No alla donna prete. Ma che almeno pronunci lei l’omelia – di Sandro Magister

S. Caterina esorta Gregorio XI a tornare a RomaROMA, 7 marzo 2016 – La messa no. Sull’ordinazione sacra delle donne Francesco tagliò subito corto, da poco eletto papa. “La porta è chiusa in forma definitiva”, disse nella prima delle sue conferenze stampa in aereo. Anche l’omelia è parte della messa. Quindi sarebbe anch’essa preclusa. Ma pochi giorni fa “Donne Chiesa Mondo”, il supplemento femminile de “L’Osservatore Romano”, ha dedicato quasi l’intero suo numero di marzo proprio a reclamare che durante la messa le donne possano predicare l’omelia

> Donne che predicano

“Donne Chiesa Mondo” è curato da Lucetta Scaraffia, docente di storia all’università di Roma ed editorialista di spicco del quotidiano della Santa Sede. E ha una veste di ufficialità pari a quella de “L’Osservatore”.

Un’ufficialità ben cavalcata dal monaco Enzo Bianchi, priore di Bose e consultore del pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, che nell’ultima pagina del supplemento, nel tirare le fila della proposta, stabilisce lui stesso le “tre condizioni” in base alle quali essa dovrà essere attuata:

> A tre condizioni

La prima condizione – scrive Bianchi – è il “mandatum praedicandi” che il vescovo dovrà conferire ai fedeli, donne e uomini, che ritiene adatti a pronunciare omelie.

La seconda è la benedizione che durante la messa, prima dell’omelia, il sacerdote celebrante dovrà dare alla donna o all’uomo ai quali affida la predicazione, per mostrare che fa parte dello stesso atto di culto.

La terza condizione è che il fedele, donna o uomo, sia consapevole del proprio carisma ma anche della necessità di doverlo esercitare autorizzato dal vescovo, tramite una “imposizione delle mani che è una benedizione, non un sacramento”.

Posta così, la via sembrerebbe spianata. Ma in realtà non lo è affatto.

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Intanto c’è il codice di diritto canonico, che proibisce al semplice fedele, uomo o donna che sia, di tenere l’omelia.

Dice infatti il canone 767 § 1: “Tra le forme di predicazione è eminente l’omelia, che è parte della stessa liturgia ed è riservata al sacerdote o al diacono”.

Poi c’è il circostanziato divieto al semplice fedele di predicare durante la messa formulato congiuntamente nel 1997 da otto dicasteri della curia romana, con l’approvazione specifica di Giovanni Paolo II:

> Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti

L’istruzione dice tra l’altro:

“L’omelia, forma eminente di predicazione, è parte della stessa liturgia. Pertanto, durante la celebrazione dell’eucaristia deve essere riservata al ministro sacro, sacerdote o diacono. Sono esclusi i fedeli non ordinati, anche se svolgono il compito detto di ‘assistenti pastorali’ o di catechisti, presso qualsiasi tipo di comunità o aggregazione. Non si tratta, infatti, di eventuale maggiore capacità espositiva o preparazione teologica, ma di funzione riservata a colui che è consacrato con il sacramento dell’ordine sacro, per cui neppure il vescovo diocesano è autorizzato a dispensare dalla norma del canone, dal momento che non si tratta di legge meramente disciplinare, bensì di legge che riguarda le funzioni di insegnamento e di santificazione strettamente collegate tra di loro”.

E quindi:

“Si deve ritenere abrogata dal can. 767 § 1 qualsiasi norma anteriore che abbia ammesso fedeli non ordinati a pronunciare l’omelia durante la celebrazione della santa messa”.

E poi ancora ci sono secoli di storia della Chiesa nei quali la predicazione di semplici fedeli durante la messa non fu consentita.

Naturalmente nella storia non mancano casi eminenti di donne predicatrici, anche nelle cattedrali e su mandato di vescovi e papi. “Donne Chiesa Mondo” dà grande rilievo alle 61 “omelie” a noi giunte di Ildegarda di Bingen (1098-1179), proclamata da Benedetto XVI dottore della Chiesa. E Bianchi cita anche altri casi.

Ma più che di omelie propriamente dette si trattava per queste grandi donne di predicazioni al di fuori della messa, che non erano proibite nella loro epoca come non lo sono oggi.

Mentre per quanto riguarda le omelie in senso proprio tenute da laici, gli unici casi consentiti recenti che Bianchi esibisce sono il permesso “ad experimentum” per otto anni concesso da Paolo VI nel 1973 alla conferenza episcopale della Germania e, sempre nel 1973, il “Direttorio per le messe dei fanciulli”.

Nella pratica, si sa, gli strappi alla regola sono oggi numerosi. Bianchi lamenta però che avvengono “in modo selvaggio o, peggio ancora, in modo simulato”, ad esempio chiamando tali omelie tenute da donne e uomini “risonanze”.

È questo il caso del Cammino neocatecumenale, il cui anomalo rituale liturgico riguarda però l’intera messa, che nemmeno Benedetto XVI è riuscito a riportare all’ordine e che Francesco lascia andare alla deriva.

In altri casi riguardanti l’omelia propriamente detta, la Santa Sede è sporadicamente intervenuta. Una quindicina di anni fa, ad esempio, vietò alla Comunità di Sant’Egidio di far predicare dei laici nelle sue messe, in primis il suo fondatore Andrea Riccardi.

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Pochi sanno, però, che anche papa Francesco è intervenuto a ribadire il divieto, in linea generale.

Si legge infatti nei paragrafi 4 e 5 del “Direttorio omiletico” promulgato nel 2014 in forma di decreto dalla congregazione per il culto divino, con l’approvazione del papa:

“Data la sua natura liturgica, l’omelia possiede anche un significato sacramentale: Cristo è presente sia nell’assemblea riunita per ascoltare la sua parola, sia nella predicazione del ministro, tramite il quale il Signore stesso, che ha parlato una volta nella sinagoga di Nazaret, ora ammaestra il suo popolo. […] In quanto parte integrante del culto della Chiesa, l’omelia deve essere tenuta soltanto dai vescovi, dai sacerdoti o dai diaconi, […] o comunque sempre da chi è stato ordinato per presiedere o stare all’altare”.

Curiosamente, “Donne Chiesa Mondo” ignora del tutto questo “Direttorio” timbrato da Francesco, un papa che alle omelie tiene moltissimo, a giudicare da come vi si dedica ogni mattina a Santa Marta e da come ne ha scritto nel suo testo programmatico “Evangelii gaudium”.

Il supplemento femminile de “L’Osservatore Romano” dà invece grande risalto a una simpatica suora domenicana svedese, Madeleine Fredell, che si definisce “femminista, esploratrice di una teologia creativa e viva, politicamente impegnata”, che non cela il suo sentirsi “chiamata anche a essere sacerdote”, e che non potendolo diventare conclude dicendo:

“C’è una sola cosa che mi dispiace, però, ed è non poter pronunciare l’omelia durante la messa. Predicare è la mia vocazione come domenicana, e sebbene possa farlo quasi ovunque, talvolta perfino nella chiesa luterana, sono convinta che ascoltare la voce delle donne al momento dell’omelia arricchirebbe il nostro culto cattolico”.

Fonte: chiesa.espressonline.it