C’è un altro Massimiliano Kolbe che non conosciamo

Tutti conosciamo il san Massimiliano Maria Kolbe martire ad Auschwitz, che diede la propria vita per salvare un altro prigioniero, Franciszek Gajowniczek, “scelto” insieme ad altri per essere condannato a morire di fame nel bunker della morte. Invece, pochi oggi ricordano la grande opera missionaria e culturale che padre Kolbe aveva realizzato negli anni precedenti, scaturita dal suo amore incondizionato per Cristo e l’Immacolata e dall’intuizione che la testimonianza a Cristo e alla Chiesa non possa essere disgiunta da una presenza senza timori in tutti gli ambiti della vita, innanzitutto in campo culturale, perché considerava la cultura il campo privilegiato per l’annuncio del Vangelo.

San Massimiliano merita decisamente che si veda in lui qualcosa di più di un mite ed umile frate con la tonaca rattoppata prima, e poi con la divisa del lager intrisa di sangue. Non è solo il suo eroismo sul piazzale dell’appello di Auschwitz a testimoniarci la sua grandezza, ma anche le sue opere che continuano a vivere fino ad oggi.

Nato nel 1894, Rajmund Kolbe entrò nel 1907 nel Seminario Minore dei Padri Francescani di Lwów, dove tre anni dopo iniziò il noviziato con il nome di Massimiliano. Nel 1912 venne mandato a studiare al Collegio Seraficum di Roma e qui pronunciò i voti perpetui il 1° dicembre 1914. Nel 1914 terminò il dottorato in filosofia presso l’Università Gregoriana e nel 1919 quello in teologia, pur mantenendo vivi i suoi interessi per la matematica e la fisica (nel 1915 depositò presso l’ufficio brevetti il progetto di un veicolo interplanetario sospinto da tre razzi vettori!).

A Roma due eventi furono per lui particolarmente significativi e gli fecero comprendere la necessità di consacrare tutta la propria vita al Vangelo. Nel 1917 si celebrarono due importanti anniversari: il quarto centenario della pubblicazione delle tesi di Martin Lutero e i 200 anni della fondazione della massoneria, che furono l’occasione per imponenti manifestazioni anticristiane: il sindaco di Roma, gran maestro della massoneria, organizzò un corteo con in testa lo stendardo nero dei giordano brunisti, su cui campeggiavano simboli satanici, accompagnato da furiosi slogan contro la Chiesa, il Papa e il Vaticano. Massimiliano fu turbato in particolare dalla folla silenziosa e dall’indifferenza generale di chi assistette al corteo. Ma il 1917 era anche il settantacinquesimo anniversario dell’apparizione dell’Immacolata ad Alfonso di Ratisbona. Questa coincidenza indusse Massimiliano a dar vita ad una confraternita di uomini appassionati alla presenza del Regno di Dio sulla terra ad imitazione di Maria che aveva portato Cristo a tutti gli uomini. Fu così che nel 1917 nacque a Roma la pia unione della Milizia dell’Immacolata.

Il 28 aprile 1918 fu ordinato sacerdote e nel 1919 rientrò in Polonia, che aveva finalmente riconquistato l’indipendenza, e si stabilì nel convento di Cracovia, dove nel gennaio 1922 cominciò a pubblicare il mensile “Il Cavaliere dell’Immacolata”, strumento che egli reputava indispensabile per realizzare i compiti della Milizia e mantenere un rapporto con tutti i suoi membri già molto numerosi. I superiori, temendo che il convento si indebitasse, lo trasferirono a Grodno, insieme ad un piccolo gruppo di frati, e qui san Massimiliano si dedicò totalmente alla sua opera, che ben presto cominciò a dare importanti frutti e ad attirare sempre nuovi candidati alla vita in convento.

Nel 1927, poiché il convento di Grodno era ormai diventato troppo piccolo, fondò non lontano da Varsavia, su un terreno ricevuto in dono, il convento di Niepokalanów (La città dell’Immacolata).

La sera prima del trasferimento definitivo e Niepokalanów, padre Kolbe rivolse queste parole ai suoi confratelli: Niepokalanów, dove tra poche ore ci recheremo, è il luogo che l’Immacolata ha scelto e destinato unicamente alla diffusione del Suo culto. Tutto ciò che c’è e ci sarà a Niepokalanów è Suo. Anche noi siamo stati scelti dall’Immacolata e per questo siamo divenuti Suoi. Domani è la festa della Presentazione della Santissima Vergine Maria al Tempio. Lei, l’Immacolata, è stata offerta a Dio, e anche noi, alla vigilia della Sua festa, offriamo noi stessi e ci consacriamo come strumenti inutili nelle Sue mani, consacriamoci interamente, senza riserve e per sempre. Nel nuovo convento la nostra dedizione dovrà essere totale. La vita religiosa vi dovrà fiorire in pieno, vi praticheremo soprattutto l’obbedienza. Saremo molto poveri, secondo lo spirito di san Francesco. Ci saranno molto lavoro, molte sofferenze e ogni tipo di scomodità. Osserveremo rigorosamente la nostra Regola, le sante Costituzioni e tutte le norme della vita religiosa, perché Niepokalanów dovrà essere un modello di vita religiosa” (Konferencje (Conferenze), Niepokalanów 1990, pp. 11-12).

