È morto Grillo, il vescovo a cui la Madonna pianse in mano – di Riccardo Caniato

È morto mons. Girolamo Grillo, il vescovo della Madonnina delle lacrime di Civitavecchia. È successo ieri, nel giorno di Maria Regina. E in questo chi lo ha conosciuto potrà leggerci una carezza, quasi una firma del Cielo nel momento del distacco e del dolore, perché dice molto di lui e della vicenda in cui è stato coinvolto.

A Civitavecchia, non tutti sanno, all’evento delle lacrimazioni fece seguito, negli anni 1995 e 1996, un ciclo di apparizioni della Vergine presso la famiglia Gregori, proprietaria della statua, su cui la Chiesa ancora indaga, ma avvalorate, come a breve vedremo dallo stesso ordinario diocesano…

Orbene la Madonna  si è qui presentata nei titoli di «Regina della Chiesa» e di «Regina della Famiglia», e lo stesso vescovo Grillo, nel 2011, introduceva con queste parole il libro testimonianza dedicato ai misteriosi eventi verificatesi nella sua diocesi: «Sarà questo il mio testamento spirituale: un vero atto di amore alla celeste Regina che ha voluto coinvolgermi in una storia lunga e, per qualche verso drammatica».

Questa frase risalta anche nella quarta di copertina dello stesso memoriale, edito da Shalom, il cui titolo è La vera storia di un doloroso dramma d’amore e che riferisce la straordinaria esperienza dell’Autore, turbinosa e a tratti certamente dolorosa, iniziata il 2 febbraio 1995 nel giardino dei Gregori con le lacrimazioni di sangue della celebre statua della Madonna raffigurante la Regina della Pace.

Monsignor Grillo inizialmente si mostrò ostile all’evento, arrivando a ordinare al parroco della famiglia di distruggere il sacro manufatto, ma in seguito, dopo anche aver ordinato un esorcismo, accettò di custodire personalmente la bianca Madonnina finché, il 15 marzo successivo, la statua lacrimò per la quattordicesima volta direttamente nelle sue mani, causandogli un principio di infarto, ma soprattutto un profondo turbamento interiore.

Quell’evento fu lo spartiacque della sua esistenza, o meglio il ritorno all’origine, alla genuina devozione materna la quale, quando era bambino, pellegrinando in ginocchio, aveva ottenuto dalla Vergine di Portosalvo che gli salvasse un occhio ferito da un sasso e ormai dato per perso.

Calabrese, di umili origini – nacque a Parghelia, in provincia di Vibo Valentia nel 1930 –, intelligente e portato negli studi, Girolamo si era in seguito affidato più alla ragione e alla prassi, rincuorato anche da una rapida carriera ecclesiastica che lo condusse diritto in Vaticano nella Segreteria di Stato sotto la direzione del cardinale Benelli, e poi vescovo a Cassano Jonio (1980), prima che della diocesi di Civitavecchia e Tarquinia (1983).

Ma il giorno 15 marzo 1995 ribaltò la prospettiva, segnando indelebilmente il prima e il dopo nella vita di questo sacerdote, che poco alla volta, incalzato dal Mistero, iniziò a riscoprire il senso dell’affidamento, il valore dell’adeguare la propria libertà al piano di Dio: «Mi trovo – confidò – alla scoperta cocente della mia incapacità fondamentale, della mia presunzione di poter agire con le mie sole doti intellettuali e morali.

Non posso nascondere di aver intrapreso il mio cammino a cavallo, ma, dopo un lungo galoppo, ho scoperto che il mio incedere, sotto molti punti di vista brillante, nascondeva una grande fragilità».

La sua cavalcata, di fronte a una statua di gesso che piange e a una bambina, Jessica Gregori, allora di soli 6 anni, che gli porta a casa i messaggi della Vergine, si conclude con una caduta, come per san Paolo: «Io cercavo la verità con raziocinio e l’ho avuta con una bastonata in testa». Che ha messo il seme per una nuova conversione, più autentica, per un ripartire, per «quella vera risposta e quel vero impegno, giunti soltanto in secondo tempo».

Non tornò mai indietro, ma non fu un percorso semplice. Ogni volta che succedeva qualcosa il vescovo Grillo – parlo per conoscenza personale – per suo istinto si ritraeva.

Schivo, fragile, come lui stesso si definiva, e al tempo stesso di carattere coriaceo tentò a lungo di sfuggire dal servire il disegno divino che si manifestava via via davanti a lui con contorni sorprendenti: lacrimazioni ed essudazioni di due identiche statue della Vergine, apparizioni di angeli che precedono come a Fatima le visite della Madonna, 93 messaggi della stessa, manifestazioni demoniache accompagnate, fortunatamente, da ben più numerose grazie e guarigioni straordinarie…

Di ogni tipologia di questi fatti straordinari mons. Grillo fu chiamato a testimone. Se chiedeva un segno il Cielo glielo accordava; se non lo chiedeva, anzi vi rifuggiva, il buon Dio glielo mandava ugualmente…

Rimando al volume La Madonna di Civitavecchia di padre Flavio Ubodi, intermediario del vescovo con la famiglia Gregori, che entra nel merito di numerosi avvenimenti soprannaturali a sostegno di una mariofania ancora in corso che, come ha commentato con profondità Antonio Socci nel suo recente volume La profezia finale, si verifica nella metropolitania di Roma, nel cuore stesso della Chiesa.

Nelle sue apparizioni la Madonna chiede sempre l’apporto degli uomini – «Ho bisogno di voi!», dice – per realizzare i suoi disegni. Chiede e non ordina perché ogni chiamata di Dio non lede mai la libertà dei suoi figli.

A Civitavecchia poi, come a Guadalupe, a Ghiaie di Bonate, a Montichiari e in molti altri luoghi delle sue venute, si è rivolta accorata ai vescovi, perché riconoscessero l’urgenza e la grazia di questa sua presenza, facendo conoscere a tutti i suoi messaggi…

A differenza di altri suoi fratelli nell’episcopato, mons. Grillo alla fine ha dato seguito a queste implorazioni materne. Tardivamente, forse, e non con la fermezza dovuta, secondo la sua indole – nei messaggi la Vergine si riferisce a lui affettuosamente come «il mio piccolo vescovo» –, ma vi ha dato seguito.

Prima di lasciare il governo della diocesi ha compiuto due gesti altamente significativi, elevando a Santuario mariano la parrocchia Sant’Agostino di Pantano, che dal giugno 1995 custodisce la Statua che ha lacrimato sangue, e celebrando una Messa nella casa dei Gregori accordando loro, per iscritto, piena libertà di testimonianza.

Da ultimo, con la pubblicazione del suo diario ha spiegato per quali ragioni, anche di natura soprannaturale, si sia convinto della veridicità delle apparizioni.

L’atto di fede comporta sempre la croce, che non risparmiò neppure mons. Grillo. Siamo in un’epoca egocentrica e razionalista che nega il Divino.

I cristiani sono ridotti in minoranza e quanti si appoggiano sulle proprie forze anziché nelle robuste braccia del Padre celeste finiscono a loro volta per annacquare la fede, lasciarsi prendere dal timore e potranno – chissà – arrivare a negare l’azione di Dio nella loro vita o a vergognarsi di esporre la statua della Madonna in un luogo pubblico…

Il «piccolo Vescovo» di Civitavecchia dovette continuamente confrontarsi con questo stato di cose. Soffrì moltissimo per l’incomprensione che si spinse al dileggio di diversi fratelli nell’episcopato, fra cui alcuni che godevano ieri come oggi di alta visibilità nella Chiesa.

Poté contare, tuttavia, sull’appoggio certo e mai venuto meno di Giovanni Paolo II il quale, come si riscontra con dovizia di particolari nei libri di mons. Grillo e di padre Ubodi, volle venerare più volte la Madonnina delle lacrime; firmò di suo pugno un documento in cui si afferma che l’Atto di Affidamento alla Madonna dell’8 ottobre del 2000 è stato fatto in ascolto degli avvenimenti di Civitavecchia; e stabilì con la famiglia Gregori, tramite anche il suo segretario mons. Emery Kabongo, un rapporto di cui si hanno tracce ufficiali fino al suo ultimo ricovero al Gemelli.

Alla morte di Giovanni Paolo II mons. Grillo si sentì inizialmente smarrito. In quei giorni la statua della Madonna in casa dei Gregori ha pianto copiosamente lacrime umane. Esiste un video – di cui il sottoscritto è testimone – in cui il vescovo assiste al fenomeno in ginocchio chiedendo perdono alla Vergine di non aver fatto tutto ciò che Lei gli aveva chiesto.

Questo suo scritto mi pare renda bene l’idea di un lungo travaglio interiore: «C’è una voce nella mia vita che continuamente risuona, con un’incessante domanda: “Perché non hai pregato, come avresti dovuto pregare?

Tu avresti dovuto pregare per quelli che pregano e per quanti non pregano, e invece non l’hai fatto”. Ti chiedo perdono, pertanto, o Signore, perché non sempre la preghiera è stata per me sorgente di luce nel mio apostolato, per la conversione dei peccatori, per le anime più perfette nella via di Dio».

 

Di tanto in tanto mi chiamava al telefono: «Sono mons. Grillo», diceva, «Riccardo, difendi sempre la Madonnina». Non domandava, implorava. Le ultime due volte ho provato a rispondere a questo appello con la bellissima intervista che Fabio Gregori mi ha concesso, e che ora chiude il volume di padre Ubodi, e con l’intervista allo stesso padre Flavio pubblicata sulla Nuova Bussola Quotidiana.

Ho incontrato mons. Grillo l’ultima volta, nel febbraio dello scorso anno davanti alla chiesetta di Pantano, al termine di una mattinata che aveva speso a confessare i pellegrini. Vi veniva spesso da Roma, dove da emerito risiedeva presso la Basilica di Santa Maria Maggiore.

L’ho trovato sereno, pacificato e con uno sguardo santo e buono, fatto certo di aver ben servito la sua Regina. In un articolo del 2003 a Lei si rimetteva totalmente, esprimendo tanto amore filiale e desideroso di incontrare un giorno il suo sorriso.

Con riferimento personale alla vicenda che gli era stata data di vivere, chiudeva il suo tributo, affidandosi a una poesia di santa Teresa di Lisieux: «Vorrei cantare Madre, perché / t’amo, / e perché il dolce tuo nome mi fa / trasalire il cuore…». Più sotto: «Perché una creatura possa darsi tutta alla sua mamma / bisogna che questa pianga con lei, / divida i suoi dolori. / Regina del mio cuore, / quanto piangesti quaggiù per attirarmi a te!».

 

P.S. Mons. Girolamo Grillo è morto ieri mattina, 22 agosto, festività della Beata Vergine Maria Regina, alle ore 8 e 30, durante le sue ferie estive in Romania. Da diversi anni amava raggiungere per l’estate la Casa San Giuseppe di Oderheiul Secuiesc.

Il vescovo aveva dato anche il suo sostegno a quest’opera  di aiuto ai bambini disagiati fondate dalle Suore del Cuore Immacolato di Maria che lui aveva potuto apprezzare proprio negli anni di ministero nella diocesi di Civitavecchia e Tarquinia.

 

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana