« Burke: Correggere il Papa per obbedire a Cristo » intervista di Riccardo Cascioli

burkeC’è chi accusa di disobbedienza quanti hanno espresso dubbi, domande e critiche all’operato del Papa, ma «la correzione della confusione o dell’errore non è un atto di disobbedienza, ma un atto di obbedienza a Cristo e perciò al Suo Vicario sulla terra». Così si esprime il cardinale Raymond Leo Burke in questa intervista a La Nuova BQ, alla vigilia di un importante convegno che ci sarà a Roma sabato 7 aprile sul tema “Dove va la Chiesa” (clicca qui), di cui lo stesso cardinale Burke sarà uno dei relatori. Il convegno di Roma si svolgerà nel ricordo del cardinale Carlo Caffarra, scomparso lo scorso settembre, uno dei firmatari dei Dubia.

Come si ricorderà si tratta di 5 domande a papa Francesco volte ad avere una dichiarazione chiara di continuità con il Magistero precedente in seguito alla confusione creatasi con le diverse e a volte opposte interpretazioni dell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia. A quei Dubia, di cui anche il cardinale Burke è un firmatario, mai è stata data risposta né papa Francesco ha mai risposto alla ripetuta richiesta di un’udienza da parte dei cardinali firmatari.

Eminenza, lei sarà uno dei principali relatori al convegno del 7 aprile, che nel nome del cardinal Caffarra si interrogherà sulla direzione della Chiesa. Già dal titolo del convegno si percepisce la preoccupazione per la direzione presa. Quali sono i motivi di tale preoccupazione?
La confusione e la divisione nella Chiesa, sulle questioni fondamentali e più importanti – il matrimonio e la famiglia, i Sacramenti e la giusta disposizione per accedervi, gli atti intrinsecamente cattivi, la vita eterna ed i Novissimi – diventano sempre più diffuse.

E il Papa non soltanto rifiuta di chiarire le cose con l’annuncio della costante dottrina e sana disciplina della Chiesa, una responsabilità che è inerente al suo ministero quale Successore di san Pietro, ma aumenta anche la confusione.

Si riferisce anche al moltiplicarsi di dichiarazioni private che vengono riportate da coloro che lo incontrano?
Quello che è successo con l’ultima intervista concessa ad Eugenio Scalfari durante la Settimana Santa e resa pubblica il Giovedì Santo è andato oltre il tollerabile.

Che un noto ateo pretenda di annunciare una rivoluzione nell’insegnamento della Chiesa Cattolica, ritenendo di parlare nel nome del Papa, negando l’immortalità dell’anima umana e l’esistenza dell’Inferno, è stata fonte di profondo scandalo non solo per tanti cattolici ma anche per tanti laici che hanno rispetto per la Chiesa Cattolica ed i suoi insegnamenti, anche se non li condividono.

Oltretutto il Giovedì Santo è uno dei giorni più santi dell’anno, il giorno in cui il Signore ha istituito il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia e il Sacerdozio, affinché Egli possa offrirci sempre il frutto della Sua redentiva Passione e Morte per la nostra salvezza eterna. Inoltre la risposta della Santa Sede alle reazioni scandalizzate arrivate da tutto il mondo, è stata fortemente inadeguata.

Invece di riannunciare chiaramente la verità sulla immortalità della anima umana e sull’Inferno, nella smentita c’è scritto solo che alcune parole citate non sono del Papa. Non dice che le idee erronee, perfino eretiche, espresse da queste parole non sono condivise dal Papa e che il Papa ripudia tali idee quali contrarie alla fede cattolica.

Questo giocare con la fede e la dottrina, al livello più alto della Chiesa, giustamente lascia pastori e fedeli scandalizzati.

Se queste cose sono molto gravi, e fonte di imbarazzo, stupisce però anche il silenzio di tantissimi Pastori.
Certo, la situazione è ulteriormente aggravata dal silenzio di tanti vescovi e cardinali che condividono con il Romano Pontefice la sollecitudine per la Chiesa universale.

