Francia: non sposi i gay? Tre anni di prigione – di Massimo Introvigne

Il 18 ottobre 2013 il Consiglio Costituzionale francese ha assestato un altro colpo alla libertà di coscienza, stabilendo che i sindaci e gli ufficiali di stato civile non possono rifiutarsi di celebrare matrimoni omosessuali per ragioni morali o religiose. Se persistono nel rifiuto, sono passibili di una pena detentiva fino a tre anni. Di fronte ai diritto dei gay al matrimonio, non esiste secondo il Consiglio Costituzionale nessuna obiezione di coscienza.

 
Non si tratta di quattro gatti. I sindaci obiettori e gli eletti locali e nazionali che li sostengono in Francia sono oltre ventimila. E i laicisti, che si appellano tanto spesso e volentieri alla coscienza, sono riusciti a far prevalere l’idea che esistono «zone franche» – soprattutto quella dei diritti degli omosessuali – dove la libertà di coscienza non si applica.
 
Il problema è mondiale, e riguarda una frontiera cruciale della libertà minacciata dalla dittatura del relativismo. Nell’aprile 2012, nella loro lettera pastorale sulla libertà religiosa, i vescovi del Canada avevano levato la loro voce per ricordare la norma contenuta nel n. 2242 del Catechismo della Chiesa Cattolica: «Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. “Rendete […] a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21). “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29)».

 

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