L’oscuro devastatore sta ancora colpendo la Chiesa – di Antonio Socci

Papa FrancescoVenerdì la grande “Marcia per la vita” di Washington, esaltata in Tv da Trump, ha voluto attribuire il suo Premio onorifico annuale al card. Raymond Burke, cioè proprio colui che da mesi viene perseguitato da Bergoglio come il suo grande avversario (il papa lo ha colpito in ogni modo, fino all’annichilimento dell’Ordine di Malta avvenuto sabato). Il bergoglismo nacque in sintonia con Obama e con il “partito tedesco” anti-Ratzinger e – come vedremo – alcune personalità cattoliche Usa oggi chiedono a Trump addirittura di appurare se ci siano state interferenze della passata amministrazione nelle strane “dimissioni” di Ratzinger del 2013 e nell’ascesa di Bergoglio.

Ora che Obama è finito e l’impero germanico della Ue sta nel mirino di Trump, il pontificato politico di Bergoglio si va a schiantare su due muri della nuova amministrazione Usa. Un muro materiale e uno politico-culturale.

 

MURI

Contro quello materiale che Trump vuol costruire ai confini col Messico (perché uno Stato che non controlla i suoi confini non è uno Stato) il Papa è già partito all’attacco.

Bergoglio, incurante di essere lui stesso capo di uno stato, quello vaticano, circondato da alte mura, dove è impossibile entrare per qualunque clandestino, ha fulminato Trump, infischiandosene del fatto che buona parte del muro col Messico lo hanno costruito i democratici di Clinton e Obama.

Oltretutto sulle frontiere chiuse ai musulmani Trump applica proprio ciò che fu prospettato dal grande card. Biffi. Ma Bergoglio odia proprio questo connotato culturale filo-cristiano di Trump.

Appena insediato Trump ha rovesciato la politica ultralaicista di Obama e la sua ideologia abortista che a Bergoglio non ha mai fatto problema: dopo aver, fra l’altro, cancellato la pagina Lgbt della Casa Bianca, il presidente ha bloccato i finanziamenti pubblici alle ong estere abortiste e in tre giorni ha fatto, per la causa dei bambini non nati, più di quanto abbia fatto in quattro anni Bergoglio, che quella causa ha tradito per inventarsi invece le crociate obamiane pro-immigrati, pro dialogo con l’Islam e i comizi sull’eco-catastrofismo fatti davanti a organizzazioni come il Centro sociale Leoncavallo.

Il mondo pro-life, molto forte in America, ha sostenuto in modo determinante la vittoria di Trump (come quella di Reagan) e alla manifestazione pro-life “su richiesta del presidente Trump” ha parlato il suo vice Pence (è la prima volta in 44 anni che interviene una così alta carica istituzionale) dicendo che “in America la vita è tornata a vincere” e questa presidenza “non si fermerà finché in America verrà ristabilita la cultura della vita”.

Ha annunciato infatti altri provvedimenti e la nomina determinante di un giudice pro life alla Corte Suprema.

Poi Pence ha concluso: con la compassione daremo voce ai bambini non nati e guadagneremo i cuori delle donne… vi assicuro che il presidente Trump ha le spalle larghe e un cuore grande”.

 

UN GRANDE CARDINALE

I promotori della Marcia – come ho detto – hanno annunciato di aver conferito il Premio al card. Burke, molto stimato nella nuova amministrazione Usa.

La scelta – ha detto John-Henry Westen – è dovuta al fatto che “il cardinale Burke ha sofferto molto per la causa della vita, della fede e della famiglia. Egli ha portato in pace e letizia questa sofferenza e le umiliazioni pubbliche che ha ricevuto da tutte le parti”.

A quali umiliazioni pubbliche si riferiscano i pro life è noto a tutti: Bergoglio gliene ha inflitte per quattro anni e sabato è arrivato ad annichilire il millenario Ordine di Malta per umiliare il card. Burke, che lì era stato confinato proprio dallo stesso Bergoglio.

I due sono agli antipodi anche come tipi umani. Tanto Burke è mite e gentile quanto Bergoglio è prepotente (lo ha ammesso lui stesso), vendicativo e tendente al culto della personalità (una papolatria che oggi ha sostituito il culto eucaristico).

