Intervenire con decisione – di Riccardo Cascioli

Che tra i sacerdoti ci siano alcuni omosessuali non è una novità e non è questo il problema posto da don Dariusz Oko nell’intervista che pubblichiamo in Primo Piano. Nessuno vuole criminalizzare una tendenza sessuale né ergersi a giudice di coloro che – per debolezza o altro – peccano gravemente. Siamo i primi noi a dover chiedere perdono per i nostri peccati. Ma la Chiesa ha sempre distinto tra peccato – da condannare – e peccatore, da salvare.

 

Quello che invece è un grave problema per la Chiesa è il tentativo in atto di trasformare il peccato in dottrina, ed è quello che intende espressamente don Oko quando parla di omoeresia e di lobby gay. Che ci siano oggi diversi sacerdoti tranquilli nel conciliare la vocazione con il comportamento omosessuale è purtroppo emerso con chiarezza sia da indagini giornalistiche – vedi due anni fa il servizio di Panorama sulle notti brave dei preti gay a Roma – sia da recenti casi di cronaca. Ma certa tranquillità non può non mettere in discussione ciò che si insegna nei seminari, e alcuni piani pastorali per omosessuali approvati anche nelle diocesi italiane sono la prova che il pensiero omosessualista, che mette sullo stesso piano tendenze etero e omosessuali, si sta diffondendo anche nelle gerarchie.

 

L’aspetto però più inquietante della denuncia di don Oko è quello riguardante una vera e propria lobby gay, capace di condizionare pesantemente la vita della Chiesa, garantendo carriere ecclesiali e impunità ai preti omosessuali. Ecco come don Oko descrive nell’articolo originale pubblicato in Polonia quella che definisce anche una omomafia:

“Bisogna comprendere e cercare di rispettare nel miglior modo possibile i nostri fratelli omosessuali, come ogni persona umana. Essi molte volte provano con tutte le forze a resistere alle loro tentazioni, ed alcuni ci riescono anche, e vivono in modo onesto e perfino santo (…) Comunque sanno molto bene di rischiare lo smascheramento e il discredito, e perciò si supportano a vicenda. Formano dei gruppi informali, delle combriccole, e perfino una specie di mafia, cercando di dominare soprattutto i luoghi dove albergano potere e denaro. Una volta raggiunta una carica decisionale, cercano di appoggiare e di promuovere prima di tutto le persone dalla natura simile alla loro oppure almeno quelle di cui sono certi che non si opporranno mai per il loro debole carattere. In tal modo può avvenire che la Chiesa si trovi ad avere in posizioni direttive persone profondamente corrotte, persone molto lontane dal livello spirituale degno di una carica importante, persone false e particolarmente esposte ai ricatti degli avversari del cristianesimo (…)

 

Altre volte, quando un vicario tenta di difendere i giovani dalle molestie sessuali di un parroco è proprio lui, e non il parroco, ad essere richiamato all’ordine, vessato ed infine trasferito. Per aver svolto con coraggio il proprio dovere costui si ritrova a vivere esperienze dolorose. Succede che, con un’azione organizzata, egli venga ricattato, umiliato e diffamato sia nell’ambiente parrocchiale che sacerdotale. Inoltre, quando un prete o un frate subiscono loro stessi delle molestie sessuali da altri colleghi e superiori e cercano di chiedere aiuto e difesa ai livelli più alti, può accadere che incontrino un omosessuale ancora più importante”.

 

Don Oko cita anche casi concreti negli Stati Uniti, in Polonia e in Irlanda, ma è certo che il caso clamoroso in cui la lobby gay ha mostrato tutta la sua forza è nell’aver allontanato da sé le attenzioni a proposito dello scandalo pedofilia che ha sconvolto diversi episcopati. In realtà le ricerche fatte, soprattutto negli Usa, partendo dalle denunce per pedofilia, hanno messo in evidenza che in oltre l’80% dei casi non si tratta di vera pedofilia (abusi su bambini in età prepuberale) ma di efebofobia (abusi su adolescenti) che è una degenerazione dell’omosessualità. E’ questo dunque il vero problema che sta alla base degli abusi sui minori, ma è un argomento che sembra tabù nella Chiesa, grazie anche alla copertura dei principali mezzi di comunicazione che hanno tutto l’interesse a sfruttare gli scandali per mettere in discussione l’insegnamento della Chiesa sulla sessualità, compreso il celibato dei preti.

 

Pur senza cedere al complottismo e senza esagerare le dimensioni del fenomeno (è chiaro che la stragrande maggioranza dei sacerdoti vive in modo coerente la propria vocazione) è però venuto il momento di guardare in faccia la realtà e di affrontare il problema per quello che è, perché quando un insegnamento contrario al Magistero (soprattutto nel campo delle tendenze sessuali) mette radici nei seminari, vuol dire mettere a rischio intere generazioni di (futuri) sacerdoti.

 

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana