La storia edificante del “generale arruolato da Dio” in un libro scritto da un suo antico studente

ChitiLe Edizioni Ares presentano domani a Roma un libro scritto dal sen. Vincenzo Manca su Gianfranco Chiti, la cui vicenda umana fu talmente straordinaria sia per le sue imprese che per la sua testimonianza cristiana da essere stato avviato il processo ecclesiastico per la sua beatificazione. L’autore che ne ha steso la biografia ebbe la ventura di conoscerlo personalmente essendo stato un suo allievo e gli ha dedicato questo libro come tributo di riconoscenza per averlo avuto dapprima come docente di matematica e poi come direttore spirituale.

Gianfranco Chiti è nato il 6 maggio 1921 a Gignese (Verbania) da famiglia benestante – il padre Giovanni era un noto musicista – nel 1936 chiede di entrare a Roma nel Collegio Militare, frequentando dal 1939 l’Accademia Militare di Modena.

Fin dagli anni giovanili dà prova di una fede inossidabile in Dio e di una profonda devozione per la Madonna. Nel 1941 ha solo vent’anni, ma appena divenuto Sottotenente deve raggiungere il fronte jugoslavo. Impegnato dalla dura guerriglia imposta dalle forze slovene e croate, combatte con valore.

Nonostante resti ferito agli occhi da una granata, l’anno successivo si offre volontario per la campagna di Russia partecipandovi col grado di Tenente. L’esercito è allo stremo, mancano i rifornimenti, le vettovaglie… tutto.

In questo contesto il giovane ufficiale scrive pagine di eroismo e di grande umanità. Un compagno d’armi scrive di lui: «Chiunque si recava al suo caposaldo si ritrovava inspiegabilmente in tasca qualche sigaretta, due biscotti, un pezzo di carne o un tocco di marmellata».

Ricoverato per congelamento, i medici decidono di amputare un piede. Ma scappa dall’ospedale per non lasciare i suoi soldati e recupera miracolosamente l’uso dell’arto. Si registra nel frattempo anche un atto di insubordinazione per cui poteva esser passato per le armi.

Ricevuti in consegna dai tedeschi una ventina di partigiani russi (fra cui vecchi, donne e bambini) perché li passasse per le armi, spinge alla fuga i prigionieri che, all’inizio, non vogliono farlo, per il timore di essere fucilati alle spalle.

Compie altri atti di grande umanità. Soprattutto nella tragica ritirata, durante la quale salva dalla morte molti suoi soldati che, stanchi e senza forze, vogliono fermarsi sul ciglio della strada ed attendere la fine. Chiti li sprona ad andare avanti e quando qualcuno non è capace lo carica sulle sue spalle.

Torna a casa il 12 maggio 1943, portando sul petto una Medaglia d’Argento al Valor militare, che fu declassata in seguito dal Ministero della Difesa per aver militato nella Repubblica sociale italiana.

Ma anche questa sua militanza (a Roma prima, in Piemonte poi) è figlia di un soldato che rispetta le gerarchie e gli ordini dei superiori e che pensa che stando al suo posto di ufficiale potrà servire il suo Paese nel miglior modo a lui possibile. Questo periodo dolorosissimo della storia d’Italia, caratterizzato dalla guerra civile, è emblematico della propensione di Chiti a rispettare e, all’occorrenza, soccorrere il prossimo.

Ne dà prova una lunga serie di dichiarazioni «ufficiali» di persone salvate, per suo intervento, dalla prigionia e dalla morte per fucilazione. Fra questi numerosissimi partigiani, ma anche ebrei, come Giulio Segre e suo padre Giuseppe, che hanno lasciato testimonianze scritte raccolte nel volume.

Nonostante questi atti a Chiti, nell’immediato dopoguerra, non è risparmiato il Carcere, ma dopo pochi mesi, nel dicembre 1945 viene liberato e, dopo tre anni di insegnamento della Matematica nell’Istituto Giuseppe Calasanzio a Campi Salentina (Lecce), dove ebbe per studente anche il giovane Vincenzo Manca, reintegrato nell’Esercito porterà a termine quarant’anni di carriera militare.

Congedatosi nel maggio 1978, decide di abbracciare il saio francescano e il 12 settembre 1982 è ordinato sacerdote nella cattedrale di Rieti.

Dona tutti i suoi beni all’Ordine dei Cappuccini, facendosi povero tra i poveri. Inviato nel Convento San Crispino di Orvieto, si fa carico del suo restauro, a partire dal 1990.

Ed è qui, che attraverso una vita altrettanto operosa, umile e generosa, sempre al servizio di Dio e degli altri, padre Gianfranco Maria – questo il nome sceltosi da frate – si è conquistato quell’esercito di devoti e di figli spirituali che, costituitisi in Associazione, hanno chiesto a gran voce, con la benedizione dell’autorità della Chiesa di Orvieto e della Provincia dei Frati Cappuccini, l’apertura del procedimento di Beatificazione e Canonizzazione.

 
L’AUTORE

MancaVincenzo Ruggero Manca (Carmiano, Lecce, 1934) con il grado di Generale di Squadra Aerea è stato al vertice di una Direzione Generale del Ministero della Difesa. Già Comandante Generale delle Scuole dell’Aeronautica Militare, ha assunto il Comando della III Regione Aerea con sede a Bari. Lasciato il servizio attivo per raggiunti limiti d’età, nel 1996 è stato eletto Senatore della Repubblica. Per tutta la XIII Legislatura (1996-2001) è stato capo gruppo in Commissione «Difesa» e vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e sulle stragi. Ha scritto questo libro come tributo di riconoscenza al suo professore di Matematica e, in seguito, direttore spirituale.

 

L’EVENTO

23 maggio 2018, ore 17,30

c/o il Museo Storico dei Granatieri di Sardegna

Piazza Santa Croce in Gerusalemme 7 – Roma

Alla presentazione romana partecipano, con l’Autore, l’on. Gerardo Bianco, che ha prefato il volume, insieme con il Generale di Corpo di Armata Michele Corrado e fra’ Rinaldo Cordovani, padre Cappuccino e storico. Modera il Generale di Divisione Nicola Canarile. Sia Canarile sia Corrado, hanno conosciuto molto bene Gianfranco Chiti nella veste di ufficiali del Corpo dei Granatieri di Sardegna.

UFFICIO STAMPA: Riccardo Caniato: 02.29526156 (int. 202) – 333.3584110 – riccardo.caniato@ares.mi.it;
Alessandro Rivali: 02.29526156 (int. 204) – 349.3344541 – alessandro.rivali@ares.mi.it