Marialis cultus – Esortazione apostolica di Sua Santità Paolo PP. VI

La riflessione della Chiesa contemporanea sul mistero del Cristo e sulla sua propria natura l’ha condotta a trovare, alla radice del primo e a coronamento della seconda, la stessa figura di Donna: la Vergine Maria, Madre appunto di Cristo e Madre della Chiesa.

Così la nostra epoca, nel fedele ascolto della tradizione e nell’attenta considerazione dei progressi della teologia e delle scienze, offrirà il suo contributo di lode a colei che, secondo le sue stesse profetiche parole, tutte le generazioni chiameranno beata (cfr Lc 1,48).

 Vorremmo, pertanto, soffermarCi su alcune questioni che riguardano i rapporti tra la sacra Liturgia e il culto della Vergine (I); proporre considerazioni e direttive atte a favorire il legittimo sviluppo di questo culto (II); suggerire, infine, alcune riflessioni per una ripresa vigorosa e più consapevole della recita del Santo Rosario, la cui pratica è stata insistentemente raccomandata dai Nostri Predecessori ed è tanto diffusa tra il popolo cristiano (III).

 

 I. IL CULTO DELLA VERGINE MARIA NELLA LITURGIA

 

1. Accingendoci a trattare del posto che la Vergine Maria occupa nel culto cristiano, dobbiamo in primo luogo rivolgere la Nostra attenzione alla sacra Liturgia; essa, infatti, oltre un ricco contenuto dottrinale, possiede un’incomparabile efficacia pastorale e ha un riconosciuto valore esemplare per le altre forme di culto. Avremmo voluto considerare le varie Liturgie dell’Oriente e dell’Occidente, ma, in ordine allo scopo di questo documento, guarderemo quasi esclusivamente ai libri del rito Romano: esso solo è stato oggetto, in seguito alle norme pratiche impartite dal Concilio Vaticano II,9 di un profondo rinnovamento anche per quanto attiene alle espressioni di venerazione a Maria e richiede, pertanto, di essere attentamente considerato e valutato.

 

A. La Vergine nella restaurata Liturgia Romana

 

2. La riforma della Liturgia Romana presupponeva un accurato restauro del suo Calendario Generale. Esso, ordinato a disporre con il dovuto rilievo, in determinati giorni, la celebrazione dell’opera della salvezza distribuendo lungo il corso dell’anno l’intero mistero del Cristo, dall’Incarnazione fino all’attesa del suo glorioso ritorno,10 ha permesso di inserire in modo più organico e con un legame più stretto la memoria della Madre nel ciclo annuale dei misteri del Figlio.

 

3. Così, nel tempo di Avvento, la Liturgia, oltre che in occasione della solennità dell’8 dicembre –celebrazione congiunta della Concezione immacolata di Maria, della preparazione radicale (cfr Is 11,1. 10) alla venuta del Salvatore, e del felice esordio della Chiesa senza macchia e senza ruga11 –, ricorda frequentemente la beata Vergine soprattutto nelle ferie dal 17 al 24 dicembre e, segnatamente, nella domenica che precede il Natale, nella quale fa risuonare antiche voci profetiche sulla Vergine Maria e sul Messia12 e legge episodi evangelici relativi alla nascita imminente del Cristo e del suo Precursore.13

 

4. In tal modo i fedeli, che vivono con la Liturgia lo spirito dell’Avvento, considerando l’ineffabile amore con cui la Vergine Madre attese il Figlio,14 sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi per andare incontro al Salvatore che viene, vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode.15 Vogliamo, inoltre, osservare come la Liturgia dell’Avvento, congiungendo l’attesa messianica e quella del glorioso ritorno di Cristo con l’ammirata memoria della Madre, presenti un felice equilibrio cultuale, che può essere assunto quale norma per impedire ogni tendenza a distaccare – come è accaduto talora in alcune forme di pietà popolare – il culto della Vergine dal suo necessario punto di riferimento, che è Cristo; e faccia sì che questo periodo – come hanno osservato i cultori della Liturgia – debba esser considerato un tempo particolarmente adatto per il culto alla Madre del Signore: tale orientamento Noi confermiamo, auspicando di vederlo dappertutto accolto e seguito.

 

5. Il tempo di Natale costituisce una prolungata memoria della maternità divina, verginale, salvifica, di colei la cui illibata verginità diede al mondo il Salvatore:16 infatti, nella solennità del Natale del Signore, la Chiesa, mentre adora il Salvatore, ne venera la Madre gloriosa; nella Epifania del Signore, mentre celebra la vocazione universale alla salvezza, contempla la Vergine come vera Sede della Sapienza e vera Madre del Re, la quale presenta all’adorazione dei Magi il Redentore di tutte le genti (cfr Mt 2,11); e nella Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (domenica fra l’ottava di Natale) riguarda con profonda riverenza la santa vita che conducono nella casa di Nazaret Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, Maria, sua Madre, e Giuseppe, uomo giusto (cfr Mt 1,19).

 

Nel ricomposto ordinamento del periodo natalizio Ci sembra che la comune attenzione debba essere rivolta alla ripristinata solennità di Maria Ss. Madre di Dio; essa, collocata secondo l’antico suggerimento della Liturgia dell’Urbe al primo giorno di gennaio, è destinata a celebrare la parte avuta da Maria in questo mistero di salvezza e ad esaltare la singolare dignità che ne deriva per la Madre santa… per mezzo della quale abbiamo ricevuto… l’Autore della vita;17 ed è, altresì, un’occasione propizia per rinnovare l’adorazione al neonato Principe della Pace, per riascoltare il lieto annuncio angelico (cfr Lc 2,14), per implorare da Dio, mediatrice la Regina della Pace, il dono supremo della pace. Per questo, nella felice coincidenza dell’Ottava di Natale con il giorno augurale del primo gennaio, abbiamo istituito la Giornata mondiale della pace, che raccoglie crescenti adesioni e matura già nel cuore di molti uomini frutti di Pace.

 6. Alle due solennità già ricordate, della Concezione immacolata e della Maternità divina, sono da aggiungere le antiche e venerande celebrazioni del 25 marzo e del 15 agosto.

 Per la solennità dell’Incarnazione del Verbo, nel Calendario Romano, con motivata risoluzione, è stata ripristinata l’antica denominazione di Annunciazione del Signore, ma la celebrazione era ed è festa congiunta di Cristo e della Vergine: del Verbo che si fa figlio di Maria (Mc 6,3), e della Vergine che diviene Madre di Dio. Relativamente a Cristo l’Oriente e l’Occidente, nelle inesauribili ricchezze delle loro Liturgie, celebrano tale solennità come memoria del fiat salvifico del Verbo Incarnato, che entrando nel mondo disse: Ecco, io vengo (…) per fare, o Dio, la tua volontà (cfr Eb 10,7; Sal 39,8-9); come commemorazione dell’inizio della redenzione e dell’indissolubile e sponsale unione della natura divina con la natura umana nell’unica Persona del Verbo. Relativamente a Maria, come festa della nuova Eva, vergine obbediente e fedele, che con il suo fiat generoso (cfr Lc 1,38) divenne, per opera dello Spirito, Madre di Dio, ma anche vera Madre dei viventi e, accogliendo nel suo grembo l’unico Mediatore (cfr 1Tm 2,5), vera Arca dell’Alleanza e vero tempio di Dio; come memoria di un momento culminante del dialogo di salvezza tra Dio e l’uomo, e commemorazione del libero consenso della Vergine e del suo concorso al piano della redenzione.

 

La solennità del 15 agosto celebra la gloriosa Assunzione di Maria al cielo; è, questa, la festa del suo destino di pienezza e di beatitudine, della glorificazione della sua anima immacolata e del suo corpo verginale, della sua perfetta configurazione a Cristo risorto; una festa che propone alla Chiesa e all’umanità l’immagine e il consolante documento dell’avverarsi della speranza finale: che tale piena glorificazione è il destino di quanti Cristo ha fatto fratelli, avendo con loro in comune il sangue e la carne (Eb 2,14; cfr Gal 4,4). La solennità dell’Assunzione ha un prolungamento festoso nella celebrazione della beata Maria Vergine Regina, che ricorre otto giorni dopo, nella quale si contempla colei che, assisa accanto al Re dei secoli, splende come Regina e intercede come Madre.18 Quattro solennità, dunque, che puntualizzano con il massimo grado liturgico le principali verità dogmatiche concernenti l’umile Ancella del Signore.

 

7. Dopo queste solennità si devono considerare, soprattutto, quelle celebrazioni che commemorano eventi salvifici, in cui la Vergine fu strettamente associata al Figlio, quali le feste della Natività di Maria (8 sett.), speranza e aurora di salvezza al mondo intero;19 della Visitazione (31 maggio), in cui la Liturgia ricorda la Beata Vergine Maria (…), che porta in grembo il Figlio,20 e che si reca da Elisabetta per porgerle l’aiuto della sua carità e proclamare la misericordia di Dio Salvatore;21 oppure la memoria della Vergine Addolorata (15 sett.), occasione propizia per rivivere un momento decisivo della storia della salvezza e per venerare la Madre associata alla passione del Figlio e vicina a lui innalzato sulla croce.22

 

Anche la festa del 2 febbraio, a cui è stata restituita la denominazione di Presentazione del Signore, deve essere considerata, perché sia pienamente colta tutta l’ampiezza del suo contenuto, come memoria congiunta del Figlio e della Madre, cioè celebrazione di un mistero di salvezza operato da Cristo, a cui la Vergine fu intimamente unita quale Madre del Servo sofferente di Iahvè, quale esecutrice di una missione spettante all’antico Israele e quale modello del nuovo Popolo di Dio, costantemente provato nella fede e nella speranza da sofferenze e persecuzioni (cfr Lc 2,21-35).

 

8. Se il restaurato Calendario Romano mette in risalto soprattutto le celebrazioni sopra ricordate, esso tuttavia annovera altri tipi di memorie o di feste, legate a ragioni di culto locale e che hanno acquistato un più vasto ambito e un interesse più vivo (11 febb.: Beata Vergine Maria di Lourdes; 5 agosto: Dedicazione della basilica di Santa Maria Maggiore); altre, celebrate originariamente da particolari famiglie religiose, ma che oggi, per la diffusione raggiunta, possono dirsi veramente ecclesiali (16 luglio: Beata Vergine Maria del Monte Carmelo; 7 ott.: Beata Vergine Maria del Rosario); altre ancora che, al di là del dato apocrifo, propongono contenuti di alto valore esemplare e continuano venerabili tradizioni, radicate soprattutto in Oriente (21 nov.: Presentazione della Beata Vergine Maria), o esprimono orientamenti emersi nella pietà contemporanea (sabato dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù: Cuore immacolato della Beata Vergine Maria).

 

9. Né si deve dimenticare che il Calendario Romano non registra tutte le celebrazioni di contenuto mariano: che ai Calendari particolari spetta accogliere, con fedeltà alle norme liturgiche, ma anche con cordiale adesione, le feste mariane proprie delle varie Chiese locali. E resta da accennare alla possibilità di una frequente commemorazione liturgica della Vergine con il ricorso alla Memoria di santa Maria in Sabato: memoria antica e discreta, che la flessibilità dell’attuale Calendario e la molteplicità di formulari del Messale rendono sommamente agevole e varia.

 

10. Non intendiamo in questa Esortazione Apostolica considerare tutto il contenuto del nuovo Messale Romano, ma nel quadro della valutazione che ci siamo prefissi di compiere circa i libri restaurati del rito Romano,23 desideriamo illustrarne alcuni aspetti e temi. E amiamo, anzitutto, rilevare come le Preci Eucaristiche del Messale, in ammirabile convergenza con le Liturgie orientali,24 contengono una significativa memoria della Beata Vergine Maria. Così il vetusto Canone Romano, che commemora la Madre del Signore in termini densi di dottrina e di afflato cultuale: In comunione con tutta la Chiesa, ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo; così la recente Prece Eucaristica III, che esprime con intensa supplica il desiderio degli oranti di condividere con la Madre l’eredità di figli: Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te (Padre) gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria Vergine e Madre di Dio. Tale memoria quotidiana, per la sua collocazione nel cuore del divin Sacrificio, deve essere ritenuta forma particolarmente espressiva del culto che la Chiesa rende alla Benedetta dall’Altissimo (cfr Lc 1,28).

