Cristiani d’Israele: il ritorno alle origini

Stato d’Israele (15 maggio 1948), nelle ondate di immigrazione di ebrei dai luoghi della diaspora secolare, ce ne sono anche molti passati attraverso comunità cristiane, o ebrei che hanno sposato un cristiano o una cristiana oppure ancora cristiani che vedono se stessi come ebrei credenti in Gesù. Fra coloro che compiono la aliyah (la “salita” verso il Monte Santo e, in senso più lato, il ritorno in Eretz Israel, cioè in «Terra d’Israele») ci sono laici e laiche, religiosi e religiose, fra cui Padri di Sion, Piccole Sorelle e Piccoli Fratelli di Gesù, monaci assunzionisti e trappisti, frati domenicani, carmelitani.

 

Nomi noti e meno noti, da padre Stiassny alle suore Madelein e Aliza, da padre Jean-Roger Héné a padre Bruno Hussar, da Yohanan Elihai ai padri Elias e Daniel Rufeisen, padre Dalmée, Rina Geftman… Gli inizi sono pionieristici.

 

Alcuni vivono a Gerusalemme, altri a Haifa, altri ancora in kibbutz. Qualcuno immagina la rinascita di una “Chiesa ebraica”, altri si attestano sulla trincea della richiesta di una liturgia in ebraico. Per tutti si tratta comunque di qualcosa di eccezionale.

 

Il cardinale Eugenio Tisserant, prefetto dell’allora Sacra Congregazione per la Chiesa orientale, che ha già concesso la possibilità di utilizzare la lingua, nel 1954 dichiara: «La Messa in Israele? Non secondo il rito latino e neanche secondo quello bizantino, ma secondo quello aramaico, come ad esempio quello siriano».

Dopo qualche tentativo quella strada viene abbandonata in favore del rito latino, perché rischia di rinchiudere la comunità in un “recinto dorato”.

 

 

Nel dicembre 1954 viene ideato lo strumento dell’Opera di San Giacomo, che nel febbraio successivo riceve il permesso ecclesiale temporaneo (ad experimentum) da parte del patriarca latino di Gerusalemme Alberto Gori. Nello stesso anno il cardinale Tisserant autorizza una prima traduzione in aramaico e una prima celebrazione parzialmente in ebraico avviene nelle catacombe di Roma. Nel marzo 1956, la prima celebrazione in ebraico, secondo il rito siriano, in Israele, ad Haifa. Questi eventi di frontiera vedono protagonista fra Yohanan Elihai.

 

L’anno successivo, dopo un rapporto al prefetto della Sacra Congregazione per la Chiesa orientale si prende atto che il rito siriano è «estraneo alla maggior parte dei membri della comunità» e si chiede di utilizzare il rito latino. Sempre a Haifa si compie questo nuovo “esperimento “, con le preghiere in parte in ebraico e in parte in latino. E arriva il Concilio.

 

Quando nel 1959 Giovanni XXIII prende l’iniziativa di abolire dalla preghiera del Venerdì Santo il passaggio che definiva «perfidi» i fratelli ebrei, a Ein Karem, la città del Magnificat, padre Yohanan canta con gioia Oremus et pro Judeis. Nel 1960 alla Maison Saint Isaie di Gerusalemme nasce un centro domenicano di studi ebraici, con padre Bruno Hussar, padre Jacques Fontaine e poco dopo padre Marcel Dubois e padre Gabriel Grossman.

 

 

Nel 1962 al Concilio si cominciano a votare le deliberazioni e si autorizza l’utilizzazione delle lingue locali, come incoraggiamento alla inculturazione. Nel caso dell’ebraico, lingua “risorta” con il nuovo Stato, si tratta di qualcosa di straordinario. Nel 1964 Paolo VI compie lo storico viaggio in Terra Santa. Lo stesso anno, in novembre, il Concilio vota il documento Nostra Aetate, sui rapporti con le varie religioni; il paragrafo più lungo è dedicato all’ebraismo e rimarrà una pietra miliare nel processo di riavvicinamento: 2.000 voti a favore, 200 contrari.

 

La guerra dei Sei Giorni del 1967 modifica la geografia anche dei Luoghi Santi e per la prima volta il Muro Occidentale, ma pure la Basilica del Santo Sepolcro e quella della Natività di Betlemme, passano sotto controllo israeliano.

