Cosa succederà fra dieci anni con l’introduzione del matrimonio gay? L’esempio del Canada

«Cosa vuoi che cambi?»; «vogliono vivere così? Sia pure, non mi tocca». Sono  alcune delle risposte, più o meno istintive, di fronte alla possibile  introduzione del matrimonio omosessuale nelle democrazie occidentali. A spiegare  perché, prima di giungere a conclusioni affrettate, sarebbe meglio approfondire  l’argomento è Bradley Miller, professore alla Princeton University e alla  Western University dell’Ontario.

 

DISCRIMINAZIONE AL CONTRARIO. Con un articolo pubblicato sul  sito dell’istituto di ricerca Witherspoon di Princeton, il professore prende ad  esempio il Canada, dove il matrimonio omosessuale è stato accettato dieci anni  fa, per descrivere l’impatto che ha sui diritti umani, sulla libertà di  educazione, sulla libertà religiosa, sull’opinione pubblica e sul matrimonio tra  uomo e donna. Fatte salve le differenze fra i paesi, «l’esperienza canadese  rende evidente l’impatto di breve periodo del matrimonio omosessuale in una  società simile a quella americana», afferma Miller.

Il professore, spiegando che  in Canada il matrimonio omosessuale è considerato dalla legge alla pari di  quello naturale, racconta che ora «chiunque si discosta dalla nuova ortodossia è  considerato persona animata da fanatismo e ostilità nei confronti di chi ha  tendenze omosessuali». Insomma, in nome dell’uguaglianza si è giunti  all’opposto: «Chi pensa che una cosa vale l’altra è accettato, chi solo crede  diversamente è discriminato».

 

MULTE E PROCESSI. Miller esemplifica parlando dei ministri  civili e di quando alcune istituzioni provinciali hanno negato il diritto  all’obiezione di coscienza a molti di loro, chiedendone le dimissioni perché non  volevano celebrare matrimoni omosessuali. Violando la loro libertà di coscienza  il governo ha multato anche i Cavalieri di Colombo, la più grande organizzazione  cattolica di volontariato, quando non ha affittato la propria struttura per il  ricevimento di nozze di due omosessuali. Violando sia la libertà religiosa sia  quella di espressione, la commissione dei diritti umani ha poi indagato e  processato diverse persone, inclusi i sacerdoti, solo per aver spiegato come mai  il matrimonio eterosessuale fosse da loro ritenuto alla base dello sviluppo  della società.

«Alcuni – continua Miller – hanno dovuto pagare multe profumate,  hanno dovuto scusarsi e promettere di non parlare più di questo tema». Oltre ai  cittadini normali, «perseguiti anche solo per aver espresso perplessità inviando  lettere ai giornali, sono stati presi di mira anche i ministri di piccole  congregazioni cristiane». Mentre «un vescovo cattolico è stato denunciato due  volte per alcune opinioni espresse in una lettera pastorale sulla famiglia». Il professore fa notare i costi finanziari di chi ha potuto rispondere alle  querele. Si tratta di «centinaia di migliaia di dollari di spese legali non  rimborsabili, in casi che richiedono anni per essere risolti.

Mentre una persona  con poche risorse economiche, che ha destato l’attenzione della commissione dei  diritti umani, non ha speranze di difendersi: questa non può fare altro che  accettare il richiamo della commissione, pagare la multa e poi osservare la  direttiva per rimanere per sempre in silenzio».

 

CONTRO INSEGNANTI E GENITORI. Ad essere particolarmente a  rischio di provvedimenti disciplinari sono gli insegnanti, «i quali se solo  pronunciano una frase sul matrimonio omosessuale, anche fuori dalle ore di  lezione, sono accusati di contribuire a formare un ambiente ostile agli alunni  con tendenze omosessuali». Peggiore la situazione dei genitori: «La riforma dei  curriculum nega ai genitori di esercitare il loro storico diritto di veto su  processi educativi discutibili. I nuovi curriculum sono permeati da riferimenti  positivi al matrimonio omosessuale, non solo in una disciplina ma in tutte.

Di  fronte a questa strategia di diffusione, l’unica difesa dei genitori è quella di  rimuovere i propri bambini dal sistema della scuola pubblica», perché «i  tribunali sono ostili alle obiezioni delle famiglie». Il professore  sottolinea come tutto sia partito da misure anti-bullismo e  anti-discriminatorie, per sfociare «in una lesione delle famiglie che non ha  nulla di diverso dall’indottrinamento dei bambini, dando un significato al  matrimonio che è fondamentalmente diverso da quello che i genitori pensano sia  il migliore per il bene dei loro figli (…) sin da piccoli si insegna loro che la  logica fondamentale del matrimonio non è altro che la soddisfazione del  desiderio mutevole di compagnia di un adulto».

 

LO STATO ENTRA IN CASA. Peggio, perché lo Stato è arrivato a  dettare legge anche in casa altrui, negando di fatto uno spazio di libertà anche  fuori dalla scuola pubblica. Miller prende ad esempio quel tipo  di leggi che usano due pesi e due misure,  obbligando le scuole cattoliche ad accettare al loro interno club per i diritti  omosessuali, «mentre proibisce alle scuole pubbliche di affittare spazi a  organizzazioni che non concordano sul codice di comportamento richiesto dalla  nuova ortodossia».

Ora, poi, i sostenitori della poligamia in Canada esultano, perché con  l’introduzione del matrimonio omosessuale «non ci sono più le basi giuridiche  per negare la poligamia», che «non è ancora legale, ma è tollerata senza che  siano stati avanzati impedimenti legali ad essa». Infine, i dati sui matrimoni  in calo dicono che quello omosessuale, al contrario di quanto si argomentava per  introdurlo, non ha rinforzato la cultura matrimoniale. Miller conclude quindi  che, anche se non ci sono dati sui divorzi, si «è allargata l’accettazione di un  modello di unione instabile, basata sul desiderio mutevole di compagnia».

Se  questi sono gli effetti di breve periodo della legalizzazione del matrimonio  omosessuale, si può solo immaginare quali siano i costi antropologici di più  lungo raggio purtroppo solo in parte visibili.

Benedetta Frigerio

Fonte: Tempi.it