Padre Kolbe così descrisse in una lettera ai superiori la missione che egli intuiva per Niepokalanów: “Non solo difendere la fede, contribuire alla salvezza della anime, ma con un ardito attacco, non badando affatto a se stessi, conquistare all’Immacolata un’anima dopo l’altra, un avamposto dopo l’altro, inalberare il suo vessillo sulle case editoriali dei quotidiani, della stampa periodica e non periodica, delle agenzie di stampa, sulle antenne radiofoniche, sugli istituti artistici, sui teatri, sulle sale cinematografiche, sui parlamenti, sui senati, [in una] parola, dappertutto su tutta la terra; inoltre vigilare affinché nessuno mai riesca a rimuovere quei vessilli” (Lettera al Provinciale padre Kornel Czupryk del 21 dicembre 1928; Pisma, 167; Scritti: 199). Qui il Santo afferma con grande chiarezza che l’attività di Niepokalanów ha un carattere missionario e chiede ad ogni monaco lo stesso impegno di chi va in missione. Egli non desiderava altro che la conversione e la santificazione di tutti e per questo i membri della comunità di Niepokalanów, che vi erano entrati con un permesso speciale dei superiori, dovevano essere disposti a sottomettere tutta la propria vita agli scopi e alle opere missionarie per conquistare tutti gli ambiti della vita sociale alla fede e alla vita dentro la Chiesa, esattamente come è per i missionari.

Nella stessa lettera aggiunse: Immagino Niepokalanów in questo modo, forse è un’esagerazione, ma mi sembra che senza questo eccezionale ideale missionario Niepokalanów non avrebbe ragione di esistere e si ridurrebbe ad un normale luogo monastico-editoriale […] le cui rivistine non hanno aspirazioni elevate, che nel migliore dei casi devono servire come fonte di reddito, pur essendo del resto destinate a finalità nobilissime”.

La tiratura del “Cavaliere” arrivò in pochi anni a quasi un milione di copie e ad esso si accompagnarono “Il Piccolo Cavaliere dell’Immacolata”, per i bambini, con una tiratura di 221mila copie e il “Piccolo Quotidiano” che arrivò a 225mila copie, mentre i membri della Milizia già nel 1927 erano quasi 150mila. Le riviste non si occupavano solo di tematiche strettamente religiose, ma prendevano posizione anche sui problemi sociali, politici e culturali, cosa che provocò la reazione della stampa liberale e laicista, che non perdeva occasione ridicolizzare l’opera di Massimiliano.

Niepokalanów non era soltanto un convento, ma una vera e propria cittadella, totalmente autonoma ed autosufficiente e perfettamente organizzata, così da svolgere con la maggior efficacia possibile il compito affidatole da Dio e al tempo stesso da valorizzare le capacità e i talenti di ognuno in uno spirito di grande fraternità e comunione: aveva pozzi, fognature, vialetti asfaltati, una ferrovia a scarto ridotto, un garage, una centrale elettrica, un allevamento di bestiame, un allevamento di api, una stazione radio, un ospedale e il cimitero, laboratori di falegnameria, un laminatoio, officine meccaniche, generatori elettrici, e, ovviamente, tutto ciò che era indispensabile al lavoro editoriale: tipografia, impaginazione, distribuzione. In tutto questo c’era ordine, armonia ed efficienza così da non sprecare nessun uomo, nessun talento, nessun paio di mani, ma anche nessun mattone, asse, chiodo o pezzo di carta. Un’infrastruttura così sviluppata serviva ad un unico fine: guadagnare a Dio il maggior numero possibile di anime attraverso l’Immacolata (Padre Jacek Pędziwiatr: Il san Massimiliano che non conosciamo: manager dell’Immacolata).

Nel 1930 padre Kolbe insieme a quattro confratelli lasciò Niepokalanów e si recò in missione in Giappone, a Nagasaki, dove fondò una seconda Niepokalanów con un noviziato e un seminario minore, inoltre fondò dei centri di spiritualità sul modello di Niepokalanów anche in Cina e in India. Nel 1936 l’edizione giapponese del “Cavaliere” aveva già una tiratura di 65mila copie.

Tornò in Polonia nel 1936 per guidare Niepokalanów, che nel frattempo era diventato il più grande monastero cattolico del mondo: nel settembre del 1939 i frati erano quasi 800, e i candidati continuavano ad arrivare in gran numero, basti pensare che il padre guardiano di Niepokalanów disse nel 1935 a un giornalista che tutti gli anni arrivavano circa 1800 domande di candidati, di cui, dopo uno scambio epistolare, ne venivano accettati circa 100, e, dopo il postulandato di sei mesi e il noviziato di un anno, circa la metà prendeva i voti.

In Giappone, Massimiliano aveva scoperto la radio e una volta tornato in patria decise di dar vita ad una stazione radiofonica a Niepokalanów, ma poiché la legge polacca vigente all’epoca non prevedeva una tale possibilità, egli si iscrisse all’associazione polacca dei radioamatori e così la stazione radio iniziò le sue trasmissioni a livello nazionale nel 1937. La radio continuò a trasmettere fino all’occupazione tedesca della Polonia nel 1939 e alla deportazione dei frati in campo di concentramento. Il resto, è noto.
Annalia Guglielmi

Fonte: ilsussidiario.net