Mentre cala il silenzio su quanto avviene all’interno dell’Alder Hey Hospital, l’epilogo della vicenda Alfie è ancora lontano. Dopo il clamore mediatico degli ultimi giorni, il silenzio nasce dalla necessità di favorire – come ha detto Thomas, il papà di Alfie – un accordo con i medici dell’ospedale per arrivare al primo obiettivo: portare Alfie a casa.
Le condizioni del bambino sono stabili, anzi sembra addirittura migliorare anche se ha sempre bisogno dell’ausilio dell’ossigeno. Potrebbe essere spostato dalla terapia intensiva ad altro reparto e poi dimesso nel giro di qualche giorno, risultato raggiungibile solo se si calmano le acque e si crea un clima più collaborativo fra famiglia Evans e Alder Hey.
Questa almeno è la speranza che spiega il comunicato letto da Thomas ieri sera, 26 aprile. Con tutte le cautele del caso: Thomas è ben consapevole che non ci si può fidare della parola di medici che hanno già fatto di tutto per uccidere Alfie, e quindi i familiari non abbandoneranno neanche per un attimo il lettino di Alfie.
E poi nel giro di pochi giorni si vedrà se l’improvvisa disponibilità dei medici è reale – e Alfie potrà tornare a casa, e da lì poi dove vorranno i suoi genitori – oppure è l’ennesimo tentativo di guadagnare tempo per risolvere la questione a modo loro.
Perciò se da una parte è giusto per il momento rispettare il silenzio su quanto avviene tra famiglia Evans e medici dell’Alder Hey, non può cessare l’accompagnamento nella preghiera e la riflessione su quello che è avvenuto e sta ancora avvenendo.
E qui non possiamo non stupirci di cosa questo bambino di pochi mesi, gravemente malato e inerme, è stato capace di generare o comunque di far emergere con forza.
A cominciare dalla paternità e maternità dei suoi genitori. Fieramente deciso a combattere fino all’estremo per proteggerlo dal Drago che lo voleva mangiare, Thomas; sempre al suo fianco, comunicandogli discretamente tutto il suo amore e protezione di madre, Kate. Un padre e una madre che sono un vero uomo e una vera donna, per di più giovanissimi.
Un vero e proprio segno di contraddizione in una società dove la guerra ai cosiddetti “stereotipi di genere” è diventata obbligo di legge, dove è diventato una bestemmia dire che uomo e donna hanno ruoli diversi.
Thomas e Kate sono la rivincita della natura sugli artifici umani, l’imporsi della realtà sull’ideologia, il segno di Dio contro Satana.
Allargando lo sguardo non si può non rimanere stupiti e commossi per il movimento mondiale che si è creato attorno ad Alfie.
C’è ormai un popolo, attraverso tutti i continenti, in trepidazione per questo bambino, un popolo che ha la consapevolezza che il destino di Alfie riguarda ognuno di noi; che quanto sta accadendo rappresenta una domanda sul senso della nostra vita; che vincere questa battaglia per la vita è decisivo per noi e per il futuro della nostra società; e che, comunque, a prescindere da quella che sarà la sorte di Alfie, il seme è stato gettato per preparare il futuro, come dice oggi l’editoriale di monsignor Crepaldi.
C’è un popolo incredibile che in questi giorni si sta radunando davanti alle cattedrali per pregare, che mostra con innegabile evidenza quanto la preghiera sia il vero motore della storia; centinaia e centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo che possono dire oggi che Alfie ha cambiato la loro vita, ha aperto gli occhi sul valore e sul significato della vita e del dolore, su cosa significhi essere genitori, più coscienti che il senso della nostra vita è nella dipendenza; ci sono migliaia di famiglie con figli gravemente disabili che si sono sentiti confortati da questa improvvisa solidarietà internazionale e hanno trovato la forza di condividere la loro esperienza potendo contare su persone disposte ad ascoltare.
C’è un tesoro di umanità e di fede emerso con forza in queste settimane, un tesoro che non può essere perduto, che – quale che sia la conclusione della storia di Alfie e sempre pregando e lottando perché sia Dio a decidere sulla sua vita e non gli uomini – deve essere raccontato.
E pensare che medici e giudici hanno sentenziato che la vita di Alfie è «futile».
Poi ci sono anche quelli che «la situazione è complessa, non si può giudicare»; quelli che guai a mettere in discussione medici e giudici; quelli che «il punto è un altro»; quelli che sono delusi dal comunicato di ieri; i papolatri che si sono “persi” il passaggio del Papa sulla difesa del diritto alla vita di Alfie e Vincent; quelli che «perché Alfie sì e i migranti no?»; quelli che «è importante farsi domande».
Sì, ci sono anche tutti costoro e saranno pure la maggioranza e magari sono anche quelli che hanno il potere.
Ma per questi risuona ancora l’invito di duemila anni fa: «Lasciate che i morti seppelliscano i morti».