 

11. Percorrendo poi i testi del Messale restaurato, vediamo come i grandi temi mariani dell’eucologia Romana – il tema della concezione immacolata e della pienezza di grazia, della maternità divina, della verginità integerrima e feconda, del tempio dello Spirito Santo, della cooperazione all’opera del Figlio, della santità esemplare, dell’intercessione misericordiosa, dell’assunzione al cielo, della regalità materna e altri ancora – siano stati accolti in perfetta continuità dottrinale con il passato, e come altri temi, nuovi in un certo senso, siano stati introdotti con altrettanta perfetta aderenza agli sviluppi teologici del nostro tempo. Così, ad esempio, il tema Maria-Chiesa è stato introdotto nei testi del Messale con varietà di aspetti, come vari e molteplici sono i rapporti che intercorrono tra la Madre di Cristo e la Chiesa. Tali testi, infatti, nella Concezione immacolata della Vergine ravvisano l’esordio della Chiesa, sposa senza macchia di Cristo;25 nell’Assunzione riconoscono l’inizio già compiuto e l’immagine di ciò che, per la Chiesa tutta quanta, deve compiersi ancora;26 nel mistero della maternità la confessano madre del Capo e delle membra: santa Madre di Dio, dunque, e provvida Madre della Chiesa.27

 

Quando poi la Liturgia rivolge il suo sguardo sia alla Chiesa primitiva che a quella contemporanea, ritrova puntualmente Maria: là, come presenza orante insieme con gli Apostoli;28 qui come presenza operante insieme con la quale la Chiesa vuol vivere il mistero di Cristo: …fa’ che la tua santa Chiesa, associata con lei (Maria) alla passione del Cristo, partecipi alla gloria della risurrezione;29 e come voce di lode insieme con la quale vuole glorificare Dio: …per magnificare con lei (Maria) il tuo santo nome;30 e, poiché la Liturgia è culto che richiede una condotta coerente di vita, essa supplica di tradurre il culto alla Vergine in concreto e sofferto amore per la Chiesa, come mirabilmente propone l’orazione dopo la Comunione del 15 settembre: …perché, nella memoria della beata Vergine addolorata, completiamo in noi, per la santa Chiesa, ciò che manca alla passione di Cristo.

 

12. Il Lezionario della Messa è uno dei libri del rito Romano che ha molto beneficiato della riforma post-conciliare, sia per il numero dei testi aggiunti sia per il loro valore intrinseco: si tratta, infatti, di testi contenenti la parola di Dio, sempre viva ed efficace (cfr Eb 4,12). Questa grande abbondanza di letture bibliche ha consentito di esporre in un ordinato ciclo triennale l’intera storia della salvezza e di proporre con maggiore completezza il mistero del Cristo. Ne è risultato, come logica conseguenza, che il Lezionario contiene un numero maggiore di letture vetero- e neo-testamentarie riguardanti la Beata Vergine; aumento numerico non disgiunto, tuttavia, da una critica serena, poiché sono state accolte unicamente quelle letture che, o per l’evidenza del loro contesto o per le indicazioni di una attenta esegesi, confortata dagli insegnamenti del Magistero o da una solida tradizione, possono ritenersi, sia pure in modo e in grado diverso, di carattere mariano. Conviene osservare, inoltre, che queste letture non solo ricorrono in occasione delle feste della Vergine, ma vengono proclamate in molte altre circostanze: in alcune domeniche dell’anno liturgico,31 nella celebrazione di riti che toccano profondamente la vita sacramentale del cristiano e le sue scelte,32 nonché nelle circostanze liete o penose della sua esistenza.33

 

13. Anche il restaurato Libro dell’ufficio di lode, cioè la Liturgia delle Ore, contiene eccellenti testimonianze di pietà verso la Madre del Signore: nelle composizioni innodiche, tra cui non mancano alcuni capolavori della letteratura universale, quale la sublime preghiera di Dante Alighieri alla Vergine;34 nelle antifone che suggellano l’ufficiatura quotidiana, implorazioni liriche, cui è stato aggiunto il celebre tropario In te sola troviamo rifugio, venerando per antichità, mirabile per contenuto; nelle intercessioni delle Lodi e del Vespro, in cui non è infrequente il fiducioso ricorso alla Madre della misericordia; nella vastissima selezione di pagine mariane, dovute ad autori vissuti nei primi secoli del cristianesimo, nel medioevo e nell’età moderna.

 

14. Se nel Messale, nel Lezionario e nella Liturgia delle Ore, cardini della preghiera liturgica Romana, la memoria della Vergine ritorna con ritmo frequente, anche negli altri libri liturgici restaurati non mancano espressioni di amore e di supplice venerazione verso la Madre di Dio: così la Chiesa invoca lei, Madre della grazia, prima di immergere i candidati nelle acque salutari del Battesimo;35 implora la sua intercessione per le madri che, riconoscenti per il dono della maternità, si recano liete al tempio;36 lei addita come esempio ai suoi membri che abbracciano la sequela di Cristo nella vita religiosa,37 o ricevono la consacrazione verginale,38 e per essi chiede il suo soccorso materno;39 a lei rivolge istante supplica per i figli che sono giunti all’ora del transito;40 richiede il suo intervento per coloro che, chiusi gli occhi alla luce temporale, sono comparsi dinanzi a Cristo, luce eterna,41 ed invoca conforto, per la sua intercessione, su coloro che, immersi nel dolore, piangono con fede la dipartita dei propri cari.42

 

15. L’esame compiuto sui libri liturgici restaurati porta, dunque, ad una confortante constatazione: la riforma postconciliare, come già era nei voti del Movimento Liturgico, ha considerato con adeguata prospettiva la Vergine nel mistero di Cristo e, in armonia con la tradizione, le ha riconosciuto il posto singolare che le compete nel culto cristiano, quale santa Madre di Dio e alma cooperatrice del Redentore.

 

Né poteva essere altrimenti. Ripercorrendo, infatti, la storia del culto cristiano, si nota che sia in Oriente, sia in Occidente le espressioni più alte e più limpide della pietà verso la Beata Vergine sono fiorite nell’ambito della Liturgia o in essa sono state incorporate.

 

Desideriamo sottolinearlo: il culto che oggi la Chiesa universale rende alla santa Madre di Dio è derivazione, prolungamento e accrescimento incessante del culto che la Chiesa di ogni tempo le ha tributato con scrupoloso studio della verità e con sempre vigile nobiltà di forme. Dalla tradizione perenne, viva per la presenza ininterrotta dello Spirito e per l’ascolto continuo della Parola, la Chiesa del nostro tempo trae motivazioni, argomenti e stimolo per il culto che essa rende alla Beata Vergine. E di tale viva tradizione la Liturgia, che dal Magistero riceve conferma e forza, è espressione altissima e probante documento.

 

B. La Vergine modello della Chiesa nell’esercizio del culto

 

16. Vogliamo ora, seguendo alcune indicazioni della dottrina conciliare su Maria e la Chiesa, approfondire un aspetto particolare dei rapporti intercorrenti tra Maria e la Liturgia, vale a dire: Maria quale modello dell’atteggiamento spirituale con cui la Chiesa celebra e vive i divini misteri. L’esemplarità della Beata Vergine in questo campo deriva dal fatto che ella è riconosciuta eccellentissimo modello della Chiesa nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo,43 cioè di quella disposizione interiore con cui la Chiesa, sposa amatissima, strettamente associata al suo Signore, lo invoca e, per mezzo di lui, rende il culto all’eterno Padre.44

 

17. Maria è la Vergine in ascolto, che accoglie la parola di Dio con fede; e questa fu per lei premessa e via alla maternità divina, poiché, come intuì sant’Agostino, la beata Maria colui (Gesù) che partorì credendo, credendo concepì.45 Infatti, ricevuta dall’Angelo la risposta al suo dubbio (cfr Lc 1,34-37) essa, piena di fede e concependo il Cristo prima nella sua mente che nel suo grembo, Ecco – disse – la serva del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola (Lc 1,38);46 fede, che fu per lei causa di beatitudine e certezza circa l’adempimento della promessa: E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore (Lc 1,45); fede con la quale ella, protagonista e testimone singolare della Incarnazione, ritornava sugli avvenimenti dell’infanzia di Cristo, raffrontandoli tra loro nell’intimo del suo cuore (cfr Lc 2,19. 51). Questo fa anche la Chiesa, la quale, soprattutto nella sacra Liturgia, con fede ascolta, accoglie, proclama, venera la parola di Dio, la dispensa ai fedeli come pane di vita47 e alla sua luce scruta i segni dei tempi, interpreta e vive gli eventi della storia.

 

18. Maria è, altresì, la Vergine in preghiera. Così essa appare nella Visita alla madre del Precursore, in cui effonde il suo spirito in espressioni di glorificazione a Dio, di umiltà, di fede, di speranza: tale è il cantico L’anima mia magnifica il Signore (cfr Lc 1,46-55), la preghiera per eccellenza di Maria, il canto dei tempi messianici nel quale confluiscono l’esultanza dell’antico e del nuovo Israele, poiché – come sembra suggerire sant’Ireneo – nel cantico di Maria confluì il tripudio di Abramo che presentiva il Messia (cfr Gv 8,56)48 e risuonò, profeticamente anticipata, la voce della Chiesa: Nella sua esultanza Maria proclamava profeticamente a nome della Chiesa: L’anima mia magnifica il Signore.49 Infatti, il cantico della Vergine, dilatandosi, è divenuto preghiera di tutta la Chiesa in tutti i tempi.

 

Vergine in preghiera appare Maria a Cana dove, manifestando al Figlio con delicata implorazione una necessità temporale, ottiene anche un effetto di grazia: che Gesù, compiendo il primo dei suoi «segni», confermi i discepoli nella fede in lui (cfrGv 2,1-12).

 

Anche l’ultimo tratto biografico su Maria ce la presenta Vergine orante. Infatti gli Apostoli erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui (At 1,14): presenza orante di Maria nella Chiesa nascente e nella Chiesa di ogni tempo, poiché ella, assunta in cielo, non ha deposto la sua missione di intercessione e di salvezza.50 Vergine in preghiera è anche la Chiesa, che ogni giorno presenta al Padre le necessità dei suoi figli, loda il Signore incessantemente e intercede per la salvezza del mondo.51

 

19. Maria è, ancora, la Vergine madre, cioè colei che per la sua fede e obbedienza generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre, senza contatto con uomo, ma adombrata dallo Spirito Santo:52 prodigiosa maternità, costituita da Dio quale tipo e modello della fecondità della Vergine- Chiesa, la quale diventa anche essa madre, poiché con la predicazione e il Battesimo genera a vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio.53 Giustamente gli antichi padri insegnavano che la Chiesa prolunga nel Sacramento del Battesimo la maternità verginale di Maria. Tra le loro testimonianze ci piace ricordare quella del Nostro illustre Predecessore san Leone Magno, il quale in una omelia natalizia afferma: L’origine che (Cristo) ha preso nel grembo della Vergine, l’ha posta nel fonte battesimale; ha dato all’acqua quel che aveva dato alla Madre; difatti, la virtù dell’Altissimo e l’adombramento dello Spirito Santo (cfr Lc 1,35), che fece sì che Maria desse alla luce il Salvatore, fa anche sì che l’acqua rigeneri il credente.54 Volendo attingere alle fonti liturgiche, potremmo citare la bella Conclusione della Liturgia ispanica: Quella (Maria) portò la Vita nel grembo, questa (la Chiesa) la porta nell’onda battesimale. Nelle membra di lei fu plasmato il Cristo, nelle acque di costei fu rivestito il Cristo.55

 

20. Maria è, infine, la Vergine offerente Nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio (cfr Lc 2,22- 35), la Chiesa, guidata dallo Spirito, ha scorto, al di là dell’adempimento delle leggi riguardanti l’oblazione del primogenito (cfr Es 13,11-16) e la purificazione della madre (cfr Lv 12,6-8), un mistero salvifico, relativo appunto alla storia della salvezza: ha rilevato, cioè, la continuità dell’offerta fondamentale che il Verbo incarnato fece al Padre, entrando nel mondo (cfr Eb 10,5-7); ha visto proclamata l’universalità della salvezza poiché Simeone, salutando nel Bambino la luce per illuminare le genti e la gloria di Israele (cfr Lc 2,32), riconosceva in lui il Messia, il Salvatore di tutti; ha inteso il riferimento profetico alla Passione di Cristo: che le parole di Simeone, le quali congiungevano in un unico vaticinio il Figlio segno di contraddizione (Lc 2,34) e la Madre, a cui la spada avrebbe trafitto l’anima (cfr Lc 2,35), si avverarono sul Calvario. Mistero di salvezza, dunque, che nei suoi vari aspetti orienta l’episodio della presentazione al tempio verso l’evento salvifico della croce. Ma la Chiesa stessa, soprattutto a partire dai secoli del medioevo, ha intuito nel cuore della Vergine, che porta il Figlio a Gerusalemme per presentarlo al Signore (cfr Lc 2,22), una volontà oblativa, che superava il senso ordinario del rito. Di tale intuizione abbiamo testimonianza nell’affettuosa apostrofe di san Bernardo: Offri il tuo Figlio, o Vergine santa, e presenta al Signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di noi tutti la vittima santa, a Dio gradita.56

 

Questa unione della Madre con il Figlio nell’opera della Redenzione57 raggiunge il culmine sul Calvario, dove Cristo offrì se stesso quale vittima immacolata a Dio (Eb 9,14) e dove Maria stette presso la Croce (cfr Gv 19,25), soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata58 e offrendola anch’ella all’eterno Padre.59 Per perpetuare nei secoli il sacrificio della Croce il divin Salvatore istituì il sacrificio eucaristico, memoriale della sua morte e risurrezione, e lo affidò alla Chiesa, sua sposa,60 la quale, soprattutto alla domenica, convoca i fedeli per celebrare la Pasqua del Signore, finché egli ritorni:61 il che la Chiesa compie in comunione con i Santi del Cielo e, prima di tutto, con la Beata Vergine,62 della quale imita la carità ardente e la fede incrollabile.

