Darwin alle corde?

Scritto da Maurizio BLONDET

Il mito dell’evoluzionismo darwinista è in crisi. Cresce negli USA il numero degli scienziati che lo contestano: Darwin aveva torto. Per loro gli esseri viventi sono frutto di un progetto intelligente. La scienza più avanzata riscopre Dio.

 Ogni settimana, Piero Angela ci istruisce. La giraffa “ha evoluto il suo lungo collo” per brucare le foglie dei rami alti. La balena “discende” da un animale terrestre che “si adattò alla vita acquatica”. Informazioni divertenti, che presuppongono come vera e scontata la teoria di Darwin: l’evoluzione di animali, la loro trasformazione da una specie a un’altra, a forza di accidentali “mutazioni” conservate, perché “utili alla vita”, dalla selezione naturale. Ciò che non ci dice mai, l’ottimo Piero Angela, è che la teoria di Darwin è messa in dubbio, e a voce sempre più alta, da un numero crescente di scienziati americani.

Dal ’93, l’autorevolissima Boston Review (la rivista del MIT, la più avanzata università scientifica Usa) accoglie un dibattito in cui biologi, matematici, paleontologi e biochimici attaccano “il dogma evoluzionista”, e su basi scientifiche.

L’evoluzionismo sostiene che nel DNA avvengono di continuo mutazioni accidentali. Il genetista James Shapiro ricorda invece che le mutazioni del DNA, la “scrittura della vita” (un vero “programma di computer”, con tutte le istruzioni per formare un essere vivente, presente sia negli esseri più “primitivi” che dei più “evoluti”), sono rarissime. Perché, dice Shapiro – ecco un’altra notizia che Piero Angela evita di fornirci – “il DNA è fornito di molti apparati di ‘correzione di bozze’, su vari livelli, che riconoscono e rimuovono gli errori occorrenti durante la replicazione del DNA”. Il DNA dunque si difende attivamente proprio da quelle casuali accidentalità, in cui i darwinisti identificano il motore dell’evoluzione. Di fatto, il DNA è la struttura più stabile dell’universo. Nei secoli, le lapidi egizie di granito diventano illeggibili; il DNA, fatto di proteine, si riproduce sempre uguale, opponendosi in modo attivo al degrado di tutte le cose. E, impariamo ora, si difende anche dal darwinismo.

Le sole mutazioni frequenti sono provocate dall’uomo su animali di laboratorio: con radiazioni nucleari o con agenti chimici che sconvolgono brutalmente la struttura del DNA. È il caso del moscerino della frutta (Drosophila Melanogaster), l’insetto preferito dai genetisti perché produce una generazione nuova ogni mese. Studiato da 80 anni in tutti i laboratori del pianeta, il moscerino è stato costretto a subire milioni di mutazioni. Tutte, nessuna esclusa, diminuiscono la sua attitudine alla vita (mancanza di occhi, di ali, di zampe); gli animaletti mutanti possono vivere solo in laboratorio, grazie alle cure degli sperimentatori; in natura sarebbero morti prima di trasmettere il loro patrimonio genetico ai discendenti. Meno che mai la drosofila ha dato luogo ad altra specie.

Tutto ciò induce una nuova generazione di scienziati a sostenere, ormai apertamente, che gli esseri viventi sono il frutto di una “progettazione intelligente” (intelligent design). “È una teoria pienamente scientifica che formuliamo come tale”, ha scritto William Dembski, logico-matematico della Notre Dame University.

 Perché? Perché troppi apparati delle creature viventi presentano una complessità irriducibile, risponde Michael Behe, biochimico della Leighton University. Come esempio di “complessità irriducibile”, Behe porta il caso della trappola per topi. Costituita di cinque pezzi – una molla, la tagliola, il gancetto che tiene la tagliola in posizione, l’esca, la tavoletta su cui il tutto è inchiodato – è una macchina molto semplice. Ma la sua semplicità “non può essere ridotta”. Se manca un solo pezzo, non è che la trappola funzioni meno bene; non funziona affatto. Dunque, non può essersi formata a poco a poco, con aggiunte e miglioramenti; la trappola è stata progettata fin dall’inizio così. Molti apparati di esseri viventi sono ugualmente “irriducibili”. Non funzionano se mancano anche solo di un componente.
La lingua del picchio è una “complessità irriducibile”. Il noto uccellino ha una lingua lunga 15 centimetri, quanto il suo corpo. Dove la tiene? La tiene arrotolata attorno al cranio, come una fionda. La cosa stupefacente è che la lingua parte dal becco all’indietro, gira attorno al cranio e ritorna al becco dalla parte opposta. Ora, non è possibile che una lingua così straordinaria si sia “evoluta” per gradi. Il solo fatto che sia rivolta all’indietro avrebbe reso impossibile la nutrizione a generazioni di progenitori del picchio, finché l’apparato non avesse raggiunto la necessaria lunghezza.

