” che non sia radicato fermamente nell’insegnamento cattolico non sia per nulla un approccio pastorale legittimo”.

Scoraggiamento

“Quando i leader della Chiesa sembrano accogliere volentieri quelli che rifiutano di accettare gli insegnamenti di Cristo e sembrano criticare quelli che si sforzano di sostenere e diffondere questi insegnamenti, hanno un effetto negativo non solo sui cattolici che sono confusi, ma anche su quelli che non lo sono. Per questo gruppo, l’effetto negativo è lo scoraggiamento”.

Gli esempi dati dal Pontefice in questo senso non mancano certo.

Continua così Mirus: “Preti, religiosi e laici buoni, profondamente impegnati sono spesso scoraggiati quando i leader ecclesiastici mostrano il loro favore a contestatori, trattano quelli che rifiutano l’insegnamento cattolico come se fossero già in grado di godere delle benedizioni di chi si è pentito, e imputano mancanza di carità a quelli che testimoniano coraggiosamente Cristo e la volontà del Padre. Quando arriva lo scoraggiamento, la domanda diventa: ‘A che serve’?”.

E’ una sensazione che di sicuro non pochi cattolici hanno provato e provano ovunque, di questi tempi, e un’analisi forse impietosa, ma franca e onesta, come è nello stile dei cattolici americani.

 

Fonte: S. Pietro e dintorni

 

Aggiunta:

S. Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, arg. 33, art. 4

Si noti però che quando ci fosse un pericolo per la fede, i sudditi sarebbero tenuti a rimproverare i loro prelati anche pubblicamente. Perciò S. Paolo, che pure era suddito di S. Pietro, per il pericolo di scandalo nella fede lo rimproverò pubblicamente. E S. Agostino [Glossa ord. su Gal 2, 14] commenta: «Pietro stesso diede l‘esempio ai superiori di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capitasse loro di allontanarsi dalla giusta via».

Catechismo della Chiesa cattolica, 907 – I fedeli laici

“In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità della persona”