 

21. Modello di tutta la Chiesa nell’esercizio del culto divino, Maria è anche, evidentemente, maestra di vita spirituale per i singoli cristiani. Ben presto i fedeli cominciarono a guardare a Maria per fare, come lei, della propria vita un culto a Dio e del loro culto un impegno di vita. Già nel IV secolo, sant’Ambrogio, parlando ai fedeli, auspicava che in ognuno di essi fosse l’anima di Maria per glorificare Dio: Dev’essere in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore, dev’essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio.63 Maria, però, è soprattutto modello di quel culto che consiste nel fare della propria vita un’offerta a Dio: dottrina antica, perenne, che ognuno può riascoltare, ponendo mente all’insegnamento della Chiesa, ma anche porgendo l’orecchio alla voce stessa della Vergine, allorché essa, anticipando in sé la stupenda domanda della preghiera del Signore: Sia fatta la tua volontà (Mt 6,10), rispose al messaggero di Dio: Ecco la serva del Signore: sia fatto di me secondo la tua parola (Lc 1,38). E il «sì» di Maria è per tutti i cristiani lezione ed esempio per fare dell’obbedienza alla volontà del Padre la via e il mezzo della propria santificazione.

 

22. È importante, d’altra parte, osservare come la Chiesa traduca i molteplici rapporti che la uniscono a Maria in vari ed efficaci atteggiamenti cultuali: in venerazione profonda, quando riflette sulla singolare dignità della Vergine, divenuta, per opera dello Spirito, madre del Verbo incarnato; in amore ardente, quando considera la maternità spirituale di Maria verso tutte le membra del Corpo mistico; in fiduciosa invocazione, quando esperimenta l’intercessione della sua Avvocata e Ausiliatrice;64 in servizio di amore, quando scorge nell’umile Ancella del Signore la Regina di misericordia e la Madre di grazia; in operosa imitazione, quando contempla la santità e le virtù della «piena di grazia» (Lc 1,28); in commosso stupore, quando vede in lei, come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere;65 in attento studio, quando ravvisa nella cooperatrice del Redentore, ormai pienamente partecipe dei frutti del mistero pasquale, il compimento profetico del suo stesso avvenire, fino al giorno in cui, purificata da ogni ruga e da ogni macchia (cfrEf 5,27), diverrà come una sposa ornata per lo sposo, Gesù Cristo (cfr Ap 21,2).

 

23. Considerando, dunque, Fratelli Carissimi, la venerazione che la tradizione liturgica della Chiesa universale e il rinnovato Rito Romano esprimono verso la santa Madre di Dio; ricordando che la Liturgia, per il suo preminente valore cultuale, costituisce una regola d’oro per la pietà cristiana; osservando, infine, come la Chiesa, quando celebra i sacri misteri, assuma un atteggiamento di fede e di amore simili a quello della Vergine, comprendiamo quanto sia giusta l’esortazione del Concilio Vaticano II a tutti i figli della Chiesa, perché promuovano generosamente il culto, specialmente liturgico, della Beata Vergine:66 esortazione, che vorremmo vedere dappertutto accolta senza riserve e tradotta in pratica con zelo.

II. PER IL RINNOVAMENTO
DELLA PIETÀ MARIANA

 

24. Lo stesso Concilio Vaticano II esorta, poi, a promuovere, accanto al culto liturgico, altre forme di pietà, soprattutto quelle raccomandate dal Magistero.67 Tuttavia, come è ben noto, la venerazione dei Fedeli verso la Madre di Dio ha assunto forme molteplici secondo le circostanze di luogo e di tempo, la diversa sensibilità dei popoli e la loro differente tradizione culturale. Ne deriva che le forme in cui tale pietà si è espressa, soggette all’usura del tempo, appaiono bisognose di un rinnovamento che permetta di sostituire in esse gli elementi caduchi, di dar valore a quelli perenni e di incorporare i dati dottrinali, acquisiti dalla riflessione teologica e proposti dal Magistero ecclesiastico. Ciò dimostra la necessità che le Conferenze Episcopali, le chiese locali, le Famiglie religiose e le comunità di Fedeli favoriscano una genuina attività creatrice e procedano, nel medesimo tempo, ad una diligente revisione degli esercizi di pietà verso la Vergine; revisione, che auspichiamo rispettosa della sana tradizione e aperta ad accogliere le legittime istanze degli uomini del nostro tempo. Pertanto, ci sembra opportuno, Venerabili Fratelli, indicarvi alcuni principi secondo cui bisogna operare in questo campo.

 

A. Nota trinitaria, cristologia ed ecclesiale nel culto della Vergine

 

25. È sommamente conveniente, anzitutto, che gli esercizi di pietà verso la Vergine Maria esprimano chiaramente la nota trinitaria e cristologica, che in essi è intrinseca ed essenziale. Il culto cristiano infatti è, per sua natura, culto al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, o meglio – come si esprime la Liturgia – al Padre per Cristo nello Spirito. In questa prospettiva, esso legittimamente si estende, sia pure in modo sostanzialmente diverso, prima di tutto e in maniera speciale alla Madre del Signore, e poi ai Santi, nei quali la Chiesa proclama il mistero pasquale, perché essi hanno sofferto con Cristo e con lui sono stati glorificati.68 Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui Dio Padre, da tutta l’eternità, la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito, a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l’indissolubile legame e l’essenziale riferimento della Vergine al Divin Salvatore.69 Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all’indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata e assorbita dalla «questione di Cristo»,70 che nelle espressioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l’aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì con un solo e medesimo decreto l’origine di Maria e l’incarnazione della divina Sapienza.71 Ciò concorrerà senza dubbio a rendere più solida la pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo (Ef 4,13); e contribuirà, d’altra parte, ad accrescere il culto dovuto a Cristo stesso, poiché, secondo il perenne sentire della Chiesa, autorevolmente ribadito ai nostri giorni,72 vien riferito al Signore quel che è offerto in servizio all’Ancella; così ridonda sul Figlio quel che è attribuito alla Madre; (…) così ricade sul Re l’onore che vien reso in umile tributo alla Regina.73

 

26. A questo accenno circa l’orientamento cristologico del culto alla Vergine, ci sembra utile far seguire un richiamo all’opportunità che in esso sia dato adeguato risalto a uno dei contenuti essenziali della fede: la persona e l’opera dello Spirito Santo. La riflessione teologica e la Liturgia hanno rivelato, infatti, come l’intervento santificatore dello Spirito nella Vergine di Nazaret sia stato un momento culminante della sua azione nella storia della salvezza. Così, ad esempio, alcuni santi Padri e scrittori ecclesiastici attribuirono all’opera dello Spirito la santità originale di Maria, da lui quasi plasmata e resa nuova creatura;74 riflettendo sui testi evangelici – lo Spirito Santo verrà sopra di te, e la potenza dell’Altissimo ti ricoprirà (Lc 1,35) e Maria (…) si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo; (…) è opera di Spirito Santo, ciò che in lei si è generato (Mt 1,18. 20) – scorsero nell’intervento dello Spirito un’azione che consacrò e rese feconda la verginità di Maria75 e lei trasformò in Palazzo del Re o Talamo del Verbo,76 Tempio o Tabernacolo del Signore,77 Arca dell’Alleanza o della Santificazione,78 titoli ricchi di risonanze bibliche. Approfondendo ancora il mistero della Incarnazione, essi videro nell’arcano rapporto tra Spirito Santo e Maria un aspetto sponsale, poeticamente ritratto così da Prudenzio: La Vergine non sposata si sposa allo Spirito79 e la chiamarono Santuario dello Spirito Santo80 espressione che sottolinea il carattere sacro della Vergine, divenuta stabile dimora dello Spirito di Dio. Addentrandosi nella dottrina sul Paraclito, avvertirono che da lui, come da sorgente, erano scaturite la pienezza di grazia (cfr Lc 1,28) e l’abbondanza di doni che la ornavano: allo Spirito, quindi, attribuirono la fede, la speranza e la carità che animavano il cuore della Vergine, la forza che ne sosteneva l’adesione alla volontà di Dio, il vigore che la sorreggeva nella sua «compassione» ai piedi della Croce;81 segnalarono nel cantico profetico di Maria (cfr Lc 1,46-55) un particolare influsso di quello Spirito che aveva parlato per bocca dei profeti.82 Considerando, infine, la presenza della Madre di Gesù nel cenacolo, dove lo Spirito scese sulla Chiesa nascente (cfr At 1,12-14; 2,1-4), arricchirono di nuovi sviluppi l’antico tema Maria-Chiesa,83 e, soprattutto, ricorsero all’intercessione della Vergine per ottenere dallo Spirito la capacità di generare Cristo nella propria anima, come attesta sant’Ildefonso in una supplica, sorprendente per dottrina e per vigore orante: Ti prego, ti prego, o Vergine santa, che io abbia Gesù da quello Spirito, dal quale tu stessa hai generato Gesù. Riceva l’anima mia Gesù per opera di quello Spirito, per il quale la tua carne ha concepito lo stesso Gesù (…). Che io ami Gesù in quello stesso Spirito, nel quale tu lo adori come Signore e lo contempli come Figlio.84

 

27. Si afferma, talvolta, che molti testi della pietà moderna non rispecchiano sufficientemente tutta la dottrina intorno allo Spirito Santo. Spetta agli studiosi verificare questa affermazione e valutarne la portata; Nostro compito è quello di esortare tutti, specialmente i pastori e i teologi, ad approfondire la riflessione sull’azione dello Spirito nella storia della salvezza, e a far sì che i testi della pietà cristiana pongano nella dovuta luce la sua azione vivificante. Da tale approfondimento emergerà in particolare, l’arcano rapporto tra lo Spirito di Dio e la Vergine di Nazaret e la loro azione sulla Chiesa; e dai contenuti della fede più profondamente meditati deriverà una pietà più intensamente vissuta.

 28. È necessario, poi, che gli esercizi di pietà con cui i fedeli esprimono la loro venerazione alla Madre del Signore, manifestino in modo perspicuo il posto che essa occupa nella Chiesa: dopo Cristo il più alto e il più vicino a noi;85 un posto che negli edifici cultuali di Rito Bizantino è plasticamente espresso nella stessa disposizione dei membri architettonici e degli elementi iconografici – nella porta centrale dell’iconostasi la raffigurazione dell’Annuncio a Maria, nell’abside la rappresentazione della Theotócos gloriosa – sì che da essi risulta manifesto come dal consenso dell’Ancella del Signore l’umanità inizi il ritorno a Dio e nella gloria della Tuttasanta veda la meta del suo cammino. Il simbolismo con cui l’edificio della Chiesa esprime il posto di Maria nel mistero della Chiesa contiene un’indicazione feconda e costituisce un auspicio perché dappertutto le varie forme di venerazione alla Beata Vergine si aprano verso prospettive ecclesiali.

 

Infatti, il richiamo ai concetti fondamentali esposti dal Concilio Vaticano II circa la natura della Chiesa, come Famiglia di Dio, Popolo di Dio, Regno di Dio, Corpo mistico di Cristo,86 permetterà ai fedeli di riconoscere più prontamente la missione di Maria nel mistero della Chiesa e il suo posto eminente nella comunione dei Santi; di sentire più intensamente il legame fraterno che unisce tutti i fedeli, perché figli della Vergine alla cui rigenerazione e formazione spirituale ella collabora con materno amore87 e figli altresì della Chiesa, perché noi dal suo parto nasciamo, dal suo latte siamo nutriti e dal suo Spirito siamo vivificati,88 che ambedue concorrono a generare il corpo mistico di Cristo: L’una e l’altra è madre di Cristo, ma nessuna di esse genera tutto (il corpo) senza l’altra;89 di percepire, infine, più distintamente che l’azione della Chiesa nel mondo è come un prolungamento della sollecitudine di Maria. Infatti, l’amore operante della Vergine a Nazaret, nella casa di Elisabetta, a Cana, sul Golgota – tutti momenti salvifici di vasta portata ecclesiale – trova coerente continuità nell’ansia materna della Chiesa, perché tutti gli uomini giungano alla conoscenza della verità (cfr 1Tm 2,4), nella sua cura per gli umili, i poveri, i deboli, nel suo impegno costante per la pace e per la concordia sociale, nel suo prodigarsi perché tutti gli uomini abbiano parte alla salvezza, meritata per loro dalla morte di Cristo. In questo modo l’amore per la Chiesa si tradurrà in amore per Maria, e viceversa; perché l’una non può sussistere senza l’altra, come acutamente osserva san Cromazio di Aquileia: Si riunì la Chiesa nella parte alta (del cenacolo) con Maria, che era la madre di Gesù, e con i fratelli di lui. Non si può, dunque, parlare di Chiesa se non vi è presente Maria, la madre del Signore, con i fratelli di lui.90 Concludendo, ribadiamo la necessità che la venerazione rivolta alla Beata Vergine renda esplicito il suo intrinseco contenuto ecclesiologico: questo vorrà dire avvalersi di una forza capace di rinnovare salutarmente forme e testi.