Altro caso: il limulus, una specie di granchio corazzato che vive sulle coste dell’Atlantico. Essere “primitivo”, cugino degli antichissimi trilobiliti (estinti da milioni di anni), è considerato un fossile vivente, presente in strati fossili da 300 milioni di anni (e sempre uguale). Di recente s’è scoperto che gli occhi del limulus, di notte, aumentano il loro potere visivo di un milione di volte. Non sono affatto occhi “primitivi”. Al contrario: sono più sofisticati degli apparecchi elettronici a visione notturna usati per scopi militari. Ciò che vediamo in natura è uno scoppio di fantasia progettistica. Anche l’evoluzione dell’Uomo è in discussione. L’albero genealogico fornitoci dagli evoluzionisti viene sconvolto da sempre nuove scoperte, che spingono i nostri presunti “progenitori comuni fra uomo e scimmia” alla posizione di rami collaterali. L’uomo di Neanderthal, estintosi “solo” 25 mila anni fa (già esisteva l’uomo moderno), non solo ha perso il posto di nostro “antenato”, ma anche quello di parente collaterale. Due studi recenti hanno ricavato il DNA del Neanderthal: è così diverso dal nostro, che le due specie non potevano unirsi ed avere prole. Era una umanità aliena. Da poco in Spagna (ad Atapuerca) è stato trovato il fossile d’un uomo di 780 mila anni, eppure completamente moderno. Così moderno che gli imbarazzati evoluzionisti hanno creato una specie apposta per lui: Homo Antecessor (“che precede gli altri”).
Nel novembre 1999, l’autorevole rivista National Geographic ha pubblicato in pompa magna la foto di una lastra minerale dove si vedeva un dinosauro con ali e piume: “È la prova che gli uccelli si sono evoluti da questi antichi rettili”, ha esultato il biologo Barry A. Palevitz nell’articolo che accompagnava la scoperta. Subito dopo, s’è appurato che “il fossile” era un falso, composto da due fossili diversi (un uccello e un sauro) incollati assieme, opera dei contadini cinesi della zona di Liaoning, che sfruttano e vendono (sul mercato nero) i fossili di un giacimento locale. Uno “scandalo” molto chiacchierato in Usa. Piero Angela non ce lo ha raccontato.

 

 RICORDA

 Diciamo subito che la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana non è Scienza galileiana. Essa pretende di andare molto al di là dei fatti accertati. […] Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza galileiana. Essa può, al massimo, essere un tentativo interessante per stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente non riproducibili, obiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di ulteriori repliche. […] Se l’uomo dei nostri tempi avesse una cultura veramente moderna, dovrebbe sapere che la teoria evoluzionistica non fa parte della Scienza galileiana. A essa mancano i due pilastri che hanno permesso la grande svolta del milleseicento: la riproducibilità e il rigore. Insomma, mettere in discussione l’esistenza di Dio, sulla base di quanto gli evoluzionisti hanno fino a oggi scoperto, non ha nulla a che fare con la Scienza. Con l’oscurantismo moderno, sì”.

(Antonino Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo. Tra fede e scienza, II Saggiatore, Milano 1999, pp. 82-85).

BIBLIOGRAFIA

Mariano Artigas, Le frontiere dell’evoluzionismo, Edizioni Ares, Milano 1993.
Giuseppe Sermonti, Dimenticare Darwin. Ombre sull’evoluzionismo, Rusconi, Milano 1999.
Jean Servier, L’uomo e l’Invisibile, Rusconi, Milano 1973.
Domenico Ravalico, La creazione non è una favola, Paoline, Cinisello Bal.mo (MI) 1987.
Pier Carlo Landucci, La verità sull’evoluzione e l’origine dell’uomo, Editrice “La Roccia”, Roma sine data.

IL TIMONE – N. 10 – ANNO II – Novembre/Dicembre 2000 – pag. 46-47