 

Un’altra conseguenza della guerra è però l’abbandono di Israele da parte di alcune famiglie della comunità di espressione ebraica. Questo fenomeno si ripeterà più volte nel corso del tempo, fino a tempi recenti. Effetto anche della progressiva secolarizzazione della società israeliana. In genere nella società israeliana tutti i ragazzi, anche di famiglie osservanti, frequentano scuole pubbliche laiche.

 

E a questo si somma un altro aspetto molto diverso rispetto all’Europa e agli Stati Uniti, dove c’è una analoga secolarizzazione e i giovani di 14-15 anni smettono in genere di andare in chiesa, ma si torna a rivolgersi alle chiese, sia pure solo per i sacramenti. In Israele quando i ragazzi si allontanano, in genere sono “persi” per sempre.

 

 

Forse i cattolici di espressione ebraica della prima generazione hanno un po’ trascurato questi cambiamenti e non sono riusciti a «trasmettere la fede» alle generazioni più giovani. Intanto Roma pubblica il nuovo messale latino dopo la riforma liturgica del Concilio, e il lavoro di traduzione in ebraico deve ricominciare da capo. Nel dicembre 1975 sarà comunque pubblicato il primo libretto della messa in ebraico. Intenso rimane il rapporto con papa Giovanni Paolo II, il quale riceve nel 1984 fra Yohanan Elihai e padre Daniel Rufeisen.

 

Una importante svolta si registra nel 1988, quando il Papa ordina Patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah, palestinese, come segno di riconoscimento di dignità della Chiesa locale.

 

Nonostante qualche tensione, nei mesi successivi alla nomina, Sabbah incontra la comunità di Gerusalemme e meno di due anni dopo nomina responsabile di tutte le comunità di lingua ebraica l’abate del monastero benedettino di Abu Gosh, padre Jean-Baptiste Gourion, nato ebreo a Orano (Algeria), divenuto cristiano, arrivato in Israele nel 1976. Anche questo segno va nella direzione del rispetto delle diversità nella Chiesa locale.

 

Nel 1990 padre Gourion diventa vicario patriarcale per le qehilot e presidente dell’Opera di San Giacomo. Mentre nel 1993 viene finalmente firmato l’Accordo fondamentale fra la Santa Sede e lo Stato d’Israele, tre anni dopo si apre il cammino del Sinodo diocesano della Chiesa cattolica in Terra Santa.

 

La Maison Saint Isaie di Gerusalemme chiude e la comunità si trasferisce provvisoriamente nell’edificio del Terra Sancta College, mentre il francescano fra Pierbattista Pizzaballa viene nominato responsabile della comunità nella Città Santa (lo rimarrà fino al 2004, quando viene nominato Custode di Terra Santa, per assumere poi il ruolo di vicario alla morte di monsignor Gourion e fino alla nomina di padre David Neuhaus).

 

Durante la visita di Giovanni Paolo II in Terra Santa in occasione del Giubileo del 2000, vengono presentati i frutti del Sinodo locale e si chiede un riconoscimento formale più adeguato per le qehilot. Nella messa sul monte Corazim il Papa saluta la comunità di lingua ebraica. L’8 settembre il patriarca Sabbah ordina sacerdote padre David Neuhaus, con una cerimonia in ebraico e arabo.

 

Nel 2003 padre Gourion viene nominato vescovo e diventa ausiliare del patriarca latino di Gerusalemme. Purtroppo due anni dopo il vescovo Gourion muore e a sostituirlo viene scelto proprio fra Pizzaballa, il quale chiede al gesuita padre David Neuhaus di svolgere il compito di segretario generale.

 

Si avvia un periodo di riorganizzazione anche grazie alla nascita di una nuova rivista (Kol Rinà) e il rilancio delle giornate di ritiro spirituale. Intanto il patriarca Sabbah ha un nuovo vescovo coadiutore, il giordano Fouad Twal, che poi lo sostituirà nel 2008. Nel 2007 si inaugura il sito internet del vicariato di lingua ebraica in Israele. Nel settembre 2008 padre Pizzaballa si dimette dal ruolo di vicario, sostituito nel 2009 proprio da David Neuhaus.

 

Giorgio Acquaviva

 

Fonte: Avvenire