Macron, il vecchio rivestito di nuovo – di Robi Ronza

MacronL’ ”Inno alla gioia” di Beethoven è il simbolo musicale non solo dell’Unione Europea ma anche, e prima ancora, della massoneria (cfr. ad esempio il sito della Massoneria italiana di Rito scozzese antico e accettato). Che quindi  la sera della scorsa domenica abbia accompagnato l’entrata in scena davanti al Louvre del neo-eletto presidente francese Emmanuel Macron è molto significativo. Anche l’evento in quanto tale merita peraltro di venire considerato con attenzione.

Né facilmente né con poca spesa un luogo di quell’importanza, la piazza a Parigi davanti al palazzo del Louvre, poteva venire prenotato, preparato e allestito con palco, amplificazione e giochi di luce.

Era inoltre evidente la regia professionale dell’evento, accurata in ogni dettaglio: dalla distribuzione alla folla dei sostenitori di migliaia di bandiere dello stesso e ben scelto formato alla sequenza delle varie fasi dell’apparizione di Macron, dapprima in cammino da solo attraverso la piazza, poi da solo sul palco, quindi raggiunto da moglie e familiari; infine da una piccola folla di “popolo” scelto con cura.

Il discorso di Macron è stato quasi soltanto un grande esercizio di retorica. I pochissimi passaggi di specifico contenuto non sono però di certo casuali. “L’Europa e il mondo si attendono che difendiamo lo spirito dell’Illuminismo”, ha gridato tra l’altro alla folla il nuovo presidente, “si attendono che ovunque difendiamo le libertà, che proteggiamo gli oppressi. Si attendono che portiamo una nuova speranza, un nuovo umanesimo (…)”.

E’ assai dubbio che il mondo intero fosse col fiato sospeso in attesa del sorgere a Parigi di questo nuovo sol dell’avvenire. Con la sua ragione chiusa al mistero, insensibile all’esperienza e ostile alla storia, l’Illuminismo è oggi più di ostacolo che di aiuto alle relazioni tra l’Occidente e il resto del mondo.  Resta però ugualmente sintomatico che Macron lo creda, o comunque lo voglia far credere.

Tutto questo dà bene l’idea della visione del mondo che caratterizza la nuova presidenza francese. E anche della quantità e qualità delle risorse economiche e culturali che sono state investite per trasformare in un rassicurante volto nuovo e innocente quello che fino a pochi mesi prima era uno dei principali ministri del fallimentare governo di François Hollande.

Tenuto conto di queste capacità dell’ordine costituito francese, appare chiaro quanto fosse pilotata la valanga mediatica da cui Fillon venne travolto.

Che avesse assunto la moglie quale proprio assistente parlamentare, scelta inopportuna ma non illegale in  Francia,  non era un segreto per nessuno dei proverbiali “addetti ai lavori”. Ciononostante la questione venne trasformata di colpo in una bomba mediatica, che per parte sua Fillon non fu capace di disinnescare.

Così fu spazzato via un candidato vincente che era davvero di centro, ma aveva… il difetto di essere cattolico; e venne aperto il varco al finto centrista Macron, in realtà costruito su misura per raccogliere innanzitutto, anche se non soltanto, il voto degli elettori socialisti in fuga dal loro partito.

“Laico” Macron e “laica” Le Pen, con quest’ultima sui grandi temi della vita e della famiglia non sarebbe andata meglio, ma ciò è di magra consolazione.

Quella di Macron non è comunque la marcia trionfale che di cui si dice. L’11 e il 18 giugno prossimi ci saranno in Francia le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale, la camera bassa del Parlamento. Vigendo in Francia un  sistema semi-presidenziale, le cose funzionano bene solo  se nell’Assemblea c’è una maggioranza che corrisponde a quella che ha eletto il presidente.

Dalle elezioni del prossimo giugno invece è molto difficile se non impossibile che esca una nuova Assemblea con tali caratteristiche.

L’ipotesi più probabile è che si articoli in quattro gruppi parlamentari maggiori schierati l’uno contro l’altro: in tal caso il potere di Macron sarà piuttosto condizionato.

Quando il governo dispone nell’Assemblea di una solida maggioranza, il primo ministro diventa in Francia una specie di segretario generale del presidente.

Non è più così nel caso contrario, quando cioè deve di volta in volta negoziare il consenso di maggioranze instabili. Allora il suo peso politico aumenta di molto a spese di quello del presidente.

Diventa perciò importante vedere chi costui sarà.

 

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana