Farina: «In Turchia i cristiani sono soli, ma non rinunciano a testimoniare la fede»

L’onorevole Renato Farina (Pdl) è appena rientrato dal pellegrinaggio in Turchia, svoltosi assieme ad altri parlamentari e promosso dal vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Un viaggio che lo ha emozionato e sorpreso «perché ho capito, incontrando l’esperienza di San Paolo e di San Giovanni che oggi vengono rivissute da alcune solitarie presenze cristiane, quello che era parso da subito chiaro ai primi cristiani: tutti gli uomini hanno un destino di bene, un compito di felicità per sé e per gli altri, che nessuna difficoltà economica e nessun pregiudizio può fermare».

Il viaggio in Turchia è stato un’0ccasione d’incontro con i cristiani che vivono lì. In quali condizioni li ha trovati?
Raramente, in altre occasioni, ci era capitato d’incontrare cristiani solitari e poverissimi e, al tempo stesso, carichi di gioia e di speranza come quelli conosciuti in Turchia. Penso alle suorine italiane di Tarso, sole e senza un sacerdote, in una delle città simbolo dell’inizio dell’era cristiana. Si sentono una nullità, per i cristiani del posto e per quelli nel resto del mondo, ma continuano nella loro presenza amorosa che è testimonianza della presenza di Cristo in questi luoghi. Il vescovo, monsignor Ruggero Franceschini, ci ha riferito che i cristiani in Turchia sono poche decine di migliaia, i cattolici circa cinquantamila e, nonostante non contino nulla, sono una presenza totale, piena di vita. E rappresentano per noi parlamentari un insegnamento fondamentale: la certezza che si può sempre costruire qualcosa di positivo tra le persone e che, prima ancora del nostro impegno, abbiamo la certezza che Qualcuno è entrato nella storia degli uomini per salvarli.

Anche perché la loro situazione è a dir poco difficile
Sarebbe ora di parlare della situazione della Chiesa in Turchia, del bisogno di salvaguardare il principio di libertà religiosa in uno dei paesi del Consiglio d’Europa. Per capire la drammaticità della condizione dei cristiani basta riportare le parole dell’arcivesco Franceschini: «Io per il governo turco sono il signor Franceschini, il mio ruolo non è in alcun modo riconosciuto». Questo dimostra una tolleranza minima, non un riconoscimento positivo di una presenza. Dice ancora Franceschini: «Noi siamo trattati bene ma ingiustamente e la mia affermazione sembra un paradosso. Ma la verità è che con noi sono tutti gentili ma dal punto di vista giuridico e politico siamo isolati». A tal punto che nel giro di pochi anni sono stati uccisi due sacerdoti italiani: don Santoro a Trebisonda e monsignor Padovese ad Alessandretta. Il vescovo Franceschini ha la croce episcopale nel taschino, non la espone perché potrebbe correre dei seri rischi. Il regime laico turco una volta era contro tutte le religioni, adesso, se non sei islamico, sei in pericolo.

Intanto il governo turco ha deliberato la riconsegna di diversi immobili confiscati alla Chiesa.
Immobili di cui purtroppo la Chiesa non può occuparsi, non ne ha le risorse. Ciò che la Chiesa vorrebbe è il permesso di costruire scuole cattoliche e cristiane, ma non credo che il governo lo permetterà. Il governo turco ha deliberato di riconsegnare alla Chiesa diversi immobili confiscati negli anni. La Chiesa non vuole, vuole il permesso di fare scuole cattoliche, cristiane, ma non credo che avranno risposta positiva.

Fonte: Tempi.it