Film blasfemo/ Krzysztof Zanussi: ecco la differenza fra l’offesa a Dio e agli uomini

Il film che ha scatenato la reazione di alcuni islamici, fino al massacro dell’ambasciatore americano in Libia e di tre suoi dipendenti, è un film definito blasfemo. Ossia urta e offende una religione e quanto di più sacro quella religione ha, nel caso specifico il profeta Maometto. Se tutti sono concordi nel ritenere spropositata la reazione islamica che ha provocato quattro morti, è interessante capire se un film, un’opera d’arte può essere definita o no blasfema.

 

Nel caso specifico il film del regista israelo-americano (finanziato da quel pastore statunitense che in passato si era distinto per aver dato alle fiamme copie del Corano) non è esattamente un’opera d’arte, piuttosto uno strumento di propaganda a basso prezzo.

Ilsussidiario.net ha rivolto questa domanda al regista polacco Krzysztof Zanussi che da sempre nei suoi film mette in primo piano l’aspetto religioso: «La blasfemia è l’offesa a Dio, non a una persona. Anche per gli islamici l’offesa al profeta Maometto non dovrebbe essere paragonata a quella a Dio, mentre per i cristiani la differenza è del tutto evidente e accettata». Nonostante questo, aggiunge il regista, «oggi siamo molto più preoccupati di offendere i sentimenti delle persone che di offendere Dio, e il risultato è la ricerca di una pubblicità attraverso l’offesa dei sentimenti dei credenti, cosa molto squallida e vergognosa».

Prendendo spunto dall’episodio che ha visto la morte dell’ambasciatore americano, secondo lei quando un film può essere definito blasfemo?
Il concetto di blasfemia esiste da secoli, ma riguarda l’offesa a Dio, non a una persona. Una offesa a Dio e la paura dell’uomo di essere punito per aver commesso questo atto blasfemo. Il recente episodio delle Pussy Riot è esplicativo di questo: quelle ragazze russe si sono comportate in un modo del tutto blasfemo, perché hanno offeso Dio con la loro preghiera punk.

Sono in pochi, almeno qui in Occidente, a ritenere blasfemo quanto fatto dalle Pussy Riot…
Questo perché oggi la sensibilità comune è molto più preoccupata delle persone e dei loro sentimenti che non di Dio. C’è oggi senza dubbio la voglia di distruggere qualcosa che è considerato sacro. E lo si fa per attirare interesse pubblico; è una cosa molto triste offendere i sentimenti dei credenti per ottenere della pubblicità.

Torniamo all’episodio specifico del filmato che ha fatto infuriare gli islamici…
Quello che ho detto a proposito della blasfemia non ha niente a che vedere con la reazione che ha portato all’uccisione dell’ambasciatore, una reazione del tutto sproporzionata e ingiustificata. Mi permetto però di dire che anche la pena a due anni di galera per le ragazze russe è sproporzionata.

Islam a parte, è abbastanza comune nei film degli ultimi anni trovare elementi anticristiani.
Ma è una cosa molto diversa dalla blasfemia. È una voglia di offendere e annullare il sacro, di ridicolizzarlo. Questo dovrebbe valere anche per i musulmani, l’offesa del profeta non è offesa di Dio. Per i cristiani la differenza è evidente. In ogni caso, sì, è presente oggi una voglia evidente di offendere i credenti.

I film occidentali che si propongono come film religiosi, hanno poi spesso chiari elementi di anticlericalismo molto scontato e, se così si può dire, anche banale.
Anche l’anticlericalismo non è una offesa a Dio, non lo vedo come un peccato. Il discorso in questi casi da fare è semplice: se la critica portata ai preti è fatta in modo onesto, è accettabile; non lo è se questa critica viene fatta in modo disonesto. Non è accettabile cioè generalizzare, dire che tutti i sacerdoti così come tutti i ferrovieri sono cattivi: qualsiasi generalizzazione è stupida.

Parlando sempre di film a contenuto religioso, ad esempio il film “The Passion” ha sollevato critiche anche dure da parte di molti cristiani. Lei che opinione ne ha?
Si tratta di un discorso artistico che tocca temi come la violenza, l’arte barocca, le torture nelle opere di Bernini, un discorso dove il dibattito è tutt’oggi aperto. Però non c’è alcun dubbio che l’opera di Gibson fosse un’opera presa e ispirata in modo onesto dal Vangelo. Poi può coincidere con il mio gusto o no, ma non offende nessuno. È stato senz’altro un film problematico per certi cristiani ma legittimo per la sensibilità cristiana.

Nei suoi film è sempre presente l’elemento religioso; pensando alle sue opere più recenti, “Il sole nero” è la storia di una coppia in crisi, ma con profondi riferimenti spirituali. È così?
Sono molto contento se lei lo ha percepito così, perché era la mia intenzione. È un film con un messaggio religioso ma non diretto, non in modo convenzionale. Ha a tema la ricerca della giustizia e la battaglia fra la giustizia e il male, un tema che conosciamo da sempre.

Ci può citare altri film che hanno questa sensibilità religiosa simile alla sua?
Sicuramente il lavoro di Ermanno Olmi ha questa dimensione. Tutta l’opera di Pasolini aveva lo stesso carattere e così tanti altri. Tra gli ultimi film, sicuramente “Uomini di Dio”, la storia dei monaci francesi uccisi in Algeria, aveva questa dimensione, sono tutti film ispirati dallo spirito religioso.

Ci sono stati invece film occidentali che possono essere definiti blasfemi?

Nell’opera di Buñuel c’era qualche elemento che poteva sfiorare la blasfemia, ma non si è mai arrivati a quel livello.
Paolo Vites

Fonte: Ilsussidiario.net