Alcuni stanno semplicemente zitti. Altri fanno finta che non ci sia nulla di grave. Altri ancora diffondono fantasie di una nuova Chiesa, di una Chiesa che prende una direzione totalmente diversa dal passato, fantasticando ad esempio di un “nuovo paradigma” per la Chiesa o di una conversione radicale della prassi pastorale della Chiesa, rendendola completamente nuova.

Poi ci sono quelli che sono entusiasti promotori della cosiddetta rivoluzione nella Chiesa Cattolica. Per i fedeli che capiscono la gravità della situazione, la mancanza di direzione dottrinale e disciplinare da parte dei loro pastori li lascia smarriti.

Per i fedeli che non capiscono la gravità della situazione, questa mancanza li lascia in confusione ed eventualmente vittime di errori dannosi alle loro anime.

Molti che sono entrati nella piena comunione della Chiesa Cattolica, essendosi battezzati in una comunione ecclesiale protestante, perché le loro comunità ecclesiali hanno abbandonato la fede apostolica, soffrono intensamente la situazione: percependo che la Chiesa Cattolica sta andando nella stessa via dell’abbandono della fede.

Quella che lei dipinge è una situazione apocalittica…
Tutta questa situazione mi porta a riflettere sempre più sul messaggio della Madonna di Fátima che ci ammonisce del male – ancora più grave dei gravissimi mali sofferti a causa della diffusione del comunismo ateistico – che è l’apostasia dalla fede dentro la Chiesa.

Il n. 675 del Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna che “[p]rima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti“, e che “[l]a persecuzione che accompagna il suo [della Chiesa] pellegrinaggio sulla terra svelerà il «mistero di iniquità» sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità”.

In una tale situazione i vescovi e i cardinali hanno il dovere di annunciare la vera dottrina. Allo stesso tempo devono condurre i fedeli a fare riparazione per le offese a Cristo e le ferite inflitte al Suo Corpo Mistico, la Chiesa, quando la fede e la disciplina non sono giustamente salvaguardate e promosse dai pastori. Il grande canonista del XIII secolo, Enrico da Susa o l’Ostiense, affrontando la difficile questione di come correggere un Romano Pontefice che agirebbe in un modo contrario al suo ufficio, afferma che il Collegio dei Cardinali costituisce un controllo de facto contro l’errore papale.

Senza dubbio, oggi è molto discussa la figura di papa Francesco. Si passa facilmente dall’esaltazione acritica di qualsiasi cosa egli faccia alla critica spietata per ogni suo gesto ambiguo. Ma in qualche modo il problema di come rapportarsi al Papa vale per ogni pontefice. Per cui alcune cose necessitano di essere chiarite. Intanto, cosa rappresenta il Papa per la Chiesa?
Secondo il costante insegnamento della Chiesa, il Papa, per la volontà espressa di Cristo, è “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Costituzione Dommatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, n. 23).

È l’essenziale servizio del Papa di salvaguardare e promuovere il deposito della fede, la vera dottrina e la sana disciplina coerente con le verità credute. Nell’intervista già citata con Eugenio Scalfari, ci si riferisce compiacenti al Papa come “rivoluzionario”. Ma l’Ufficio Petrino non ha niente, assolutamente niente, da fare con la rivoluzione.

Al contrario, esiste esclusivamente per la conservazione e propagazione della fede cattolica immutabile che conduce anime alla conversione di cuore e conduce tutta l’umanità alla unità fondata sull’ordine iscritto da Dio nella Sua creazione e soprattutto nel cuore dell’uomo, l’unica creatura terrena fatta ad immagine di Dio.

È l’ordine che Cristo ha restaurato per il Mistero Pasquale che stiamo celebrando in questi giorni.

La grazia della Redenzione che promana dal Suo Cuore trafitto glorioso nella Chiesa, nei cuori di suoi membri, dà la forza per vivere secondo questo ordine, cioè in comunione con Dio e con il prossimo.

Sicuramente il Papa non è un sovrano assoluto, eppure oggi è molto percepito in questo modo. “Se lo dice il Papa…” è il modo comune di troncare qualsiasi domanda o dubbio su alcune affermazioni. C’è una sorta di papolatria. Come vi si risponde?
La nozione della pienezza del potere del Romano Pontefice è stata chiaramente enunciata già da Papa San Leone Magno.

I canonisti del Medioevo hanno contributo grandemente all’approfondimento del potere inerente l’Ufficio Petrino. Il loro contributo rimane sempre valido e importante.

La nozione è assai semplice. Il Papa, per la volontà divina, gode di tutto il potere necessario per poter salvaguardare e promuovere la vera fede, il vero culto divino, e la richiesta sana disciplina.

Questo potere appartiene non alla sua persona ma al suo ufficio di Successore di san Pietro. Nel passato, per lo più, i papi non hanno resi pubblici i loro atti personali o le loro opinioni, proprio per non rischiare che i fedeli siano confusi su quello che fa e pensa il successore di san Pietro.

Attualmente, c’è una rischiosa e perfino dannosa confusione della persona del Papa con il suo ufficio che risulta nell’oscuramento dell’Ufficio Petrino e in un concetto mondano e politico del servizio del Romano Pontefice nella Chiesa. La Chiesa esiste per la salvezza delle anime.

Qualsiasi atto di un Papa che mina la missione salvifica di Cristo nella Chiesa, sia un atto eretico o sia un atto peccaminoso in se stesso, è semplicemente vuoto dal punto di vista dell’Ufficio petrino.

Quindi anche se chiaramente reca gravissimo danno alle anime, non comanda l’obbedienza di pastori e fedeli. Dobbiamo sempre distinguere il corpo dell’uomo che è il Romano Pontefice dal corpo del Romano Pontefice, cioè dell’uomo che esercita l’ufficio di san Pietro nella Chiesa.

Non fare la distinzione significa papolatria e finisce con la perdita di fede nell’Ufficio Petrino divinamente fondato e sostenuto.

Nel rapporto con il Papa a cosa un cattolico deve tenere maggiormente?
Il cattolico deve sempre rispettare, in modo assoluto, l’Ufficio Petrino quale parte essenziale dell’istituzione della Chiesa da parte di Cristo. Il momento nel quale il cattolico non rispetta più l’ufficio del Papa si è disposto o allo scisma o alla apostasia dalla fede.

Allo stesso tempo, il cattolico deve rispettare l’uomo incaricato con l’ufficio che significa attenzione al suo insegnamento e direzione pastorale.

Questo rispetto include anche il dovere di esprimere al Papa il giudizio di una coscienza rettamente formata, quando egli devia o sembra deviare dalla vera dottrina e sana disciplina o abbandona le responsabilità inerenti il suo ufficio.

Per il diritto naturale, per i Vangeli, e per la costante tradizione disciplinare della Chiesa, i fedeli sono tenuti ad esprimere ai loro pastori la loro premura per lo stato della Chiesa.

Hanno questo dovere al quale corrisponde il diritto di ricevere una risposta dai loro pastori.

Quindi è possibile criticare il Papa? E a quali condizioni?
Se il Papa non adempie il suo ufficio per il bene di tutte le anime, non è soltanto possibile ma anche necessario criticare il Papa. Questa critica deve seguire l’insegnamento di Cristo sulla correzione fraterna nel Vangelo (Mt 18, 15-18).

Prima, il fedele o pastore deve esprimere la sua critica in un modo privato, che permetterà al Papa di correggersi. Ma se il Papa rifiuta di correggere il suo modo di insegnare o agire gravemente mancante, la critica deve essere resa pubblica, perché ha da fare con il bene comune nella Chiesa e nel mondo.

Alcuni hanno criticato quelli che hanno espresso pubblicamente la critica al Papa quale una manifestazione di ribellione o di disobbedienza, ma domandare – con il rispetto dovuto per il suo ufficio – la correzione di confusione o errore non è un atto di disobbedienza, ma un atto di obbedienza a Cristo e perciò al Suo Vicario sulla terra.

 
La Nuova Bussola Quotidiana