 

B. Quattro orientamenti per il culto della Vergine: biblico, liturgico, ecumenico, antropologico

 

29. Alle indicazioni precedenti, che emergono dalla considerazione dei rapporti della Vergine Maria con Dio – Padre, Figlio e Spirito Santo – e con la Chiesa, vogliamo aggiungere proseguendo secondo la linea dell’insegnamento conciliare,91 alcuni orientamenti – biblico, liturgico, ecumenico, antropologico – da tener presenti nel rivedere o creare esercizi e pratiche di pietà, per rendere più vivo e più sentito il legame che ci unisce alla madre di Cristo e Madre nostra nella comunione dei Santi.

 

30. La necessità di un’impronta biblica in ogni forma di culto è oggi avvertita come un postulato generale della pietà cristiana. Il progresso degli studi biblici, la crescente diffusione delle Sacre Scritture e, soprattutto, l’esempio della tradizione e l’intima mozione dello Spirito, orientano i cristiani del nostro tempo a servirsi sempre più della Bibbia come del libro fondamentale di preghiera, ed a trarre da essa genuina ispirazione e insuperabili modelli. Il culto alla Beata Vergine non può essere sottratto a questo indirizzo generale della pietà cristiana92 anzi ad esso deve particolarmente ispirarsi per acquistare nuovo vigore e sicuro giovamento. La Bibbia, proponendo in modo mirabile il disegno di Dio per la salvezza degli uomini, è tutta impregnata del mistero del Salvatore e contiene anche, dalla Genesi all’Apocalisse, non indubbi riferimenti a colei che del Salvatore fu Madre e cooperatrice. Non vorremmo, però, che l’impronta biblica si limitasse a un diligente uso di testi e simboli, sapientemente ricavati dalle Sacre Scritture; essa comporta di più: richiede, infatti, che dalla bibbia prendano termini e ispirazione le formule di preghiera e le composizioni destinate al canto; ed esige, soprattutto, che il culto della Vergine sia permeato dei grandi temi del messaggio cristiano, affinché, mentre i fedeli venerano colei che è Sede della Sapienza, siano essi stessi illuminati dalla luce della divina Parola e indotti ad agire secondo i dettami della Sapienza incarnata.

 

31. Della venerazione che la Chiesa rende alla Madre di Dio nella celebrazione della sacra Liturgia abbiamo già parlato. Ma ora, trattando delle altre forme di culto e dei criteri cui esse si devono ispirare, non possiamo non ricordare la norma della Costituzione Sacrosanctum Concilium, la quale, mentre raccomanda vivamente i pii esercizi del popolo cristiano, aggiunge: …bisogna però che tali esercizi, tenendo conto dei tempi liturgici, siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra Liturgia, da essa traggano in qualche modo ispirazione, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano.93 Norma saggia, norma chiara, la cui applicazione non si presenta tuttavia facile, soprattutto nel campo del culto alla Vergine, così vario nelle sue espressioni formali; essa richiede, infatti, da parte dei responsabili delle comunità locali sforzo, tatto pastorale, costanza e, da parte dei fedeli, prontezza ad accogliere orientamenti e proposte che, derivanti dalla genuina natura del culto cristiano, comportano talvolta il cambiamento di usi inveterati, nei quali quella natura si era in qualche modo oscurata.

 

A questo proposito, vogliamo accennare a due atteggiamenti che potrebbero render vana nella prassi pastorale la norma del Concilio Vaticano II: innanzitutto, l’atteggiamento di alcuni che si occupano di cura d’anime, i quali disprezzando a priori i pii esercizi, che pure, nelle debite forme, sono raccomandati dal Magistero, li tralasciano e creano un vuoto che non provvedono a colmare; essi dimenticano che il Concilio ha detto di armonizzare i pii esercizi con la Liturgia, non di sopprimerli.

 

In secondo luogo, l’atteggiamento di altri che, al di fuori di un sano criterio liturgico e pastorale, uniscono insieme pii esercizi e atti liturgici in celebrazioni ibride. Avviene talora che nella stessa celebrazione del Sacrificio Eucaristico vengano inseriti elementi propri di novene o altre pie pratiche, col pericolo che il memoriale del Signore non costituisca il momento culminante dell’incontro della comunità cristiana, ma quasi occasione per qualche pratica devozionale. A quanti agiscono così vorremmo ricordare che la norma conciliare prescrive di armonizzare i pii esercizi con la liturgia, non di confonderli con essa. Una azione pastorale illuminata deve da una parte distinguere e sottolineare la natura propria degli atti liturgici, dall’altra valorizzare i pii esercizi, per adeguarli alle necessità delle singole comunità ecclesiali e renderli ausiliari preziosi della Liturgia.

 

32. Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l’ansia per la ricomposizione dell’unità dei cristiani. La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica. E questo per vari motivi.

 

Innanzitutto, perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese ortodosse, presso le quali la devozione alla Beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa Madre di Dio, e nell’acclamarla Speranza dei Cristiani;94 si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre di Nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggiormente l’importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della Riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l’amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Dio con le parole stesse della Vergine (cfr Lc 1,46-55). In secondo luogo, perché la pietà verso la Madre di Cristo e dei cristiani è per i cattolici occasione naturale e frequente di implorazione, affinché ella interceda presso il Figlio per l’unione di tutti i battezzati in un solo Popolo di Dio.95 E ancora, perché è volontà della Chiesa cattolica che in tale culto, senza che ne sia attenuato il carattere singolare,96 sia evitata con ogni cura qualunque esagerazione che possa indurre in errore gli altri fratelli cristiani circa la vera dottrina della Chiesa cattolica,97 e sia bandita ogni manifestazione cultuale contraria alla retta prassi cattolica. Infine, essendo connaturale al genuino culto verso la Beata Vergine che mentre è onorata la Madre (…), il Figlio sia debitamente conosciuto, amato, glorificato,98 esso diventa via che conduce al Cristo, fonte e centro della comunione ecclesiale, nel quale quanti apertamente confessano che egli è Dio e Signore, Salvatore e unico Mediatore (cfr 1 Tm 2,5), sono chiamati ad essere una sola cosa tra loro, con lui e con il Padre nell’unità dello Spirito Santo.99

 

33. Siamo consapevoli che esistono non lievi discordanze tra il pensiero di molti fratelli di altre Chiese e comunità ecclesiali e la dottrina cattolica intorno (…) alla funzione di Maria nell’opera della salvezza100 e, quindi, intorno al culto da renderle. Tuttavia, poiché la stessa potenza dell’Altissimo che adombrò la Vergine di Nazaret (cfr Lc 1,35) agisce nell’odierno Movimento ecumenico e lo feconda, desideriamo esprimere la Nostra fiducia che la venerazione verso l’umile Ancella del Signore, nella quale l’onnipotente fece grandi cose (cfr Lc 1,49), diverrà, sia pur lentamente, non un ostacolo, ma tramite e punto di incontro per l’unione di tutti i credenti in Cristo. Ci rallegriamo, infatti, di constatare che una migliore comprensione del posto di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, anche da parte dei fratelli separati, rende più spedito il cammino verso l’incontro. Come a Cana la Vergine con il suo intervento ottenne che Gesù compisse il primo dei suoi miracoli (cfr Gv 2,1-12), così nella nostra epoca ella potrà, con la sua intercessione, propiziare l’avvento dell’ora in cui i discepoli di Cristo ritroveranno la piena comunione nella fede. E questa nostra speranza è confortata dall’osservazione del Nostro Predecessore Leone XIII: la causa dell’unione dei cristiani appartiene specificamente all’ufficio della spirituale maternità di Maria. Difatti, quelli che sono di Cristo, Maria non li generò e non poteva generarli se non in un’unica fede e in un unico amore: che forse «è diviso il Cristo?» (1 Cor 1,13); dobbiamo, invece, tutti insieme vivere la vita del Cristo, per poter in un unico e medesimo corpo fruttificare per Iddio (Rm 7,4).101

 

34. Nel culto alla Vergine si devono tenere in attenta considerazione anche le acquisizioni sicure e comprovate delle scienze umane, perché ciò concorrerà ad eliminare una delle cause del disagio che si avverte nel campo del culto alla Madre del Signore: il divario, cioè, tra certi suoi contenuti e le odierne concezioni antropologiche e la realtà psicosociologica, profondamente mutata, in cui gli uomini del nostro tempo vivono ed operano. Si osserva, infatti, che è difficile inquadrare l’immagine della Vergine, quale risulta da certa letteratura devozionale, nelle condizioni di vita della società contemporanea e, in particolare, di quelle della donna, sia nell’ambiente domestico, dove le leggi e l’evoluzione del costume tendono giustamente a riconoscerle l’uguaglianza e la corresponsabilità con l’uomo nella direzione della vita familiare; sia nel campo politico, dove essa ha conquistato in molti paesi un potere di intervento nella cosa pubblica pari a quello dell’uomo; sia nel campo sociale, dove svolge la sua attività in molteplici settori operativi, lasciando ogni giorno di più l’ambiente ristretto del focolare; sia nel campo culturale, dove le sono offerte nuove possibilità di ricerca scientifica e di affermazione intellettuale.

 

Ne consegue presso taluni una certa disaffezione verso il culto alla Vergine e una certa difficoltà a prendere Maria di Nazaret come modello, perché gli orizzonti della sua vita – si afferma – risultano ristretti in confronto alle vaste zone di attività in cui l’uomo contemporaneo è chiamato ad agire. A questo proposito, mentre esortiamo i teologi, i responsabili delle comunità cristiane e gli stessi Fedeli a dedicare la dovuta attenzione a tali problemi, Ci sembra utile offrire, Noi pure, un contributo alla loro soluzione, facendo alcune osservazioni.

 

35. Innanzitutto, la Vergine Maria è stata sempre proposta dalla Chiesa alla imitazione dei fedeli non precisamente per il tipo di vita che condusse e, tanto meno, per l’ambiente socioculturale in cui essa si svolse, oggi quasi dappertutto superato; ma perché, nella sua condizione concreta di vita, ella aderì totalmente e responsabilmente alla volontà di Dio (cfr Lc 1,38); perché ne accolse la parola e la mise in pratica; perché la sua azione fu animata dalla carità e dallo spirito di servizio; perché, insomma, fu la prima e la più perfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, universale e permanente.

 

36. In secondo luogo, vorremmo notare che le difficoltà sopra accennate sono in stretta connessione con alcuni connotati dell’immagine popolare e letteraria di Maria, non con la sua immagine evangelica, né con i dati dottrinali precisati nel lento e serio lavoro di esplicitazione della parola rivelata. Si deve ritenere, anzi, normale che le generazioni cristiane, succedutesi in quadri socio-culturali diversi, al contemplare la figura e la missione di Maria –quale nuova Donna e perfetta Cristiana che riassume in sé le situazioni più caratteristiche della vita femminile perché Vergine, Sposa, Madre –, abbiano ritenuto la Madre di Gesù tipo eminente della condizione femminile e modello chiarissimo di vita evangelica, ed abbiano espresso questi loro sentimenti secondo le categorie e le raffigurazioni proprie della loro epoca. La Chiesa, quando considera la lunga storia della pietà mariana, si rallegra constatando la continuità del fatto cultuale, ma non si lega agli schemi rappresentativi delle varie epoche culturali né alle particolari concezioni antropologiche che stanno alla loro base, e comprende come talune espressioni di culto, perfettamente valide in se stesse, siano meno adatte a uomini che appartengono ad epoche e civiltà diverse.

