Festa di Santa Caterina da Siena, l’”illetterata” che indicò ai Papi la strada di Dio

Come ogni 29 aprile, la Chiesa celebra la Festa di Caterina da Siena, Compatrona d’Europa e d’Italia. La sua storia è esemplare di come il dono della sapienza di Dio possa compiere prodigi anche senza il talento del sapere umano, al punto che Paolo VI volle insignire la Santa senese del titolo di “Dottore della Chiesa”.

 

Anche solo osservare il modo in cui si prega può rovesciare una convinzione ferrea nel suo opposto. È quel che accade al papà di Caterina da Siena, Japoco Benincasa. Quella figlia carina, in età da marito, di mariti non vuole saperne e a soli 12 anni si è quasi barricata in casa pur di non recedere da quello che davvero gli fa battere il cuore: donarsi a Dio.

I tentativi di convincerla non hanno sortito effetti, ma poi, un giorno, quel padre – forse innervosito da tanta testardaggine – sorprende la figlia in preghiera nella sua stanza e ciò che vede, quel modo della figlia di raccogliersi, di vedere con gli occhi dell’anima lo Sposo che veramente ama, lo convince. La determinazione della ragazza ha avuto la meglio e per lei si spalancano le porte del convento, a 16 anni è tra le Mantellate di San Domenico.

Questa “vittoria” è rivelatrice di ciò che Caterina Benincasa – semianalfabeta che detterà per i Papi lettere di inaudita sapienza cristiana – sarà capace di fare di lì a un decennio.

 

Intanto, la sua è una missione che fin da subito si “sporca” le mani con i reietti della società medievale, lebbrosi o malati di una delle troppe pestilenze che tormentano l’epoca, tutti curati da Caterina con affetto e coraggio. Poi, giacché come sempre accade ogni esempio attira imitatori, una “Bella brigata” si coagula attorno per aiutare e sostenere quella giovane che legge e scrivere a malapena, ma sembra che Dio stesso parli e scriva attraverso di lei.

 

A toccare con mano questo prodigio di dottrina e discernimento sono via via poveri o nobili o politici bellicosi – dissuasi dalle armi con un imperativo “Io voglio!” scandito in nome di Dio. I consigli spirituali di Caterina sono acuti e appropriati per ciascuno e arrivano a “dettare” il giusto comportamento anche al Papa, con un’autorevolezza straordinaria: quando l’assenza del Pontefice da Roma si fa insostenibile – Gregorio XI in quel momento era ad Avignone – la ragazza “insipiente” divenuta religiosa in odore di santità indirizza al “dolce Cristo in terra” espressioni di fuoco – “Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo” sono le sue parole – quindi parte per la Francia per portarlo con sé a Roma.

 

Ma non c’è solo luce nella trama della vita di Caterina. Il filo dell’ordito è fatto di tribolazioni di ogni tipo – anche una verifica da parte del suo Ordine risolta in modo positivo – ma niente fiacca la fibra interiore della senese, anche se il corpo si spegne a soli 33 anni, poco prima di mezzogiorno della domenica dopo l’Ascensione, il 29 aprile 1380.

A Roma, dove si trova, Caterina chiude gli occhi sussurrando le identiche parole di Gesù sulla croce: “Padre, nelle tue mani raccomando l’anima e lo spirito mio”.

 

Per la sua eccezionale, per l’epoca, apertura “europea”, Giovanni Paolo II proclama Caterina da Siena “Compatrona d’Europa” nel 1999. Ricordandola in una udienza generale del 2010, Benedetto XVI affermò in proposito: “Il Vecchio Continente non dimentichi mai le radici cristiane che sono alla base del suo cammino e continui ad attingere dal Vangelo i valori fondamentali che assicurano la giustizia e la concordia”.
 
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana