Sul «Wall Street Journal» un prete cattolico stigmatizza le imprudenze dell’enciclica «verde» – di don Robert A. Sirico

don Robert A. SiricoAndiamo al sodo: molto di ciò che viene scritto nell’enciclica di Papa Francesco sulla custodia ambientale, Laudato si’, pone una sfida importante ai sostenitori del libero mercato, quelli di noi che credono che il capitalismo è una forza potente per la cura del pianeta e per far uscire le persone dalla povertà. Ma uno dei punti più graditi è un invito ad una discussione onesta e rispettosa. Francesco ci mette in guardia contro i due estremi:

“Da un estremo, alcuni sostengono ad ogni costo il mito del progresso e affermano che i problemi ecologici si risolveranno semplicemente con nuove applicazioni tecniche, senza considerazioni etiche né cambiamenti di fondo”.

E all’altro estremo ci sono coloro secondo cui la specie umana può essere “solo una minaccia e compromettere l’ecosistema mondiale, per cui conviene ridurre la sua presenza sul pianeta e impedirle ogni tipo d’intervento”.

E continua: “Su molte questioni concrete la Chiesa non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto fra gli scienziati, rispettando le diversità di opinione”. Il fatto che Francesco abbia utilizzato tutta la forza morale del suo pontificato per chiedere un dibattito onesto è un grande passo avanti per il pianeta, che non ha caratterizzato i dibattitti degli ultimi decenni.

Il documento non è un manifesto politico, anche se avrà implicazioni politiche quando Papa Francesco visiterà gli Stati Uniti nel mese di settembre. Non è un manifesto scientifico, anche se fa riferimento a diverse relazioni e conclusioni scientifiche. Né adegua il Magistero della Chiesa al movimento di Greenpeace. Quelli di sinistra celebreranno sicuramente alcune delle sue raccomandazioni politiche.

Eppure include diversi insegnamenti più autorevoli di cui non saranno così felici, e che tenteranno di ignorare o trascurare, come ad esempio l’affermazione secondo cui “non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto”.

Il documento è una dichiarazione teologica che pone i problemi ambientali nel contesto della vita cristiana. La preoccupazione per la nostra casa comune è una preoccupazione fondata per tutti gli uomini di buona volontà, e il desiderio di aria pulita, migliore utilizzo delle risorse, e riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento sono obiettivi meritevoli. Parlando di tutto questo, l’enciclica fornisce chiaramente un importante contributo.

Ma gran parte dei punti discussi in questa enciclica e molte delle ipotesi che ne conseguono sono imprudenti. C’è un forte pregiudizio contro il libero mercato, e suggerimenti che la povertà è il risultato di un’economia globalizzata, come leggiamo in questa chiara citazione: “L’alleanza tra economia e tecnologia finisce per lasciare fuori tutto ciò che non fa parte dei loro interessi immediati”.

Ma il capitalismo ha stimolato la maggiore riduzione della povertà globale della storia mondiale: secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il numero di persone che vivono con $1,25 al giorno è passato da 811 milioni nel 1991 a 375 milioni nel 2013. Questa è solo una statististica tra le miriadi di pagine favorevoli al capitalismo. Un dibattito onesto tra gli esperti eliminerà questa fandonia.

L’enciclica concede imprudentemente troppo all’agenda ambientale laica, per esempio, denigrando i combustibili fossili. Ma esprime anche affermazioni morali che hanno accantonato posizioni popolari sbagliate.

La bugia reiterata secondo cui la sovrappopolazione sta danneggiando il pianeta, espressa anche da alcuni dei consulenti del Vaticano, è sonoramente respinta.

È sconcertante vedere che prorpio coloro che hanno collaborato più attivamente allo sviluppo delle politiche proposte nell’enciclica sono quelli che supportano anche vigorosamente il controllo della popolazione e l’aborto come soluzioni al problema ambientale.

Si noti anche che il papa loda il progresso materiale dell’umanità, loda la scienza e le arti pratiche che hanno dato origine a tanti meravigliosi strumenti per rendere migliore la vita.

Il papa dice: “È giusto rallegrarsi per questi progressi ed entusiasmarsi di fronte alle ampie possibilità che ci aprono”. La sua preoccupazione è che questo progresso venga equilibrato da un profondo rispetto per la natura, che Dio ha sottoposto alla cura dell’uomo.

La tecnologia da sola, senza una base morale, può avere risultati profondamente dannosi. Anche in questo caso, gli scritti di Francesco sfidano le categorie politiche ordinarie.

La gente, in particolare i più vulnerabili, è la prima preoccupazione del papa. L’obiettivo corretto dovrebbe essere quello di trovare sistemi sostenibili in cui una popolazione fiorente e in crescita può vivere meglio.

Parla con fervore a proposito di mancanza di acqua potabile, assenza di cure mediche sanitarie, esposizione implacabile al pericolo che si avverte con maggiore intensità nei paesi più poveri. La soluzione in questo caso, di cui non si parla abbastanza nell’enciclica, è un percorso verso il progresso economico. La creazione di ricchezza può diminuire la povertà, e la povertà e lo sfruttamento spesso vanno di pari passo.

Come sacerdote che si sforza di essere fedele alla sua Chiesa, so che anche io devo utilizzare la ragione che mi ha donato Dio per valutare tali questioni.

L’obiettivo primario del papa è la fede, assieme alle ripercussioni morali che la fede ha per il nostro comportamento e per i sistemi politici ed economici che creiamo. In questo senso, c’è un ampio spazio per il dibattito. Lo scopo di un’enciclica non è quello di chiudere il dibattito, ma proprio quello di aprire la fede alla comprensione.

 

 da The Wall Street Journal via Istituto Acton