ISLAM/ Così i salafiti vogliono sfruttare la debolezza degli Usa

A pochi giorni dagli scontri e le violenze anti-americane scaturite a seguito della diffusione del film su Maometto considerato blasfemo, la tensione in Medio Oriente non accenna a diminuire. Dopo ore di assedio, forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella moschea al Fath di Tunisi per catturare lo sceicco salafita Abou Iyadh, ricercato da venerdì scorso per gli incidenti avvenuti presso l’ambasciata americana.

Lo sceicco, dopo aver lanciato un appello ai suoi seguaci a resistere a un imminente assalto della polizia, si sarebbe però dileguato facendo perdere le proprie tracce. Continuano intanto le proteste, dall’Afghanistan all’Indonesia, fino alle Filippine, dove bandiere americane e israeliane sono state date alla fiamme durante una manifestazione di protesta che ha visto scendere per le strade della città meridionale di Marawi oltre 3 mila musulmani. In Pakistan un manifestante è morto in uno scontro a fuoco con la polizia, mentre a Kabul una quarantina di poliziotti sono rimasti feriti negli scontri scoppiati vicino a una base americana. IlSussidiario.net fa il punto della situazione con Vincenzo Pace, docente di Sociologia della religione presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.

Professore, cosa può dirci dell’attuale situazione in Medio Oriente?

Si sta sostanzialmente giocando una partita politica tra gli islamisti andati al potere grazie al voto popolare e i movimenti più radicali, come i cosiddetti salafisti, che guardano con una certa preoccupazione il fatto che proprio questi partiti possano abbandonare uno dei principali punti della lotta politica che in questi anni ha insanguinato anche altri Paesi, vale a dire l’imposizione della legge coranica. I movimenti salafisti ritengono che non sia neanche necessario scrivere una nuova Costituzione, proprio perché considerano la democrazia un qualcosa importato dall’Occidente e che quindi va rifiutato alla radice. Resta però il fatto che questa partita politica interna, in atto sia in Egitto che in Tunisia, mostra chiaramente che tutti quei motivi che hanno spinto i diversi movimenti più o meno spontanei a detronizzare Ben Ali in Tunisia e Mubarak in Egitto sono ancora pienamente vivi e attuali, quindi è ancora difficile dire come la situazione potrà evolvere.

Oggi a Tunisi la polizia ha fatto irruzione in una moschea. Quali significati vede dietro un’azione del genere?

Tale gesto mostra chiaramente che in Tunisia si è giunti a un bivio cruciale. Il movimento della Rinascita, che attualmente detiene il potere, si sta mettendo alla prova lanciando un chiaro messaggio: la libertà è garantita a tutti i cittadini ma non ai salafisti che stanno mettendo in discussione l’attuale potere.

Qual è il principale obiettivo dei movimenti salafisti?

Questi gruppi non possono essere assimilati alla rete di al Qaeda però è evidente che qualche punto in comune esiste. I salafisti credono che sia possibile tornare a quel modello originario instaurato dal profeta Maometto nel lontano 623 in Arabia: vi è dunque una sorta di utopia che mira al riprestino di un Califfato islamico in epoca moderna ed è ovvio che all’interno di questa galassia salafita vi siano movimenti chiaramente molto più propensi alla lotta armata che alimentano forme di guerriglia sotterranea.

Come giudica il motivo delle rivolte, vale a dire il film su Maometto?

Ho sempre sostenuto che questo fosse solamente un pretesto e che dietro alla violenza ci fosse ben altro.

Si spieghi meglio.

Mancano poco più di 40 giorni alle elezioni presidenziali americane, quindi credo fermamente che dietro ogni rivolta vi sia qualcuno interessato a mettere in difficoltà la posizione di Obama, muovendosi dall’esterno. Probabilmente chi sta mettendo in atto questo piano crede che questo sia il momento propizio, visto che durante la campagna elettorale Obama non potrebbe mai prendere scelte troppo azzardate, come un’azione militare. Non a caso i movimenti di lotta armata legati sia ad al Qaeda che a nuove formazioni stanno agendo proprio in questo momento: anche loro hanno capito che è il momento opportuno per spostare gli equilibri sia interni che esterni.

Chi sta agendo principalmente contro Obama?

Tutti coloro che hanno interesse a dimostrare che il vero nemico è in realtà l’islam. Tutta la politica di Obama è stata impostata con l’obiettivo di comunicare che il nemico non è l’islam, ma i gruppi terroristici. Tale politica ha quindi incoraggiato quei movimenti che hanno permesso di far cadere le varie dittature e ha accettato di vedere al potere un partito chiaramente ispirato all’islam purché venissero garantite delle minime regole democratiche.

Cosa dobbiamo aspettarci dopo le rivolte dei giorni scorsi?

Gli scenari possibili sono essenzialmente due. Nel primo si può ipotizzare un islam che torna al potere ma senza violare i diritti fondamentali democratici e senza imporre a tutti la legge coranica, quindi sostanzialmente un modello di tipo ottomano. Nonostante vi sia dello scetticismo intorno a questa ipotesi, a mio giudizio questa nuova forma di compromesso tra Islam e democrazia creerebbe nuovi equilibri interessanti nel Mediterraneo e in Medio Oriente.

Il secondo scenario?

Nel secondo i gruppi più radicali salafisti riescono progressivamente a imporre il principio secondo cui la legge coranica è la fonte fondamentale del diritto, con tutte le disastrose conseguenze che ciò potrebbe provocare non solo in Egitto ma anche in Tunisia. Bisogna porre la massima attenzione a un’ipotesi del genere perché, se dovesse realizzarsi, è evidente che quelle società che con fatica hanno voluto liberarsi dalle dittature ripiomberebbero in regimi anche più severi e ingiusti. 
Claudio Perlini

Fonte: ilsussidiario.net