 

37. Desideriamo, infine, rilevare che la nostra epoca, non diversamente dalle precedenti, è chiamata a verificare la propria cognizione della realtà con la parola di Dio e, per limitarci al nostro argomento, a confrontare le sue concezioni antropologiche e i problemi che ne derivano con la figura della Vergine Maria, quale è proposta dal Vangelo. La lettura delle divine Scritture, compiuta sotto l’influsso dello Spirito Santo e tenendo presenti le acquisizioni delle scienze umane e le varie situazioni del mondo contemporaneo, porterà a scoprire come Maria possa essere considerata modello di quelle realtà che costituiscono l’aspettativa degli uomini del nostro tempo. Così, per dare qualche esempio, la donna contemporanea, desiderosa di partecipare con potere decisionale alle scelte della comunità, contemplerà con intima gioia Maria che, assunta al dialogo con Dio, dà il suo consenso attivo e responsabile102 non alla soluzione di un problema contingente, ma a quell‘opera di secoli, come è stata giustamente chiamata l’incarnazione del Verbo;103 si renderà conto che la scelta dello stato verginale da parte di Maria, che nel disegno di Dio la disponeva al mistero dell’Incarnazione, non fu atto di chiusura ad alcuno dei valori dello stato matrimoniale, ma costituì una scelta coraggiosa, compiuta per consacrarsi totalmente all’amore di Dio. Così constaterà con lieta sorpresa che Maria di Nazaret, pur completamente abbandonata alla volontà del Signore, fu tutt’altro che donna passivamente remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare che Dio è vindice degli umili e degli oppressi e rovescia dai loro troni i potenti del mondo (cfr Lc 1,51-53); e riconoscerà in Maria, che primeggia tra gli umili e i poveri del Signore,104 una donna forte, che conobbe povertà e sofferenza, fuga ed esilio (cfr Mt 2,13-23): situazioni che non possono sfuggire all’attenzione di chi vuole assecondare con spirito evangelico le energie liberatrici dell’uomo e della società; e non le apparirà Maria come una madre gelosamente ripiegata sul proprio Figlio divino, ma donna che con la sua azione favorì la fede della comunità apostolica in Cristo (cfr Gv 2,1-12) e la cui funzione materna si dilatò, assumendo sul Calvario dimensioni universali.105 Non sono che esempi, dai quali appare chiaro come la figura della Vergine non deluda alcune attese profonde degli uomini del nostro tempo ed offra ad essi il modello compiuto del discepolo del Signore: artefice della città terrena e temporale, ma pellegrino solerte verso quella celeste ed eterna; promotore della giustizia che libera l’oppresso e della carità che soccorre il bisognoso, ma soprattutto testimone operoso dell’amore che edifica Cristo nei cuori.

 

38. Dopo aver offerto queste direttive, ordinate a favorire lo sviluppo armonico del culto alla Madre del Signore, riteniamo opportuno richiamare l’attenzione su alcuni atteggiamenti cultuali erronei. Il Concilio Vaticano II ha già autorevolmente denunziato sia l’esagerazione di contenuti o di forme che giunge a falsare la dottrina, sia la grettezza di mente che oscura la figura e la missione di Maria; nonché alcune deviazioni cultuali: la vana credulità, che al serio impegno sostituisce il facile affidamento a pratiche solo esteriori; lo sterile e fugace moto del sentimento, così alieno dallo stile del Vangelo, che esige opera perseverante e concreta.106 Noi ne rinnoviamo la deplorazione: non sono forme in armonia con la fede cattolica e, pertanto, non devono esistere nel culto cattolico. La vigile difesa da questi errori e deviazioni renderà il culto alla Vergine più vigoroso e genuino: solido nel suo fondamento, per cui in esso lo studio delle fonti rivelate e l’attenzione ai documenti del Magistero prevarranno sulla ricerca esagerata di novità o di fatti straordinari; obiettivo nell’inquadramento storico, per cui dovrà essere eliminato tutto ciò che è manifestamente leggendario o falso; adeguato al contenuto dottrinale, donde la necessità di evitare presentazioni unilaterali della figura di Maria, le quali, insistendo più del dovuto su un elemento, compromettono l’insieme dell’immagine evangelica; limpido nelle sue motivazioni, per cui con diligente cura sarà tenuto lontano dal santuario ogni meschino interesse.

 

39. Infine, qualora ve ne fosse bisogno, vorremmo ribadire che lo scopo ultimo del culto alla Beata Vergine è di glorificare Dio e di impegnare i cristiani ad una vita del tutto conforme alla sua volontà. I figli della Chiesa, infatti, quando, unendo le loro voci alla voce della donna anonima del Vangelo, glorificano la Madre di Gesù, esclamando, rivolti a Gesù stesso: Beato il seno che ti ha formato, e le mammelle che tu hai succhiato! (Lc 11,27), saranno indotti a considerare la grave risposta del divin Maestro: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 11,28). E questa risposta, se risulta essa stessa viva lode per la Vergine Maria, come interpretarono alcuni santi Padri107 e il Concilio Vaticano II ha confermato,108 suona pure per noi ammonimento a vivere secondo i comandamenti di Dio ed è come eco di altri richiami dello stesso divin Salvatore: Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli; ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt 7,21); e: Voi siete amici miei, se farete ciò che io vi comando (Gv 15,14).

  

III. INDICAZIONE CIRCA I PII ESERCIZI
DELL’ANGELUS DOMINI
E DEL SANTO ROSARIO

 40. Abbiamo indicato alcuni principi, atti a dare nuovo vigore al culto della Madre del Signore; ora è compito delle Conferenze Episcopali, dei responsabili delle comunità locali, delle varie Famiglie religiose, restaurare sapientemente pratiche ed esercizi di venerazione verso la Beata Vergine, assecondare l’impulso creativo di quanti, per genuina ispirazione religiosa o per sensibilità pastorale, desiderano dare vita a nuove forme. Tuttavia, Ci sembra opportuno, sia pure per motivi diversi, trattare di due pii esercizi, molto diffusi in Occidente e dei quali questa Sede Apostolica si è occupata in varie occasioni: l’Angelus Domini e il Rosario o Corona della Beata Vergine Maria.

 

L’Angelus Domini

 

41. La Nostra parola sull’Angelus Domini vuole essere solo una semplice, ma viva esortazione a mantenere consueta la recita, dove e quando sia possibile. Tale preghiera non ha bisogno di restauro: la struttura semplice, il carattere biblico, l’origine storica, che la collega alla invocazione dell’incolumità nella pace, il ritmo quasi liturgico, che santifica momenti diversi della giornata, l’apertura verso il mistero pasquale, per cui, mentre commemoriamo l’Incarnazione del Figlio di Dio, chiediamo di essere condotti per la sua passione e la sua croce alla gloria della risurrezione,109 fanno sì che essa, a distanza di secoli, conservi inalterato il suo valore e intatta la sua freschezza. È vero che alcune usanze, tradizionalmente collegate con la recita dell’Angelus Domini, sono scomparse o difficilmente possono continuare nella vita moderna; ma si tratta di elementi marginali. Immutati restano il valore della contemplazione del mistero dell’Incarnazione del Verbo, del saluto alla Vergine e del ricorso alla sua misericordiosa intercessione; e, nonostante le mutate condizioni dei tempi, invariati permangono per la maggior parte degli uomini quei momenti caratteristici della giornata – mattino, mezzogiorno, sera –, i quali segnano i tempi della loro attività e costituiscono invito ad una pausa di preghiera.

 

Indicazioni per il «Rosario»

 

42. Vogliamo ora, Fratelli Carissimi, soffermarCi alquanto sul rinnovamento di quel pio esercizio, che è stato chiamato il Compendio di tutto quanto il Vangelo:110 la Corona della Beata Vergine Maria, il Rosario. Ad essa i Nostri Predecessori hanno dedicato vigile attenzione e premurosa sollecitudine: ne hanno più volte raccomandata la recita frequente, favorita la diffusione, illustrata la natura, riconosciuta l’attitudine a sviluppare una preghiera contemplativa, che è insieme di lode e di supplica, ricordata la connaturale efficacia nel promuovere la vita cristiana e l’impegno apostolico. Anche noi, fin dalla prima udienza generale del Nostro pontificato (13 luglio 1963), abbiamo dimostrato la Nostra grande stima per la pia pratica del Rosario,111 e in seguito ne abbiamo sottolineato il valore in molteplici circostanze, ordinarie alcune, gravi altre, come quando, in un’ora di angoscia e di insicurezza, pubblicammo l’Epistola Enciclica Christi Matri (15 settembre 1966), perché fossero rivolte supplici preghiere alla Beata Vergine del Rosario, per implorare da Dio il bene supremo della pace;112 appello che abbiamo rinnovato nella Nostra Esortazione Apostolica Recurrens mensis October (1 ottobre 1969), nella quale commemoravamo il quarto centenario della Lettera Apostolica Consueverunt Romani Pontifices del Nostro Predecessore san Pio V, che in essa illustrò e, in qualche modo, definì la forma tradizionale del Rosario.113

 

43. Il Nostro assiduo interesse verso il tanto caro Rosario della Beata Vergine Maria Ci ha spinto a seguire molto attentamente i numerosi convegni, dedicati in questi ultimi anni alla pastorale del Rosario nel mondo contemporaneo: convegni promossi da Associazioni e da persone che hanno profondamente a cuore la devozione del Rosario, ed ai quali hanno partecipato Vescovi, presbiteri, religiosi e laici di provata esperienza e di accreditato senso ecclesiale. Tra questi è giusto ricordare i Figli di san Domenico, per tradizione custodi e propagatori di così salutare devozione. Ai lavori dei convegni si sono affiancate le ricerche degli storici, condotte non per definire con intenti quasi archeologici la forma primitiva del Rosario, ma per coglierne l’intuizione originaria, l’energia primigenia, la essenziale struttura. Da tali convegni e ricerche sono emerse più nitidamente le caratteristiche fondamentali del Rosario, i suoi elementi essenziali e il loro mutuo rapporto.

 

44. Così, per esempio, è apparsa in più valida luce l’indole evangelica del Rosario, in quanto dal Vangelo esso trae l’enunciato dei misteri e le principali formule; al Vangelo si ispira per suggerire, movendo dal gioioso saluto dell’Angelo e dal religioso assenso della Vergine, l’atteggiamento con cui il fedele deve recitarlo; e del Vangelo ripropone, nel susseguirsi armonioso delle Ave Maria, un mistero fondamentale – l’Incarnazione del Verbo – contemplato nel momento decisivo dell’annuncio fatto a Maria. Preghiera evangelica è, dunque, il Rosario, come oggi forse più che nel passato amano definirlo i pastori e gli studiosi.

 

45. È stato, altresì, compreso più facilmente come l’ordinato e graduale svolgimento del Rosario rifletta il modo stesso con cui il Verbo di Dio, inserendosi per misericordiosa determinazione nella vicenda umana, ha operato la redenzione: di essa il rosario considera, infatti, in ordinata successione i principali eventi salvifici che si sono compiuti in Cristo: dalla concezione verginale e dai misteri dell’infanzia fino ai momenti culminanti della Pasqua – la beata Passione e la gloriosa Risurrezione – ed agli effetti che essa ebbe sia sulla Chiesa nascente nel giorno di Pentecoste, sia sulla Vergine Maria nel giorno in cui, dopo l’esilio terreno, ella fu assunta in corpo e anima alla patria celeste. Ed è stato ancora osservato come la triplice partizione dei misteri del Rosario non solo aderisca strettamente all’ordine cronologico dei fatti, ma soprattutto rifletta lo schema del primitivo annuncio della fede e riproponga il mistero di Cristo nel modo stesso in cui è visto da san Paolo nel celebre inno della Lettera ai Filippesi: umiliazione, morte, esaltazione (Fil 2,6-11).

 

46. Preghiera evangelica, incentrata nel mistero dell’Incarnazione redentrice, il Rosario è, dunque, preghiera di orientamento nettamente cristologico. Infatti, il suo elemento caratteristico – la ripetizione litanica del Rallegrati, Maria – diviene anch’esso lode incessante a Cristo, termine ultimo dell’annuncio dell’Angelo e del saluto della madre del Battista: Benedetto il frutto del tuo seno (Lc 1,42). Diremo di più: la ripetizione dell’Ave, Maria costituisce l’ordito, sul quale si sviluppa la contemplazione dei misteri: il Gesù che ogni Ave, Maria richiama, è quello stesso che la successione dei misteri ci propone, di volta in volta, Figlio di Dio e della Vergine, nato in una grotta di Betlemme; presentato dalla madre al tempio; giovinetto pieno di zelo per le cose del Padre suo; Redentore agonizzante nell’orto; flagellato e coronato di spine; carico della croce e morente sul Calvario; risorto da morte e asceso alla gloria del Padre, per effondere il dono dello Spirito. È noto che, appunto per favorire la contemplazione e far corrispondere la mente alla voce, si usava un tempo – e la consuetudine si è conservata in varie regioni – aggiungere al nome di Gesù, in ogni «Ave Maria», una clausola che richiamasse il mistero enunciato.

 

47. Si è pure sentita con maggiore urgenza la necessità di ribadire, accanto al valore dell’elemento della lode e dell’implorazione, l’importanza di un altro elemento essenziale del Rosario: la contemplazione. Senza di essa il Rosario è corpo senza anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule e di contraddire all’ammonimento di Gesù: Quando pregate, non siate ciarlieri come i pagani, che credono di essere esauditi in ragione della loro loquacità (Mt 6,7). Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano all’orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il cuore di colei che al Signore fu più vicina, e ne dischiudano le insondabili ricchezze.

 

48. Dalla riflessione contemporanea sono stati, infine, compresi con maggior precisione i rapporti intercorrenti tra Liturgia e Rosario. Da una parte, è stato sottolineato come il Rosario sia quasi un virgulto germogliato sul tronco secolare della Liturgia cristiana, vero «Salterio della Vergine», per il quale gli umili venivano associati al cantico di lode ed alla universale intercessione della Chiesa; dall’altra, è stato osservato che ciò è avvenuto in un’epoca – il declino del Medioevo –, in cui lo spirito liturgico era in decadenza e si verificava un certo allontanamento dei Fedeli dalla Liturgia in favore di una devozione sensibile verso l’umanità di Cristo e verso la Beata Vergine Maria. Se in tempi non lontani poté sorgere nell’animo di alcuni il desiderio di vedere annoverato il Rosario tra le espressioni liturgiche ed in altri, per la preoccupazione di evitare errori pastorali del passato, una ingiustificata disattenzione verso il medesimo rosario, oggi il problema si può facilmente risolvere alla luce dei principi della Costituzione Sacrosanctum Concilium: le celebrazioni liturgiche e il pio esercizio del Rosario non si devono né contrapporre né equiparare.114 Ogni espressione di preghiera riesce tanto più feconda, quanto più conserva la sua vera natura e la fisionomia che le è propria. Riaffermato quindi il valore preminente delle azioni liturgiche, non sarà difficile riconoscere come il Rosario sia un pio esercizio che si accorda facilmente con la sacra Liturgia. Come la Liturgia, infatti, esso ha un’indole comunitaria, si nutre della Sacra Scrittura e gravita intorno al mistero di Cristo. Sia pure su piani di realtà essenzialmente diversi, l’anamnesi della Liturgia e la memoria contemplativa del Rosario hanno per oggetto i medesimi eventi salvifici compiuti da Cristo. La prima rende presenti, sotto il velo dei segni ed operanti in modo arcano, i più grandi misteri della nostra Redenzione; la seconda, con il pio affetto della contemplazione, rievoca quegli stessi misteri alla mente dell’orante e ne stimola la volontà perché da essi attinga norme di vita. Stabilita questa sostanziale differenza, non è difficile comprendere come il rosario sia un pio esercizio che dalla Liturgia ha tratto motivo e, se praticato secondo la ispirazione originaria, ad essa naturalmente conduce, pur senza varcarne la soglia. Infatti, la meditazione dei misteri del Rosario, rendendo familiari alla mente e al cuore dei fedeli i misteri del Cristo, può costituire un’ottima preparazione alla celebrazione di essi nell’azione liturgica e divenirne poi eco prolungata. È, tuttavia, un errore, purtroppo ancora presente in qualche luogo, recitare il Rosario durante l’azione liturgica.

 

49. La Corona della Beata Vergine Maria, secondo la tradizione accolta dal Nostro Predecessore san Pio V e da lui autorevolmente proposta, consta di vari elementi, organicamente disposti:

 

a) la contemplazione in comunione con Maria di una serie di misteri della salvezza, sapientemente distribuiti in tre cicli, che esprimono il gaudio dei tempi messianici, il dolore salvifico di Cristo, la gloria del Risorto che inonda la Chiesa; contemplazione che, per sua natura, conduce a pratica riflessione e suscita stimolanti norme di vita;

 

b) l’orazione del Signore, o Padre nostro, che per il suo immenso valore è alla base della preghiera cristiana e la nobilita nelle sue varie espressioni;

 

c) la successione litanica dell’Ave, Maria, che risulta composta dal saluto dell’angelo alla Vergine (cfr Lc 1,28) e dal benedicente ossequio di Elisabetta (cfr Lc 1,42), a cui segue la supplica ecclesiale Santa Maria. La serie continuata delle Ave, Maria è caratteristica peculiare del Rosario, e il loro numero, nella forma tipica e plenaria di centocinquanta, presenta una certa analogia con il Salterio ed è un dato risalente all’origine stessa del pio esercizio. Ma tale numero, secondo una comprovata consuetudine, diviso in decadi annesse ai singoli misteri, si distribuisce nei tre cicli anzidetti, dando luogo alla Corona di cinquanta Ave, Maria, la quale è entrata nell’uso come misura normale del medesimo esercizio e, come tale, è stata adottata dalla pietà popolare e sancita dai Sommi Pontefici, che la arricchirono anche di numerose indulgenze;

 

d) la dossologia Gloria al Padre che, conformemente ad un orientamento comune alla pietà cristiana, chiude la preghiera con la glorificazione di Dio, Uno e Trino, dal quale, per il quale e nel quale sono tutte le cose (cfr Rm 11,36).

 

50. Questi sono gli elementi del santo Rosario. Ognuno di essi ha la sua indole propria che, saggiamente compresa e valutata, deve riflettersi nella recita, perché il Rosario possa esprimere tutta la sua ricchezza e varietà. Detta recita, pertanto, diventerà grave e implorante nell’orazione del Signore; lirica e laudativa nel calmo fluire delle Ave, Maria; contemplativa nell’attenta riflessione intorno ai misteri; adorante nella dossologia. E ciò deve avvenire nelle varie forme, in cui si è soliti recitare il Rosario: o privatamente, quando l’orante si raccoglie nell’intimità con il suo Signore; o comunitariamente, in famiglia o tra fedeli riuniti in gruppo, per creare le condizioni di una particolare presenza del Signore (cfr Mt 18,20); o pubblicamente, cioè in assemblee nelle quali è convocata la comunità ecclesiale.

 

51. In tempi recenti sono stati creati alcuni pii esercizi, che traggono ispirazione dal Rosario. Tra essi, desideriamo indicare e raccomandare quelli che inseriscono nello schema consueto delle celebrazioni della parola di Dio alcuni elementi del Rosario della Beata Vergine, quali la meditazione dei misteri e la ripetizione litanica del saluto angelico. Tali elementi acquistano così maggior risalto, essendo inquadrati nella lettura di testi biblici, illustrati con l’omelia, circondati da pause di silenzio, sottolineati con il canto. Ci rallegra sapere che tali esercizi hanno contribuito a far comprendere più compiutamente le ricchezze spirituali del Rosario stesso ed a rivalutarne la pratica presso associazioni e movimenti giovanili.

 

52. Vogliamo ora, in continuità di intendimenti con i Nostri Predecessori, raccomandare vivamente la recita del Rosario in famiglia. Il Concilio Vaticano II ha messo in luce come la famiglia, cellula prima e vitale della società, grazie all’amore scambievole dei suoi membri e alla preghiera a Dio elevata in comune, si riveli come il santuario domestico della Chiesa.115 La famiglia cristiana, quindi, si presenta come una Chiesa domestica,116 se i suoi membri, ciascuno nell’ambito e nei compiti che gli sono propri, tutti insieme promuovono la giustizia, praticano le opere di misericordia, si dedicano al servizio dei fratelli, prendono parte all’apostolato della più vasta comunità locale e si inseriscono nel suo culto liturgico;117 ed ancora, se innalzano in comune supplici preghiere a Dio: che, se non ci fosse questo elemento, le verrebbe a mancare il carattere stesso di famiglia cristiana. Perciò, al recupero della nozione teologica della famiglia come Chiesa domestica, deve coerentemente seguire un concreto sforzo per instaurare nella vita familiare la preghiera in comune.

 

53. Conformemente alle direttive conciliari, i Principi e Norme per la Liturgia delle Ore giustamente annoverano il nucleo familiare tra i gruppi, a cui si addice la celebrazione in comune dell’ufficio divino: È cosa lodevole (…) che la famiglia, santuario domestico della Chiesa, oltre alle comuni preghiere celebri anche, secondo l’opportunità, qualche parte della Liturgia delle Ore, inserendosi così più intimamente nella Chiesa.118 Nulla deve essere lasciato intentato, perché questa chiara e pratica indicazione trovi nelle famiglie cristiane crescente e gioiosa applicazione.

 

54. Ma, dopo la celebrazione della Liturgia delle Ore – culmine a cui può giungere la preghiera domestica –, non v’è dubbio che la Corona della Beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più eccellenti ed efficaci «preghiere in comune», che la famiglia cristiana è invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che, quando l’incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia espressione frequente e gradita. Siamo ben consapevoli che le mutate condizioni della vita degli uomini non favoriscono, ai nostri giorni, la possibilità di riunione tra familiari e che, anche quando ciò avviene, non poche circostanze rendono difficile trasformare l’incontro della famiglia in occasione di preghiera. È cosa difficile, senza dubbio. Ma è pur caratteristico dell’agire cristiano non arrendersi ai condizionamenti ambientali, ma superarli; non soccombere, ma elevarsi. Perciò, le famiglie che vogliono vivere in pienezza la vocazione e la spiritualità propria della famiglia cristiana, devono dispiegare ogni energia per eliminare tutto ciò che ostacola gli incontri in famiglia e le preghiere in comune.

 

55. Concludendo queste osservazioni, testimonianza della sollecitudine e della stima di questa Sede Apostolica per il Rosario mariano, vogliamo raccomandare, tuttavia, che nel diffondere così salutare devozione non ne vengano alterate le proporzioni, né essa sia presentata con inopportuno esclusivismo; il Rosario è preghiera eccellente, nei riguardi della quale però il fedele deve sentirsi serenamente libero, sollecitato a recitarlo, in composta tranquillità, dalla sua intrinseca bellezza.

 

 CONCLUSIONE:

 VALORE TEOLOGICO E PASTORALE
DEL CULTO DELLA VERGINE MARIA

 

56. Venerabili Fratelli, al termine di questa Nostra Esortazione Apostolica desideriamo sottolineare in sintesi il valore teologico del culto alla Vergine e ricordare brevemente la sua efficacia pastorale per il rinnovamento del costume cristiano.

 

La pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto cristiano. La venerazione che la Chiesa ha reso alla Madre di Dio in ogni luogo e in ogni tempo – dal saluto benedicente di Elisabetta (cfr Lc 1,42-45) alle espressioni di lode e di supplica della nostra epoca – costituisce una validissima testimonianza che la norma di preghiera della Chiesa è un invito a ravvivare nelle coscienze la sua norma di fede. E, viceversa, la norma di fede della Chiesa richiede che, dappertutto, si sviluppi rigogliosa la sua norma di preghiera nei confronti della Madre del Cristo. Tale culto alla Vergine ha radici profonde nella parola rivelata e insieme solidi fondamenti dogmatici: la singolare dignità di Maria, Madre del Figlio di Dio e, perciò, figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo; per il quale dono di grazia straordinaria precede di gran lunga tutte le altre creature, celesti e terrestri;119 la sua cooperazione nei momenti decisivi dell’opera della salvezza, compiuta dal Figlio; la sua santità, già piena nella concezione immacolata e pur crescente via via che ella aderiva alla volontà del Padre e percorreva la via della sofferenza (cfr Lc 2,34-35; 2,41-52; Gv 19,25-21), progredendo costantemente nella fede, nella speranza e nella carità; la sua missione e condizione unica nel Popolo di Dio, del quale è insieme membro eccellentissimo, modello chiarissimo e Madre amorosissima; la sua incessante ed efficace intercessione per la quale, pur assunta in cielo, è vicinissima ai fedeli che la supplicano ed anche a coloro che ignorano di esserne figli; la sua gloria, che nobilita tutto il genere umano, come mirabilmente espresse il poeta Dante: Tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, ch’el suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura.120 Maria, infatti, è detta nostra stirpe, vera figlia di Eva, benché esente dalla colpa di questa madre, e vera nostra sorella, la quale ha condiviso pienamente, donna umile e povera, la nostra condizione.

 

Aggiungiamo che il culto alla Beata Vergine ha la sua ragione ultima nell’insondabile e libera volontà di Dio, il quale, essendo eterna e divina carità (cfr 1 Gv 4,7-8. 16), tutto compie secondo un disegno di amore: egli l’amò ed in lei operò grandi cose (cfr Lc 1,49); l’amò per se stesso e l’amò anche per noi; la donò a se stesso e la donò anche a noi.

