Integralismo e nichilismo, stessa faccia stessa razza

Le drammatiche notizie quotidiane sulla guerra civile siriana, che vede ormai contrapposti da due anni il regime autoritario e laico di Bashar al-Assad e il variegato e contraddittorio fronte di opposizione – in cui hanno parte non trascurabile le frange più radicali dell’integralismo islamico sunnita – si arricchiscono di un clamoroso fenomeno che ora riguarda anche l’Italia: quello degli occidentali convertiti all’Islam che scelgono di arruolarsi nell’internazionale del terrore nota genericamente come Al Qaida.

Secondo alcune indiscrezioni non confermate ufficialmente, infatti, un ragazzo genovese,  Giuliano Ibrahim Delnevo, sarebbe morto in Siria dove combatteva al fianco di alcuni ceceni. Un episodio non isolato, visto che sono stati segnalati già centinaia di casi in altri paesi, compresa una donna, l’americana Nicole Lynn Mansfield.

 
Cosa spinge un giovane 23enne italiano come tanti ad abbracciare la causa dell’Islam più radicale – per capirci, quello dominante nelle monarchie assolute del Golfo Persico, alla base della “guerra santa” condotta dai seguaci di Osama Bin Laden – ed a decidere di andare a combattere e morire al fianco dei gruppi integralisti provenienti dagli angoli più disparati della galassia islamica?

E’ una scelta estrema e indubbiamente coraggiosa, considerando che da noi una delle cause principali di morte per gli under 30 sono gli incidenti stradali, spesso provocati dallo sballo a base di droghe e alcol dei sabati sera in discoteca.

 

Abbracciare una fede radicale in totale contrapposizione allo spirito dei tempi: ci verrebbe quasi la tentazione di considerarla una decisione controcorrente, se pensiamo al vacuo materialismo edonista che sembra essere ormai l’unico interesse di tanti giovani.

Ma poi ci viene in mente ciò che intellettuali come Franco Cardini, di certo non beceramente islamofobi, vanno spiegando dall’11 settembre in poi, sulla natura ideologica e sostanzialmente speculare dell’integralismo sunnita di stampo wahabita-salafita rispetto alle peggiori mire imperialistiche dell’Occidente.

 

Un Islam che si alimenta delle ingiustizie e dei soprusi di stampo occidentale, per propagandare la versione più retriva e oscurantista della religione di Maometto. Come ha scritto Marcello Veneziani nel suo saggio Contro i barbari, c’è una barbarie che si alimenta di fanatismo, cioè di una fede portata agli eccessi, disposta a sacrificare tutto e tutti; e una barbarie che si alimenta di nichilismo, ovvero di un’assenza di scopi disposta a vanificare tutto e tutti. In entrambe cresce il deserto, l’assenza di vita e di civiltà.

 

Ogni anno sono centinaia gli italiani che si convertono all’Islam. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che contraggono matrimoni misti, e quindi si potrebbe pensare a scelte di convenienza.

Ma il caso di Giuliano dimostra che c’è anche dell’altro: giovani più sensibili degli altri, che magari avvertono il vuoto esistenziale e il deserto di valori imperante nella società attuale.

 

Giovani che forse avrebbero fatto scelte diverse, se qualcuno gli avesse spiegato che c’è una fede più radicale di tutte le correnti jihadiste, una fede che non si fonda su un libro o su un credo politico-ideologico votato alla conquista e alla sottomissione degli infedeli, ma su una Persona che ha annunciato la salvezza fondata sull’Amore, la cui massima espressione è dare la vita per gli altri, e non toglierla.

 

Una fede che si sposa con la ragione ed è alla base del rispetto della dignità umana, negata dal fondamentalismo cieco per cui tanti occidentali assetati di Assoluto decidono di combattere e morire.

 

articolo pubblicato su Campari & De Maistre