« Addio insegnamento, il magistero ora pone dubbi » di Stefano Fontana

Rembrandt_Cristo nella tempesta sul lago di GalileaOggi sembra che il ruolo del magistero della Chiesa sia cambiato. Si è sempre pensato che questo compito dei pastori consistesse nel confermare nella fede i credenti. Ora invece è in atto la transizione verso un magistero che pone sistematicamente, e non occasionalmente – per essentiam e non per accidens direbbero i filosofi -, domande e dubbi. Non solo su aspetti marginali della dottrina della fede, ma anche su aspetti centralissimi e, in fondo, anche sulla stessa esistenza di una dottrina della fede. Evidentemente è un cambiamento non di poco conto e quindi da prendere molto sul serio.

L’ultimo caso è stata la negazione dell’inferno e dell’immortalità dell’anima secondo quanto riferito da Eugenio Scalfari su Papa Francesco.

A ciò è seguita una precisazione della Santa Sede in cui però non viene affermato che il Papa non ha mai espresso quei concetti riferiti da Scalfari, ma ci si limita a precisare che non si trattava di una intervista ma di un colloquio privato e che i virgolettati citati da Scalfari non sono di Francesco.

Scalfari aveva già fatto una intervista scritta a Papa Francesco il 1 ottobre 2013 dal titolo “Come cambierò la Chiesa”, intervista che, pubblicata poi in un libro con altri interventi, già seminava parecchi dubbi.

In seguito egli fece altre rivelazioni sconcertanti su presunte frasi del Papa in successivi colloqui personali con lui. Siccome le interviste con Scalfari continuano, e con esse la semina dei dubbi, difficile rubricare la cosa nella categoria degli “incidenti comunicativi”.

La Santa Sede non ha smentito la citazione di una frase del Papa contenuta nella sentenza di condanna del piccolo Alfie, permettendo che rimanesse il dubbio che fosse cambiato il magistero cattolico sull’eutanasia.

Mons. Paglia, Presidente della Pontificia accademia per la vita, ha espressamente affermato che la sospensione della ventilazione al piccolo Alfie non era da considerarsi atto eutanasico. Il dubbio che la dottrina morale della Chiesa in proposito sia cambiata quindi è confermato.

Durante il Sinodo sulla famiglia degli anni 2014 e 2015 i fedeli hanno dovuto ascoltare moltissimi interventi dei Padri sinodali in aperto contrasto con quanto tradizionalmente insegnato dalla Chiesa. Era la famosa parresia voluta dal Papa.

Ma la vera parresia non significa la libertà di sparare opinioni contrarie alla dottrina cattolica da parte di vescovi.

Quanti dubbi vennero seminati in quel periodo tra i fedeli, tutti raccolti poi nell’esortazione Amoris laetitia che è, in fondo, una grande domanda rimasta finora priva di chiara risposta.

Dubbi sulla dottrina dei principi non negoziabili, dubbi sulla liceità della relazione sessuale fuori dal matrimonio, dubbi se la Comunione si debba ricevere dopo la Confessione e in stato di grazia oppure no, dubbi sugli insegnamenti della Chiesa circa la contraccezione, dubbi sulla valutazione morale dell’omosessualità, dubbi sull’immortalità dell’anima e sulla sua stessa esistenza, dubbi se le religioni adorino lo stesso Dio, dubbi se l’aborto sia ancora un delitto visto che il Vaticano invita, premia e loda abortisti storici, dubbi se il luteranesimo sia ancora un’eresia, dubbi se sia giusto benedire in chiesa una coppia gay, dubbi se si possa dare la comunione ai protestanti, dubbi se nei matrimoni celebrati in aereo gli sposi debbano confessarsi della precedente convivenza, dubbi se la violenza sia ammissibile nell’azione sociale e politica data la valorizzazione che la Chiesa sta esprimendo per i movimenti popolari e i centri sociali molti dei quali adoperano la violenza ideologica come prassi.

Il magistero pone prevalentemente domande, i dubbi si infittiscono, le risposte non arrivano, segno che il ruolo del magistero si sta configurando all’insegna della questionabilità, ossia del mettere in questione la fede dei fedeli anziché nel confermarla.

Che non si tratti di incidenti di percorso è confermato dal fatto che c’è tutta una teologia che implica questo cambiamento e che lo teorizza da molto tempo.

La Chiesa renderebbe un servizio a Dio quando impedisse il configurarsi della sua rivelazione in leggi e norme.

Essendo astratte, queste leggi e norme rinchiuderebbero Cristo dentro una prigione, lo incasellerebbero in dogmi etichettati, lo isolerebbero dalla vita nella quale il suo messaggio continua ad esprimersi, perché la rivelazione di Dio avviene nella vita.

Mi permetto di adoperare due parole tecniche: la categorizzazione del messaggio cristiano impedirebbe la sua dimensione trascendentale. Il messaggio verrebbe trasformato in ideologia, mentre deve sempre restare aperto a nuovi apporti.

Per questo la Chiesa esiste, secondo tante correnti della teologia contemporanea, per impedire queste cristallizzazioni ideologiche che impongono di “giudicare” e questo ruolo la Chiesa lo svolge ponendo in questione tutte le assunzioni di senso e insegnando a non giudicare. Il suo ruolo consisterebbe nell’essere fonte di libertà critica.

In questo modo è possibile confermare, che so, gli insegnamenti di Giovanni Paolo II sull’eutanasia, quelli di Benedetto XVI sui principi non negoziabili o quelli di Paolo VI sulla contraccezione … e nello stesso tempo metterli in questione, perché non pretendano di racchiudere in sé la totalità del senso rivelato, trasformandolo così in ideologia.

Si tratta, possiamo dire, di una concezione hegeliana della verità come storia.

L’unico modo per dare ragione degli insegnamenti precedenti è metterli in questione per liberarli dal loro fissismo e permettere allo Spirito di continuare ad educare il suo popolo attraverso la vita e nella vita.

 
La Nuova Bussola Quotidiana