 

57. Cristo è la sola via al Padre (cfr Gv 14,4-11). Cristo è il modello supremo al quale il discepolo deve conformare la propria condotta (cfr Gv 13,15), fino ad avere gli stessi suoi sentimenti (cfr Fil 2,5), vivere della sua vita e possedere il suo Spirito (cfr Gal 2,20; Rm 8,10-11): questo la Chiesa ha insegnato in ogni tempo e nulla, nell’azione pastorale, deve oscurare questa dottrina. Ma la Chiesa, edotta dallo Spirito e ammaestrata da una secolare esperienza, riconosce che anche la pietà verso la Beata Vergine, subordinatamente alla pietà verso il Divin Salvatore ed in connessione con essa, ha una grande efficacia pastorale e costituisce una forza rinnovatrice del costume cristiano. La ragione di tale efficacia è facilmente intuibile. Infatti la molteplice missione di Maria verso il Popolo di Dio è realtà soprannaturale operante e feconda nell’organismo ecclesiale. E rallegra considerare i singoli aspetti di tale missione e vedere come essi siano orientati, ciascuno con propria efficacia, verso il medesimo fine: riprodurre nei figli i lineamenti spirituali del Figlio primogenito. Vogliamo dire che la materna intercessione della Vergine, la sua santità esemplare, la grazia divina, che è in lei, diventano per il genere umano argomento di speranze superne.

 

La missione materna della Vergine spinge il Popolo di Dio a rivolgersi con filiale fiducia a colei, che è sempre pronta ad esaudirlo con affetto di madre e con efficace soccorso di ausiliatrice.121 Esso, pertanto, è solito invocarla come Consolatrice degli afflitti, Salute degli infermi, Rifugio dei peccatori, per aver nella tribolazione conforto, nella malattia sollievo, nella colpa forza liberatrice; perché ella, che è libera dal peccato, a questo conduce i suoi figli: a debellare con energica risoluzione il peccato.122 E tale liberazione dal peccato e dal male (cfr Mt 6,13) è – occorre riaffermarlo – la premessa necessaria per ogni rinnovamento del costume cristiano.

 

La santità esemplare della Vergine muove i Fedeli ad innalzare gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti.123 Si tratta di virtù solide, evangeliche: la fede e l’accoglienza docile della Parola di Dio (cfr Lc 1,26-38; 1,45; 11,27-28; Gv 2,5); l’obbedienza generosa (cfr Lc 1,38); l’umiltà schietta (cfr Lc 1,48); la carità sollecita (cfr Lc 1,39-56); la sapienza riflessiva (cfr Lc 1,29-34; 2,19. 33. 51); la pietà verso Dio, alacre nell’adempimento dei doveri religiosi (cfr Lc 2,21. 22-40. 41), riconoscente dei doni ricevuti (cfr Lc 1,46-49), offerente nel tempio (cfr Lc 1,22-24), orante nella comunità apostolica (cfr At 1,12-14); la fortezza nell’esilio (cfr Mt 2,13-23), nel dolore (cfrLc 2,34-35. 49; Gv 19,25); la povertà dignitosa e fidente in Dio (cfr Lc 1,48; 2,24); la vigile premura verso il Figlio, dall’umiliazione della culla fino all’ignominia della croce (cfr Lc 2,1-7; Gv 19,25-27), la delicatezza previdente (cfr Gv 2,1- 11); la purezza verginale (cfr Mt 1,18-25; Lc 1,26- 38); il forte e casto amore sponsale. Di queste virtù della Madre si orneranno i figli, che con tenace proposito guardano i suoi esempi, per riprodurli nella propria vita. Tale progresso nella virtù apparirà conseguenza e già frutto maturo di quella forza pastorale che scaturisce dal culto reso alla Vergine.

 

La pietà verso la Madre del Signore diviene per il fedele occasione di crescita nella grazia divina: scopo ultimo, questo, di ogni azione pastorale. Perché è impossibile onorare la Piena di grazia senza onorare in se stessi lo stato di grazia, cioè l’amicizia con Dio, la comunione con lui, l’inabitazione dello Spirito. Questa grazia divina investe tutto l’uomo e lo rende conforme all’immagine del figlio di Dio (cfr Rm 8,29; Col 1,18). La Chiesa cattolica, basandosi sull’esperienza di secoli, riconosce nella devozione alla Vergine un aiuto potente per l’uomo in cammino verso la conquista della sua pienezza. Ella, la Donna nuova, è accanto a Cristo, l’Uomo nuovo, nel cui mistero solamente trova vera luce il mistero dell’uomo,124 e vi è come pegno e garanzia che in una pura creatura, cioè in lei, si è già avverato il progetto di Dio, in Cristo, per la salvezza di tutto l’uomo. All’uomo contemporaneo, non di rado tormentato tra l’angoscia e la speranza, prostrato dal senso dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell’animo e diviso nel cuore, con la mente sospesa dall’enigma della morte, oppresso dalla solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia, la Beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede nella Città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull’angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte.

 

Sigillo della Nostra Esortazione e ulteriore argomento del valore pastorale della devozione alla Vergine nel condurre gli uomini a Cristo, siano le parole stesse che ella rivolse ai servitori delle nozze di Cana: Fate quello che egli vi dirà (Gv 2,5); parole, in apparenza, limitate al desiderio di porre rimedio a un disagio conviviale, ma, nella prospettiva del quarto Evangelo, sono come una voce in cui sembra riecheggiare la formula usata dal Popolo di Israele per sancire l’alleanza sinaitica (cfr Es 19,8; 24,3,7; Dt 5,27), o per rinnovarne gli impegni (cfr Gs 24,24; Esd 10,12; Ne 5,12), e sono anche una voce che mirabilmente si accorda con quella del Padre nella teofania del monte Tabor: Ascoltatelo! (Mt 17,5).

 

58. Abbiamo trattato diffusamente, Venerabili Fratelli, di un elemento che è parte integrante del culto cristiano: la venerazione verso la Madre del Signore. Lo ha richiesto la natura della materia, che è stata oggetto di studio, di revisione e, talora, di qualche perplessità in questi ultimi anni. Ci è di conforto il pensiero che il lavoro compiuto, in adempimento delle norme del Concilio, da questa Sede Apostolica e da voi stessi – in particolar modo, la riforma liturgica – sia valida premessa per un culto a Dio, Padre e Figlio e Spirito, sempre più vivo e adorante, e per la crescita della vita cristiana nei fedeli. Ci è motivo di fiducia la constatazione che la rinnovata Liturgia Romana costituisce, anche nel suo insieme, fulgida testimonianza della pietà della Chiesa verso la Vergine. Ci sostiene la speranza che le direttive, emanate per rendere tale pietà sempre più limpida e vigorosa, saranno sinceramente applicate. Ci allieta, infine, l’opportunità che il Signore ci ha concesso di offrire alcuni spunti di riflessione per rinnovare e confermare la stima verso la pratica del Rosario mariano. Conforto, fiducia, speranza, letizia sono i sentimenti che, unendo la Nostra voce alla voce della Vergine – come implora la Liturgia Romana –,125 vogliamo tradurre in fervida lode e ringraziamento al Signore.

 

Mentre auspichiamo, pertanto, che grazie al vostro impegno generoso, Fratelli Carissimi, ci sia nel clero e nel popolo, affidato alle vostre cure, un salutare incremento della devozione mariana con indubbio profitto per la Chiesa e per la società umana, impartiamo di cuore a voi ed a tutti i fedeli, cui è rivolto il vostro zelo pastorale, una speciale Benedizione Apostolica.

 

Dato a Roma, presso San Pietro, il 2 febbraio 1974, festa della Presentazione del Signore, anno undicesimo del Nostro Pontificato.

 

PAOLO PP. VI

 


 

1Cfr Lattanzio, Divinae Institutiones IV, 3, 6-10: CSEL 19, p.279.

 

2Cfr Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 1-3, 11, 21, 48: AAS 56 (1964), pp.97-98, 102- 103, 105-106, 113.

 

3Cfr Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 103: AAS 56 (1964), pp.125.

 

4Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 66: AAS 57 (1965), p.65.

 

5Ibid.

 

6Missa votiva della B. Maria Vergine Madre della Chiesa, Prefazio.

 

7Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 66-67: AAS 57 (1965), p.66-67; Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 103: AAS 56 (1964), p. 125.

 

8Cfr Esort. Ap. Signum magnum: AAS 59 (1967), pp.465- 475.

 

9Cfr Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 3: AAS 56 (1964), p.98.

 

10Cfr ibid., 102.

 

11Cfr Messale Romano riformato a norma dei decreti del Conc. Ecum. Vat. II e promulgato da Papa Paolo VI, ed. tipica 1970, 8 dicembre, Prefazio.

 

12Cfr Messale Romano riformato a norma dei decreti del Conc. Ecum. Vat. II e promulgato da Papa Paolo VI, Lezionario ed. tipica, 1969, IV dom. di Avvento: I lettura (Anno A: Is 7,10-14: «Ecco, la Vergine concepirà»; Anno B: 2Sam 7,l- 5. 8b-11. 16: «Il regno di Davide sarà saldo per sempre davanti al Signore»; Anno C: Mic 5,l-4a: «Da te uscirà il dominatore in Israele»).

 

13Ibid.: Vangelo (Anno A: Mt 1,18-24: «Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, figlio di Davide»; Anno B: Lc 1,26- 38: «Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce»; Anno C: Lc 1,39-45: «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?»).

 

14Cfr Messale Romano, Prefazio di Avvento, II.

 

15Messale Romano, ibid.

 

16Messale Romano, Preghiera Eucaristica I, Communicantes del Natale del Signore e ottava.

 

17Messale Romano, 1º gennaio, Ant. d’ingresso e Colletta.

 

18Cfr Messale Romano, 22 agosto, Colletta.

 

19Messale Romano, 8 settembre, Preghiera dopo la Comunione.

 

20Messale Romano, 31 maggio, Colletta.

 

21Cfr ibid., Colletta e Preghiera sulle offerte.

 

22Messale Romano, 15 settembre, Colletta

 

23Cfr n.1.

 

24Tra le molte Anafore, cfr le seguenti, particolarmente in onore presso gli Orientali: Anaphora Marci Evangelistae: Prex Eucharistica, ed. A. Hänggi-I. Pahl, Fribourg, Editions Universitaires, 1968, p.107; Anaphora Iacobi fratris Domini graeca, ibid., p.257; Anaphora Ioannis Chrysostomi, ibid., p.229.

 

25Cfr Messale Romano, 8 dicembre, Prefazio.

 

26Cfr Messale Romano, 15 agosto, Prefazio.

 

27Ci Messale Romano, 1º gennaio, Preghiera dopo la Comunione.

 

28Cfr Messale Romano, Comune della B. Maria Vergine, 6.  Tempo di Pasqua, Colletta.

 

29Messale Romano, 15 settembre, Colletta.

 

30Messale Romano, 31 maggio, Colletta. Nella stessa linea il Prefazio della B. Maria Vergine, II: «È veramente cosa buona e giusta… in questa memoria della Beata Vergine Maria magnificare il tuo amore per noi con il suo stesso cantico di lode».

 

31Cfr Lezionario, Dom. III di Avvento (Anno C: Sof 3,14- 18a); Dom. IV di Avvento (cfr prec. nota 12); Dom. nell’Ott. di Natale (Anno A: Mt 2,13-15. 19-23; Anno B: Lc 2,22-40; Anno C: Lc 2,41-52); Dom. II dopo Natale (Gv 1,1-18); Dom. VII di Pasqua (Anno A: At 1,12-14); Dom. II per annum (Anno C: Gv 2,1-12); Dom. X per annum (Anno B: Gn 3,9- 15); Dom. XIV per annum (Anno B: Mc 6,1-6).

 

32Cfr Lezionario, Pro catechumenatu et baptismo adultorum, Ad traditionem Orationis Dominicae (Lectio II, 2: Gal 4,4-7); Ad initiationem christianam extra Vigiliam paschalem (Evang., 7: Gv 1,1-5. 9-14. 16-18); Pro nuptiis (Evang., 7: Gv 2,1-11); Pro consecratione virginum et professione religiosa (Lectio I, 7: Is 61,9-11; Evang., 6: Mc 3,31-35, Lc 1,26-38 [cf Ordo consecrationis virginum, n.130; Ordo professioni religiosae, Pars altera, n.145]).

 

33Cfr Lezionario, Per i profughi e gli esuli (Vang., 1: Mt 2,13-15. 19-23); Per il ringraziamento (Prima lettura, 4: Sof 3,14-15).

 

34Cfr La Divina Comedia, Paradiso XXXI 11, 1-9; cfr Liturgia delle Ore, Memoria di santa Maria in Sabato, all’Ufficio delle letture, Inno.

 

35Cfr Rito del Battesimo dei bambini, n.48; Rito della iniziazione cristiana degli adulti, n.214.

 

36Cfr Rituale Romanum, Tit. VII, cap.III, De benedictione mulieris post partum.