Burke è un uomo di Dio, ha profonda spiritualità, non gli interessa né guadagnare né perdere poltrone. Invece Bergoglio fin da giovane ha partecipato alla feroce lotta del potere ecclesiastico e ne è tuttora assorbito.

Ragiona solo in termini di potere e non concepisce chi non si fa “attirare” dalle promesse né intimidire dalle minacce. Detesta cardinali come Burke (o Caffarra) che pensano solo al giudizio di Dio e non si preoccupano di lusinghe e intimidazioni umane.

E’ noto che Bergoglio è andato su tutte le furie quando Burke e altri tre cardinali, della sua stessa fede cattolica, hanno reso noti i loro famosi “Dubia” per chiedere al Papa che si pronunci in modo chiaro sugli argomenti delicati con cui, attraverso l’Amoris laetitia, ha terremotato e confuso la Chiesa.

Ancora più furibondo Bergoglio è diventato quando è uscita l’intervista del card. Burke che, serenamente, ha prospettato – in caso di rifiuto pervicace del papa di rispondere – la possibilità canonica di una “correzione” (che è prevista e non è inedita nella storia della Chiesa).

L’offensiva contro l’Ordine di Malta va inquadrata in questo suo furore che Bergoglio non riesce a tenere a freno (come quando ha coniato l’assurdo parallelo fra Hitler e Trump).

Il “Catholic Herald” ha osservato: “Il Vaticano ha distrutto la sovranità dell’Ordine di Malta. E se l’Italia facesse la stessa cosa con il Vaticano?”.

 

L’AUTOCRATE

Ancora più duro l’“American Spectator” che – in proposito – ha scritto: “Sotto Papa Francesco, la nuova ortodossia è eterodossia e guai a coloro che non si conformano ad essa”.

George Neumayr, l’editorialista, nota che la priorità di questo papa è colpire chi è fedele alla dottrina cattolica e premiare gli altri (e cita ciò che Bergoglio ha fatto con gli ordini religiosi).

“Solo i conservatori ricadono sotto il suo sguardo fulminante”. Con lui “il Vaticano è diventato una calamita per gli attivisti più anti-cattolici d’Occidente, molti dei quali hanno contribuito all’enciclica del Papa sul riscaldamento globale”.

Bergoglio – scrive ancora lo Spectator – parla di “autonomia” e “rispetto delle differenze”, ma “è il Papa più autocratico e amante delle epurazioni che si sia visto in molti decenni. È la quintessenza del progressista ‘tollerante’ salito al potere grazie alla disobbedienza (come arcivescovo di Buenos Aires ha ignorato le direttive vaticane), ma che poi mantiene il potere chiedendo obbedienza assoluta agli altri. Se fosse obbedienza alla dottrina della Chiesa” scrive il mensile “nessuno potrebbe biasimarlo. Ma non lo è. Lui chiede obbedienza ai suoi capricci modernisti”.

La requisitoria prosegue così:

“Dai corridoi delle Nazioni Unite alle stanze di L’Avana e Pechino, gli statalisti anticattolici possono sempre contare su di lui… com’è evidente nella sua recente scandalosa intervista in cui ha dichiarato che i cattolici cinesi possono ‘praticare la loro fede in Cina’. No, non possono. I fedeli all’ortodossia cattolica sono trattati brutalmente”.

“Come è possibile – conclude lo Spectator – che il Papa possa considerare i comunisti cinesi in modo così benevolo mentre tratta i fedeli conservatori in maniera così severa? Gli storici del futuro troveranno sorprendente che all’inizio del 21° secolo il Papa invece di proteggere i cattolici abbia contribuito alla loro persecuzione”.

 

INDAGINE

Il clima è tale che – come dicevo – sul sito cattolico “The Remnant” un gruppo di intellettuali cattolici americani, ricordando con sconcerto le posizioni di Bergoglio contro Trump e a favore della sinistra internazionale, fa appello al neo presidente Usa Trump perché – prendendo spunto anche dai documenti di Wikileakes – si cerchi di capire se un cambio di regime in Vaticano fu immaginato e messo in cantiere negli anni della precedente amministrazione democratica.

Si chiede al presidente addirittura di appurare se eventuali azioni riservate siano state intraprese da agenti Usa in relazione alla “rinuncia” di Benedetto XVI e al Conclave che ha eletto Bergoglio, per capire se vi siano state interferenze sulla vita della Chiesa.

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 30 gennaio 2017

 
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