Dimissioni Polverini. Effetto domino: ora tocca a Lombardia e Campania? – di Anselmo de Luca

E adesso il timore è quello dell’effetto domino, che il crollo del Lazio si porti appresso quello della Lombardia, da mesi in bilico, e forse anche Campania e Calabria, su cui la magistratura ha aperto inchieste che possono andare lontano, perché a Napoli e a Reggio Calabria non è che i consigli regionali abbiano brillato per trasparenza e morigeratezza dei costumi rispetto alla Pisana. Il segnale di emergenza si è acceso soprattutto sulla consolle di controllo dei dirigenti Pdl. Un allarme rosso che più rosso non si può.

E’ stata la stessa Polverini a disegnare il quadro della situazione con parole pesanti come pietre: “Sono grata a Berlusconi ed Alfano per il loro sostegno – ha detto nella conferenza stampa delle dimissioni – ma nel Pdl ci sono personaggi da operetta”. L’allusione non è soltanto al pittoresco e monumentale Franco Fiorito, ma anche al presidente del Consiglio regionale laziale, Mario Abbruzzese, alle feste pacchiane di De Romanis e ad altri malcostumi assortiti.

“La vicenda – ha aggiunto la Polverini – nasce da una faida interna al Pdl”. Metteteci gli scandali nel resto d’Italia, dagli sperperi siciliani in su, e avrete davanti una situazione da anno zero per il partito di Silvio Berlusconi. Emergenza in primo luogo morale, come ha ricordato il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, con un richiamo forte, che pretende un cambio di marcia per chiunque intenda rappresentare i moderati in Italia.

“Che l’immoralità e il malaffare siano al centro come in periferia non è una consolazione – ha scandito Bagnasco misurando accuratamente i termini – ma un motivo di rafforzata indignazione, che la classe politica continua a sottovalutare. Ed è motivo di disagio e di rabbia per gli onesti”. Una dichiarazione che ha segnato con il suo peso tutta la giornata che ha declinato verso le dimissioni della governatrice del Lazio, contribuendo a convincere i dubbiosi, come Pierferdinando Casini, che non si poteva ormai fare altro che staccare la spina. Non si poteva più sottovalutare, non si poteva più soffiare sul fuoco dell’indignazione montante.

Riuscirà il Pdl ad uscire da queste secche su cui è arenato? La risposta che viene da dare istintivamente è negativa, perché – a prima vista – non si scorgono tante energie per un rinnovamento morale autentico del partito berlusconiano. Il rischio è che nella primavera prossima arrivi un filotto di sconfitte tale da seppellirlo: le elezioni politiche, ma anche il Lazio ed il Comune di Roma, dove il destino di Alemanno – a detta di molti addetti ai lavori – appare segnato, dopo la debacle della Regione. A via dell’Umiltà di uno scenario come questo si parla apertamente da giorni.

Per invertire questa spirale negativa servirà da parte di tutto il gruppo dirigente pidiellino uno scatto di reni fortissimo, una pulizia interna impietosa, che allontani le tante Minetti che restano al loro posto, nonostante i ripetuti inviti a farsi da parte. Serve una rifondazione vera, che è una impresa difficilissima a sei mesi (al massimo) dal ritorno alle urne.

Ma non è che gli altri partiti possano cantare vittoria. Sulla graticola è finita in primo luogo l’Udc di Casini, che è parso troppo titubante sulla vicenda laziale, facendo storcere il naso a molti che non hanno potuto fare a meno di pensare male, cioè agli ingenti interessi del gruppo Caltagirone in svariati settori dell’economia capitolina, e non solo nell’edilizia e nei lavori pubblici. Alla fine l’Udc ha staccato la spina, provocando le dimissioni della Polverini, ma è stata parte integrante dello stesso sistema spartitorio che è franato addosso al Pdl.

Ma non si può certo chiamare fuori dalla vicenda neppure l’opposizione di sinistra, che si è seduta allo stesso tavolo con Fiorito, Abbruzzese e gli altri e non ha mai obiettato alcunché al fiume di denaro destinato ai partiti. Del resto lo ha ammesso lo stesso capogruppo democratico Esterino Montino, con una tardiva autocritica in cui ha ammesso che i soldi erano troppi e che è stato un errore prenderli anche se nessun consigliere Pd ne ha fatto uso personale. E dalla vicenda escono con le ossa rotte anche i consiglieri di Sel, della Federazione della Sinistra ed i dipietristi. I soldi arrivavano a tutti e nessuno li ha rifiutati, sino a pochi giorni fa, quando il bubbone è esploso e tutti si sono affrettati a scendere dal carro dei perdenti.

A tutti i partiti – dunque – serve un bagno di umiltà e di rinnovamento. Questa volta laquestione morale può fare la differenza, e in una realtà come il Lazio l’elettorato di matrice cattolica può pesare non poco ed è alla richiesta di offerte credibile. Non a caso a sinistra circola già da giorni il nome del capogruppo democratico all’europarlamento, David Sassoli, come possibile candidato alla presidenza della Regione Lazio, in abbinata con Nicola Zingaretti, dato per certo candidato per il Campidoglio.

Nel campo moderato – invece – si tratta di ricostruire sulle macerie, e l’impresa si presenta tutt’altro che facile.

Fonte: ilsussidiario.net