“Laudato sì”, com’è nato il “Cantico delle creature”

S. FrancescoLe fonti francescane raccontano che nel Cantico di Frate Sole il versetto sul perdono fu inserito successivamente alla prima stesura: poiché tra il vescovo di Assisi Guido e il podestà Oportulo era nato un violento dissidio, san Francesco mandò i frati a cantare la sua laude davanti ai due contendenti aggiungendo la nota su chi è capace di perdonare. I due, capita la lezione, sugellarono con un abbraccio la ritrovata pace cittadina. I destinatari dell’enciclica “green” di papa Francesco intitolata – con chiara ispirazione al capolavoro del poverello di Assisi – “Laudato si’”, sapranno cogliere allo stesso modo il messaggio e correre ai ripari per quanto riguarda la tutela dell’ambiente?

E’ l’auspicio di Carlo Paolazzi, frate minore, autore di numerosi studi e pubblicazioni sulle Fonti francescane e, da ultimo, di “Il cantico di frate sole” (Edizioni Porziuncola), un testo di cui spiega ad Aleteia struttura e significati.
 
La grande lode del Cantico delle creature nasce, in realtà, nella sofferenza: è così?

Paolazzi: Francesco ha composto il cantico nella primavera del 1225, quando aveva già ricevuto le stigmate e soffriva per tanti dolori. Fu in quello strato di prostrazione che pregò il Signore perché gli venisse in aiuto e il Signore gli rispose: “Se tutte le tue sofferenze portassero a un premio straordinario non loderesti Dio?”. Il santo capì allora che nel cuore della sofferenza c’è un mistero di grazia che si rivelerà un giorno nel Cielo e per esprimere la gioia della scoperta invitò tutte le creature ad unirsi a lui nella lode per il Creatore. Partendo dalla consapevolezza che nessun uomo è degno di “Te mentovare”, di lodare Dio Altissimo, onnipotente e buono.
 
Cosa evidenzia la struttura del Cantico?

Paolazzi: Si tratta di un testo lungamente meditato. Francesco invita dapprima le creature celesti – il sole, la luna e le stelle – a lodare il Creatore; poi invita i quattro elementi del mondo sub-lunare: vento e aria, acqua, fuoco e terra. Da notare che Francesco elenca le creature prima in relazione alla funzione che svolgono nel creato: “laudato sì, per messor lo frate Sole, lo qual è iorno et allumini noi per lui”. La terra non è solo nostra sorella ma anche madre, perché “ne sustenta e governa”, cioè offre nutrimento a noi uomini e “governa” gli animali.  Anche da noi in Trentino, “guernar” significa dar da mangiare agli animali. In un primo tempo il cantico doveva terminare con la lode dell’uomo sofferente, quello che “sostengo infirmitate e tribulazione”. Il versetto sul perdono, secondo fonti attendibili, è stato inserito quando il vescovo di Assisi e il podestà sono entrati in lite: Francesco ha chiesto che si incontrassero e ha mandato i suoi frati a cantare il Cantico inserendo la lode di coloro che “perdonano per lo Tuo amore”. Anche il versetto sulla “sora nostra morte corporale” è stato aggiunto nell’estate-autunno del 1226 quando al santo è stato detto che aveva pochi giorni di vita: “Ben venga sorella morte”, esclamò, perchè tornava alla casa del Padre.
 
San Francesco aveva composto anche la musica?

Paolazzi: Sì e il codice assisano n. 338 – il più antico codice che contiene il cantico – mostra che il copista ha inserito la riga per la musica ma si è dimenticato di mettere le note. La musica così è andata perduta, anche se in seguito sono stati molti a comporre delle belle musiche che rispecchiano la bellezza formale del cantico.
 
Lodare Dio è un modo per ringraziarlo di quanto ha donato?

Paolazzi: L’atteggiamento di lode in Francesco è legato alla “restituzione”: tutto il bene e il bello, tutto ciò che esiste, viene da Dio e tutto deve essere restituito a Lui attraverso la lode, riconoscendo che è un suo dono. Anche tutto ciò che appartiene alla persona deve essere restituito al Signore vivendo i grandi comandamenti dell’amore: verso Dio e verso il prossimo.
 
Perché lei scrive che quello del Cantico è “il messaggio più inatteso e inascoltato dell’intera cultura religiosa dell’Occidente cristiano?

Paolazzi: Francesco invita a tornare alla “santa obbedienza”, senza bramosia di possesso, volendo mettere in evidenza come l’uomo deve preoccuparsi di vivere in equilibrio con il Creato, senza sfruttarlo solo per nutrirsi o arricchirsi. Allora era in anticipo sui tempi, ma oggi le grandi potenze mondiali sono chiamate nei summit internazionali a prendere provvedimenti per cercare di arginare i danni provocati all’ambiente che potrebbero portare alla catastrofe ecologica. Prima o poi speriamo che la sua lezione venga recepita e trasformata in atteggiamenti concreti di rispetto: come faceva lui che cercava di non calpestare nemmeno i vermi sul sentiero…
 
Papa Francesco ha intitolato l’enciclica sui temi dell’ambiente “Laudato si’”: un titolo così qualcosa vorrà dire…

Paolazzi: San Francesco è entrato come ispiratore di questo pontificato sin dall’inizio. Papa Bergoglio stesso ha spiegato le ragioni della scelta del nome in relazione all’opzione preferenziale per i poveri. Lo stesso vale per l’attenzione al Creato che riguarda l’ufficio del pontefice non solo come pastore della Chiesa ma anche come punto di riferimento per l’umanità. Vale, infine, per i ripetuti appelli alla pace, in un mondo in cui continuamente si riaccendono conflitti. L’umanità non ha ancora imparato la lezione di Francesco: fare pace tra gli uomini e con la Creazione.

 

Fonte: Aleteia