L’audacia di Dio

«Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola “sacerdozio”».
(Benedetto XVI, Omelia nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, 11 giugno 2010)

Oramai sembra lo sport dei «liberi pensatori»: denunciare il marcio nella Chiesa, ché sarebbe solo presente lì.

Dimenticando (o fingendo di dimenticare) il male presente nel mondo, di cui anche loro sono collaboratori e complici conniventi. Certo tutti vorremmo la Chiesa bella e immacolata! E ci addolorano enormemente i suoi peccati, tanto che non possiamo scordare e non fare nostra la commossa domanda di perdono pronunciata da Giovanni Paolo II.

Ho appena letto e commentato in una catechesi ai miei parrocchiani la visione di Apocalisse 12: se in primo piano c’è la guerra che Satana, il Dragone, fa contro la «Donna», che evoca la Chiesa e insieme Maria SS., è pur vero che il racconto si conclude con la annotazione che la bestia, sconfitta, se ne sta alla riva del mare. Evocando così la continua possibilità di influire sul comportamento dei credenti.

La dottrina cristiana è sempre stata antiperfettista: non ha mai avuto l’atteggiamento moralistico delle ideologie che, annunciando una fine della storia in seguito al loro programma rivoluzionario, avrebbero dato inizio ad un’era di «magnifiche sorti e progressive». In questa visione, gli errori sarebbero solo segno di boicottaggio, e quindi da castigare esemplarmente. Illuminanti le pagine di Voegelin, sull’utopia di un mondo perfetto. Da studiare con passione, e da imparare.

Certo il male presente addolora, soprattutto se vissuto vicino a chi è portatore nel mondo di una autentica speranza per tutti. Ma il male si vince con la preghiera e il pentimento, non con i programmi illusoriamente moralisti di chi gongola del male altrui, bella scusa per non curarsi del proprio. Il «proprio» ha vari nomi: dall’aborto considerato «conquista di libertà», all’eutanasia ritenuta «ultimo gesto d’amore», all’omosessualità come forma creativa di sessualità personale, alla distruzione della famiglia «tradizionale», alla rinuncia alla dignità personale. Per non parlare dello statalismo in politica e della educazione come indottrinamento…

C’è tra noi chi ci può aiutare nella riscossa umana necessaria e improrogabile: è il successore di Pietro, oggi Benedetto XVI, che instancabilmente ci allarga la mente e il cuore perché quanto il Signore Gesù ha portato diventi esperienza per tutti.

Ma il Papa va ascoltato, seguito, «imparato»! Sconcerta, dunque, vedere che chi lo ha sempre osteggiato e denigrato oggi si fa paladino della sua figura, non per seguirne i criteri e viverne l’insegnamento, ma per ricondurlo a quegli schemi ideologici che ne sviliscono la testimonianza. Sui giornali di questi ultimi giorni si leggono commenti e glosse su un pontificato che sarebbe osteggiato dalla «destra conservatrice», e salvato dai cosiddetti «progressisti». Peccato che non si comprenda che sono proprio questi schemi stantii e obsoleti a impedire, a congelare, a sterilizzare l’ altissimo magistero di fronte al quale il popolo cristiano ha oggi la Grazia di trovarsi.

Rimettiamoci con umiltà alla scuola di Benedetto. Non facciamo l’opera di Procuste, tirando da una parte o dall’altra quello che ci viene insegnato. Il Papa non è “una parte”. In lui sta la pienezza del mandato apostolico. E lasciamo ai vari Melloni, Küng e compagnia gli arzigogoli di un pensiero che non si lascia interpellare, ma che vuole ingabbiare tutto in un abbraccio mortale. Soprattutto ricominciamo dal Catechismo della Chiesa cattolica e dalla carità: quella carità che la drammaticità della situazione ha sempre indicato come segno distintivo del cristianesimo (penso ai problemi legati al lavoro e al terremoto, in primis, ma anche alla solitudine di tanti uomini e donne, giovani e anziani che sono tra noi, fianco a fianco…).

L’alternativa è quell’odio che da tante parti si vede crescere: l’odio di coloro che, sapendo già tutto, sono convinti che il male è sempre e solo dall’altra parte.

Don Gabriele Mangiarotti

Fonte: Cultura Cattolica