A Cuba, con i dissidenti, Obama batte Francesco – di Sandro Magister

Quello che papa Francesco non ha fatto, l’ha fatto Barack Obama. Non era quindi così impossibile per un papa tanto vicino agli “ultimi” incontrare a Cuba gli oppositori del regime castrista. Al papa avevano chiesto il perché del mancato incontro, durante il volo dall’Avana a Washington, lo scorso 22 settembre. E Francesco aveva risposto che sì, sapeva che “dalla nunziatura erano state fatte alcune chiamate per invitarli per un saluto di passaggio”.

Ma poi aveva deciso di non farne nulla, anche perché “avevano chiesto udienza non soltanto i dissidenti, ma anche persone di altri settori, compresi diversi capi di Stato” e a quel punto “era ben chiaro che io non avrei dato alcuna udienza”, perché non era questo lo scopo del viaggio.

Certo, aggiunse ancora il papa, se avessi trovato qualcuno degli oppositori nella cattedrale “avrei salutato quelli che erano lì, ma visto che nessuno si è presentato…”.

Altra domanda: “E gli oltre 50 dissidenti arrestati fuori dalla nunziatura perché cercavano di avere un incontro con lei?”.

Risposta: “Non ho notizie che sia successo questo: non ne ho alcuna notizia. Qualcuno potrebbe dire: sì, no, non so… Direttamente non so”.

Obama invece, martedì 22 marzo, ha incontrato all’ambasciata degli Stati Uniti a Cuba tredici dissidenti, senza contare le decine che si erano assiepati all’esterno, alcuni dei quali arrestati la domenica precedente e poi rilasciati (nella foto l’arresto di una “dama de blanco”). Si è intrattenuto con loro per due ore. E li ha ascoltati ad uno ad uno.

La cronaca più dettagliata dell’incontro (totalmente taciuto dalla stampa del regime) è stata quella di Lucia Capuzzi su “Avvenire” del 23 marzo, incredibilmente assente dal sito on line del giornale e tanto meno rilanciata dall’aggregatore paravaticano “Il Sismografo”.

Lucia Capuzzi ha riportato in particolare l’opinione di uno dei tredici, Dagoberto Valdés Hernández, attivista cattolico di grande autorevolezza, già consultore di “Iustitia et Pax”, che nel 1998, quando a Cuba si recò Giovanni Paolo II, era potuto salire all’altare a portare le offerte durante la messa nella Plaza de la Revolución, mentre dalla folla si levava potente e ritmato il grido: “Libertad!” e il papa scandiva 13 volte nell’omelia tale parola. Tutte cose non più avvenute durante la censuratissima visita di Francesco dello scorso settembre.

Un altro dei dissidenti, Elizardo Sánchez, ha fornito a Obama la lista con i nomi degli 89 prigionieri politici che il giorno precedente, in conferenza stampa, il presidente cubano Raúl Castro aveva dichiarato “inesistenti”, con parole arroganti rivolte alla giornalista americana che l’aveva interpellato in proposito.

Anche qui toccando un tasto che papa Francesco aveva completamente eluso. Perché è vero che la Chiesa cubana, in occasione della visita del papa, aveva chiesto al regime l’amnistia per 3500 prigionieri – e il papa lo ricordò durante la conferenza stampa in aereo –, ma tra questi non c’era nessun prigioniero politico e, peggio, nessuna amnistia fu poi effettivamente messa in pratica dal regime, stando a quanto detto da un’altra famosa dissidente, Ofelia Acevedo, vedova di Oswaldo Payá, uno dei più noti e stimati oppositori cattolici, morto in un incidente d’auto molto sospetto il 22 luglio del 2012.

Se poi dalla questione dei dissidenti si passa alla questione più generale dell’assenza di libertà a Cuba, è abissale la distanza tra i silenzi di Francesco e le parole pronunciate da Obama nel discorso clou della sua visita:

“Il futuro di Cuba deve essere nelle mani del popolo cubano… I cittadini devono avere libertà… Tutti dovrebbero avere lo stesso peso di fronte alla legge, i cittadini dovrebbero avere il diritto di dire quello che pensano senza paura, di criticare i loro governi, organizzarsi senza essere arrestati, praticare la loro fede pubblicamente e in pace, oltre a scegliere il loro governo con elezioni democratiche… Io penso che questi sono diritti universali”.

Fonte: Settimo Cielo