 

37Cfr Rito della professione religiosa, Parte Prima, nn.57 e67.

 

38Cfr Rito della consacrazione delle vergini, n.16.

 

39Cfr Rito della professione religiosa. Parte Prima, nn.62 e 142; Parte Seconda, nn.67 e 158; Rito della consacrazione delle vergini, nn.18 e 20.

 

40Cfr Rito dell’unzione e cura pastorale degli infermi, nn.143, 146, 147, 150.

 

41Cfr Messale Romano, Messe dei defunti, Per i fratelli, parenti e benefattori, Colletta.

 

42Cfr Rito delle esequie, n.226.

 

43Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 63: AAS 57 (1965), p.64.

 

44Cfr Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 7: AAS 56 (1964), pp.100-101.

 

45Sermo 215, 4: PL 38, 1074.

 

46Ibid.

 

47Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 21: AAS 58 (1966), pp.827-828.

 

48Cfr Adversus Haereses IV, 7, I: PO 7, 1, 990-991; SCh 100, t.11, pp.454-458.

 

49Adversus Haereses III, 10, 2: PG 7, 1, 873; SCh 34, p.164.

 

50Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 62: AAS 57 (1965), p.63.

 

51Cfr Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 83: AAS 56 (1964), p.121.

 

52Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 63: AAS 57 (1965), p.64.

 

53Ibid., 64: AAS 57 (1965), p.64.

 

54Tractatus XXV (In Nativitate Domini), 5: CCL 138, p.123; SCh 22bis, p.132; cfr anche Tractatus XXIX (In Nativitate Domini), 1: CCL ibid., p.147; SCh ibid., p.178; Tractatus LXIII (De Passione Domini), 6: CCL ibid., p.386; SCh 74, p.82. 

 

55M. Férotin, Le «Liber Mozarabicus Sacramentorum», col.56.

 

56In purificatione B. Marine, Sermo III, 2: PL 183, 370; Sancti Bernardi Opera, ed. J. Leclercq-H. Rochais, IV, Roma 1966, p.342. 

 

57Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 57: AAS 57 (1965), p.61.

 

58Ibid., 58: AAS 57 (1965), p.61.

 

59Cfr Pio XII, Encicl. Mystici Corporis: AAS 35 (1943), p.247.

 

60Cfr Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 47: AAS 56 (1964), p.113.

 

61Cfr ibid., nn.102 e 106: AAS 56 (1964), p.113. 

 

62«…voglia tu ricordarti di tutti coloro che fin da questa vita ti riuscirono graditi, dei santi padri, dei patriarchi, dei profeti, degli Apostoli […] e della santa e gloriosa Madre di Dio Maria e di tutti i Santi […] si ricordino essi della nostra miseria e della nostra povertà, e ti offrano, insieme con noi, questo tremendo ed incruento sacrificio »: Anaphora Iacobi fratris Domini syriaca: Prex Eucharistica, ed. A. Hànggi – I. Pahl, Fribourg, Editions Universitaires, 1968, p.274.

 

63Expositio Evangelii secundum Lucam, II, 26: CSEL 32, IV, p.55; SCh 45, pp.83-84.

 

64Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 62: AAS 57 (1965), p.63.

 

65Cfr Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 103: AAS 56 (1964), p.125.

 

66Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 67: AAS 57 (1965), p.65.

 

67Cfr ibid., 67: AAS 57 (1965), pp.65-66.

 

68Cfr Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 104: AAS 56 (1964), p.125-126.

 

69Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 66: AAS 57 (1965), p.65.

 

70Cfr Paolo VI, Allocuzione del 24 aprile 1970, tenuta nel Santuario di Nostra Signora di Bonaria, in Cagliari: AAS 62 (1970), p.300.

 

71Pio IX, Lett. Ap. Ineffabilis Deus: Pii IX Pontificis Maximi Acta, I, 1, Roma 1854, p.599; cfr anche V. Sardi, La solenne definizione del dogma dell’immacolato concepimento di Maria Santissima, Atti e documenti…, Roma 1904-1905, vol. II, p.302. 

 

72Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 66: AAS 57 (1965), p.65.

 

73S. Ildefonso, De virginitate perpetua sanctae Mariae, cap.XII: PL 96, 108.

 

74Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 56: AAS 57 (1965), p.60 e gli autori citati nella relativa nota 176.

 

75Cfr S. Ambrogio, De Spiritu Sancto, II, 37-38: CSEL 79, pp.100-101; Cassiano, De incarnatione Domini, II, cap.II: CSEL 17, pp.247-249; S. Beda, Homelia I, 3: CCL 122, pp.18 e 20.

 

76Cfr S. Ambrogio, De institutione virginis, cap.XII, 79: PL 16 (ed. 1880), 339; Epistula 30, 3 ed Epistula 42, 7: ibid., 1107 e 1175; Expositio evangelii secundum Lucam, X, 132: SCh 52, p.200; S. Proclo di Costantinopoli, Oratio I, 1 ed Oratio V, 3: PG 65, 681 e 720; S. Basilio di Seleucia, Oratio XXXIX, 3: PG 85, 433, S. Andrea di Creta, Oratio IV: PG 97, 868; S. Germano di Costantinopoli, Oratio III, 15: PG 98, 305.

 

77Cfr S. Girolamo, Adversus Iovinianum, I, 33: PL 23, 267; S. Ambrogio, Epistula 63, 33: PL 16 (ed. 1880), 1249; De institutione virginis, cap.XVII, 195: ibid., 346; De Spiritu Sancto, III, 79-80: CSEL 79, pp.182-183; Sedulio, Inno «A solis ortus cardine», vv.13-14: CSEL 10, p.164; Inno Acathìstos, str. 23: ed. I. B. Pitra, Analecta Sacra, I, p.261; S. Proclo di Costantinopoli, Oratio I, 3: PG 65, 684; Oratio II, 6: ibid., 700; S. Basilio di Seleucia, Oratio IV: PG 97, 868; S. Giovanni Damasceno, Oratio IV, 10: PG 96, 672.

 

78Cfr Severo di Antiochia, Homilia 57: PO 8, pp.357- 358; Esichio di Gerusalemme, Homilia de sancta Maria Deipara: PG 93, 1464; Crisippo di Gerusalemme, Oratio in sanctam Mariam Deiparam, 2: PO 19, p.338; S. Andrea di Creta, Oratio V: PG 97, 896; S. Giovanni Damasceno, Oratio VI, 6: PG 96, 672.

 

79Liber Apotheosis, vv. 571-572: CCL 126, p.97. 

 

80Cfr S. Isidoro, De ortu et obitu Patrum, cap.LXVII, 111: PL 83, 148; S. Ildefonso. De virginitate perpetua sanctae Mariae, cap.X: PL 96, 95; S. Bernardo, In Assumptione B. Virginis Mariae, Sermo IV, 4: PL 183, 428; In Nativitate B. Virginis Mariae: ibid., 442; S. Pier Damiani, Carmina sacra et preces II, Oratio ad Deum Filium: PL 145, 921; Antiphona «Beata Dei Genitrix Maria»: Corpus antiphonialium officii, ed. R. J. Hesbert, Roma 1970, vol. IV, n.6314, p.80.

 

81Cfr Paolo Diacono, Homilia I, In Assumptione B. Marìae Virginis: PL 95, 1567; De Assumptione sanctae Mariae Virginis Paschasio Radberto trib., nn.31, 42, 57, 83: ed. A. Ripberger, in «Spicilegium Friburgense», n.9, 1962, pp.72, 76, 84, 96-97; Eadmero di Canterbury, De excellentia Virginis Mariae, cap.IV-V: PL 159, 562-567; S. Bernardo, In laudibus Virginis Matris, Homilia IV, 3: Sancti Bernardi Opera, ed. J. Leclercq – H. Rochais, IV, Roma 1966, pp.49-50.

 

82Cfr Origene, In Lucam Homilia VII, 3: PG 13, 1817; SCh 87, p.156; S. Cirillo di Alessandria, Commentarii in Aggaeum prophetam, cap.XIX: PG 71, 1060; S. Ambrogio, De fide, IV, 9, 113-114: CSEL 78, pp.197-198; Expositio evangelii secundum Lucam, II, 23 e 27-28: CSEL 32, IV, pp.53-54 e 55- 56; Severiano di Gabala, In mundi creationem oratio VI, 10: PG 56, 497-498; Antipatro di Bostra, Homilia in Sanctissimae Deiparae Annuntiationem, 16: PG 85, 1785.

 

83Cfr Eadmero di Canterbury, De excellentia Virginis Mariae, cap.VII: PL 159, 571; S. Amedeo di Losanna, De Maria Virginea Matre, Homilia VII: PL 188, 1337; SCh 72, p.184.

 

84De virginitate perpetua sanctae Mariae, cap.XII: PL 96, 106.

 

85Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 54: AAS 57 (1965), p.59; Cfr Paolo VI, Allocuzione ai Padri conciliari a chiusura della seconda Sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 4 dicembre 1963: AAS 56 (1964), p.37.

 

86Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, nn.6, 7-8, 9-17: AAS 57 (1965), pp.8-9, 9-12, 12-21.

 

87Ibid., n.63: AAS 57 (1965), p.64.

 

88S. Cipriano, De catholicae Ecclesiae unitate, 5: CSEL 3, p.214.

 

89Isacco della Stella, Sermo LI, In Assumptione B.Mariae: PL 194, 1863.

 

90Sermo XXX, 1: SCh 164, p.134.

 

91Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, nn.66-69: AAS 57 (1965), pp.65-67. 

 

92Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 25: AAS 58 (1966), pp.829-830.

 

93N. 13: AAS 56 (1964), p.103.

 

94Cfr Officium magni canonis paracletici, Magnum Orologion, Athenis 1963, p.558; passim nei canoni e nei troparii liturgici: cfr Sofronio Eustradiadou, Theotokarion, Chennevières- sur-Marne 1931, pp.9, 19.

 

95Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n.69: AAS 57 (1965), pp.66-67.

 

96Cfr ibid., n.66: AAS 57 (1965), p.65; Conc. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 103: AAS 56 (1964), p.125.

 

97Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n.67: AAS 57 (1965), pp.65-66.

 

98Cfr ibid., n.66: AAS 57 (1965), p.65.

 

99Cfr Paolo VI, Allocuzione tenuta nella Basilica Vaticana ai Padri Conciliari, il 21 novembre 1964: AAS 56 (1964), p.1017.

 

100Conc. Vat. II, Decr. sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, n.20: AAS 57 (1965), p.105. 

 

101Enc. Adiutricem populi: ASS 28 (1895-1896), p.135.

 

102Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n.56: AAS 57 (1965), p.60.

 

103S. Pietro Crisologo, Sermo CXLIII: PL 52, 583.

 

104Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n.55: AAS 57 (1965), pp.59-60.

 

105Cfr Paolo VI, Esort. Ap. Signum magnum. I: AAS 50 (1967), pp.467-468; Messale Romano, 15 settembre, Preghiera sopra le offerte.

 

106Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n.67: AAS 57 (1965), pp.65-66.

 

107Cfr S. Agostino, In Iohannis Evangelium, Tractatus X, 3: CCL 36, pp.101-102; Epistula 243, Ad Laetum, n.9: CSEL 57, pp.575-576; S. Beda, In Lucae Evangelium expositio, IV, XI, 28: CCL 120, p.237; Homilia I, 4: CCL 122, pp.26-27.

 

108Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n.58: AAS 57 (1965), p.61.

 

109Messale Romano, Domenica IV di Avvento, Colletta. Analogamente la Colletta del 25 marzo, che nella recita dell’Angelus Domini può sostituire la precedente.

 

110Pio XII, Lett. Philippinas Insulas all’Arcivescovo di Manila: AAS 38 (1946), p.419.

 

111Cfr Discorso ai partecipanti al III Congresso Internazionale Domenicano del Rosario: Insegnamenti di PaoloVI, I(1963), pp.463-464.

 

112Cfr AAS 58 (1966), pp.745-749.

 

113Cfr AAS 61 (1969), pp.649-654.

 

114Cfr n.13: AAS 56 (1964), p.103.

 

115Decr. sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, n.11: AAS 58 (1966), p.848.

 

116Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n.11: AAS 57 (1965), p.16.

 

117Cfr Decr. sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, n.11: AAS 58 (1966), p.848.

 

118N. 27.

 

119Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n.53: AAS 57 (1965), pp.58-59

 

120La Divina Commedia, Paradiso XXXIII, 4-6.

 

121Cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, nn.60-63: AAS 57 (1965), pp.62-64.

 

122Cfr Ibid., n.65: AAS 57 (1965), pp.64-65.

 

123Ibid., n.65: AAS 57 (1965), p.64.

 

124Cfr Conc. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n.22: AAS 58 (1966), pp.1042-1044.

 

125Cfr Messale Romano, 31 maggio, Colletta.