Tempi: Berlusconi racconta balle sui capitali svizzeri? Leggete cosa ci disse il direttore dell’Associazione bancaria ticinese

Fa molto discutere la proposta choc di Silvio Berlusconi, secondo  cui sarebbe possibile restituire l’Imu agli italiani grazie a un  accordo fiscale sui capitali portati illegalmente in Svizzera. Berlusconi ha detto, infatti, di poter abolire l’Imu sulla prima casa  raggiungendo un accordo con il paese elevtico per «la tassazione delle  attività finanziarie detenute in quel paese dai cittadini italiani che produrrà  un gettito una tantum di 25-30 miliardi e poi all’anno un flusso di 5  miliardi». Esattamente un anno fa, tempi.it intervistò su questo  tema il direttore dell’Associazione bancaria del Canton Ticino,  Franco Citterio, il quale ci disse che con una simile operazione «il flusso di cassa in ingresso si aggirerebbe intorno ai 20 miliardi di  euro».

Ecco di seguito il testo di quella intervista.

Le banche svizzere sono da sempre viste con un contorno di mistero, una  carboneria del contante dove tutto vale e tutto si può fare per coloro che  decidono di evadere il fisco e dormire sonni tranquilli. A quanto pare le cose  stanno cambiando. Tempi.it ha incontrato il direttore dell’Associazione bancaria  del Canton Ticino, Franco Citterio, che spiega: «Circa due anni fa abbiamo  deciso di orientarci verso i clienti con le carte in regola nei confronti del  proprio fisco. Non vogliamo più avere a che fare con situazioni problematiche.  Tale riorientamento sta già avendo luogo, anche se non a 180 gradi. È infatti  impossibile pensare di abbandonare anche ciò che non ci piace nel breve  periodo».

Come opererete in tal senso? Con la Germania e il Regno  Unito ci sono buone probabilità che vengano approvati dai rispettivi parlamenti  accordi per la regolarizzazione dei capitali evasi nel passato attraverso la  fissazione di un’aliquota che funga da scudo fiscale. I redditi futuri generati  da questi capitali saranno tassati in base alla regolamentazione dello Stato di  residenza del cliente. In pratica la banca fa da sostituto d’imposta nel  mantenimento del segreto bancario. Se il cliente vorrà tornare nel suo paese  d’origine lo potrà fare senza problemi.

Ha parlato di aliquote di regolarizzazione. In questi giorni si sono  viste svariate ipotesi. Qual è la vostra proposta? Sulla questione  aliquote bisogna fare un po’ di attenzione. Per il caso Germania si parla di  percentuali di “bonifica” dei capitali comprese tra il 19 e il 26 per cento. C’è  una formula complessa che comprende molti elementi: la tipologia di capitale,  l’ammontare degli importi, i periodi di prescrizione, eccetera. La nostra  intenzione è di prendere la formula usata in Germania e proporla per tutta  l’Europa. Per l’Italia, utilizzando la medesima tipologia di calcolo, l’aliquota  da applicare per regolarizzare il capitale evaso sarebbe compresa in un  ventaglio tra l’8 e il 12 per cento.

Perché questa differenza rispetto alla Germania? In  Germania si applicano aliquote finanziarie più alte e anche i periodi di  prescrizione per i reati di evasione sono differenti.

Su che base di capitale avverrà il calcolo? Si farà una  fotografia in una certa data, per poi controllare la situazione patrimoniale  degli ultimi dieci anni. In base al risultato del capitale cumulato si calcolerà  la percentuale da applicare. Pagando questa penale il cliente sarà in regola con  il proprio fisco nel mantenimento del segreto bancario.

Secondo lei l’Italia accetterà? Sarà il risultato di un  negoziato. Tutto andrà parametrato alla necessità dello Stato italiano di  incassare fondi e alla situazione politica; capisco che proporre al Parlamento  una soluzione all’8 per cento farà nascere un acceso dibattito tra i partiti. Ma  con una media del 10 per cento il flusso di cassa in ingresso si aggirerebbe  intorno ai 20 miliardi di euro.

E se un cliente decidesse di uscire dalla Svizzera senza accettare la  regolarizzazione dei capitali? Quando si raggiungono questi accordi,  si sceglie una data anteriore di riferimento. Se i parlamenti si accordassero  oggi, si prenderebbe come riferimento il 31 dicembre 2010 onde evitare movimenti  speculativi. Mutuando il modello usato con la Germania il cliente avrebbe una  scelta: rimanere in Svizzera e regolarizzarsi o muoversi da altre parti. Un  cliente perso per noi è anche un introito in meno per il suo paese di residenza.  In questo gioca molto il problema dell’aliquota, che non può essere né troppo  alta né troppo bassa.

Cosa succede se il cliente si sposta in altri paradisi  fiscali? Se il cliente non esiste più non succede nulla, continuerà  a essere un evasore. Noi diamo la possibilità di regolarizzarsi e mantenere la  segretezza bancaria. Se il cliente non accetta si prende le sue responsabilità  nei confronti dell’Agenzia delle entrate.

 

Fonte: Tempi