Funerali e dintorni

Hanno destato un certo scalpore le recenti affermazioni dell’Arcivescovo di Napoli, il Cardinale Crescenzio Sepe, rilasciate ad alcuni giornalisti in occasione della marcia silenziosa per le vittime della camorra, in particolare l’affermazione: «Se gli uomini dei clan non si pentono, così ho detto ai miei sacerdoti, non potranno entrare in chiesa neanche da morti».

 

Si tratta di una chiara direttiva da parte del presule partenopeo per negare le esequie religiose agli esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso. Negli ultimi tempi, cominciano già a contarsi precedenti in questo senso. Ad esempio, Mons. Francesco Montenegro, Vescovo di Agrigento aveva negato i funerali cattolici a Giuseppe Lo Mascolo, morto pochi giorni dopo l’arresto con l’accusa di associazione mafiosa (luglio 2012), e a Pietro Ribisi, boss condannato e morto suicida in carcere (ottobre 2012).

 

Vediamo ora la questione da un punto di vista cattolico. Il Codice di Diritto Canonico, al riguardo, sentenzia (Can. 1184 § 1): «Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche: 1) quelli che sono notoriamente apostati, eretici, scismatici; 2) coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana; 3) gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli».

Quest’ultimo comma resta soggetto ad interpretazione. All’Ordinario del luogo (cfr. Can. 134), ossia generalmente il vescovo diocesano, spetta quindi la decisione al riguardo (§ 2): «Presentandosi qualche dubbio, si consulti l’Ordinario del luogo, al cui giudizio bisogna stare». Si tratta quindi di una posizione di natura disciplinare, non dogmatica.

 

Sei anni fa, si era posto un caso simile, di negazione delle esequie, che aveva fatto molto discutere. Piergiorgio Welby, militante del Partito Radicale, afflitto da distrofia muscolare progressiva, aveva condotto una campagna politica e mediatica a favore della legalizzazione dell’eutanasia, chiedendo di essere soppresso, tramite cessazione della ventilazione artificiale. Infine, il 20 dicembre 2006, aveva ottenuto, illegalmente, l’attuazione delle proprie volontà.

Il medico responsabile è stato prosciolto in sede preliminare. Quando la moglie, teoricamente cattolica (al di là della sua corresponsabilità nell’omicidio del marito), aveva chiesto esequie religiose, il Vicario Generale per la Diocesi di Roma, Mons. Camillo Ruini, si era espresso negativamente.

 

Questa era stata la motivazione: «In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Dott. Piergiorgio Welby, il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica (vedi il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2276-2283; 2324-2325)».

In sintesi, stando a quanto aveva affermato lo stesso Ruini ai giornalisti, «concedere il funerale sarebbe stato come dire “il suicidio è ammesso”». Non c’è quindi dubbio che celebrare le esequie di chi aveva fatto coscientemente fatto degli ultimi anni della sua vita una battaglia politica contro la dottrina cattolica, sarebbe stato di scandalo e di confusione ai fedeli cattolici.

 

Le polemiche per questa decisione da parte del mondo acattolico (e di molti cattolici dalle idee confuse) erano state però amplificate dal fatto che pochi giorni prima (10 dicembre 2006), era morto il dittatore cileno, il Generale Augusto Pinochet Ugarte, il quale aveva ricevuto funerali religiosi, nonostante le sue responsabilità capitali nel rovesciamento della presidenza di Allende e nella repressione violenta dell’opposizione politica (per tacere della sua grave compromissione con l’imperialismo angloamericano e delle accuse di malversazione).

L’Arcivescovo di Santiago però non aveva evidentemente ritenuto scandalose le esequie di Pinochet, decisione confortata da una serie di fattori, non ultimo il sostegno di un’ampia parte dei cattolici cileni (nel 1988, il 44% degli elettori votò perché rimanesse in carica, e 60.000 persone sfilarono alla camera ardente, di contro a qualche migliaio di contro-manifestanti), e la decisione da parte dell’esecutivo (di centrosinistra) di concedergli comunque esequie militari solenni (anche se non funerali da Capo di Stato).

 

Naturalmente, questo non significa l’assoluzione (o, peggio, l’approvazione) delle sue colpe, ricordate comunque nell’omelia.

In generale, va detto che se guardiamo alla storia della Chiesa moderna (ossia negli ultimi due secoli), questa si è sempre distinta per la propria misericordia verso i cattolici defunti. Oltre a Pinochet, avevano ricevuto esequie religiose anche altri dittatori cattolici, come Ante Pavelic, Antonio Salazar e Francisco Franco.

 

Lo stesso però valse per monarchi e statisti, che avevano avuto in vita gravi contrasti politici con la Chiesa e il Papa, come Napoleone I, Cavour e Vittorio Emanuele II. Né allora era sorta alcuna polemica o scandalo al riguardo tra i fedeli. Ancora in Italia, funerali cattolici erano spettati a Pier Paolo Pasolini, cattolico ma comunista ed omosessuale praticante, così come ai militanti armati Mara Cagol, cofondatrice delle Brigate Rosse (caduta in combattimento nel 1975), e Peppe Dimitri, cofondatore di Terza Posizione (morto nel 2006).

 

Stante questi precedenti, può sembrare duro ed eccessivo arrivare a negare funerali cattolici ai mafiosi, tuttavia la questione ruota appunto attorno alla nozione di scandalo, ossia di esaltazione del peccato. Quando questo aspetto può risaltare agli occhi dei fedeli, e indurli all’errore e al peccato, allora ha senso che l’ordinario del luogo intervenga anche con misure di questa gravità, sia che si tratti di smentire ogni legittimità all’eutanasia e al suicidio, sia di combattere la cultura mafiosa, specie laddove essa si arroga ed usurpa ritualità religiose.

 

Fonte: Campari & De Maistre