Nullità del matrimonio, cambiano le regole – di Lorenzo Bertocchi

papa-francesco-sacra-rotaCon due lettere Motu Proprio datae di Papa Francesco, dal titolo Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, oggi è stata resa nota la riforma del processo per le cause di annullamento del matrimonio, rispettivamente nel Codice di diritto canonico e nel Codice dei canoni delle Chiese orientali cattoliche. 

Nel giro di appena un anno si è arrivati al risultato presentato oggi. Il lavoro della commissione, nominata nell’agosto 2014, ha permesso al Papa di pronunciarsi, senza attendere i lavori del prossimo sinodo di ottobre. Come ha dichiarato Mons. Pio Vito Pinto, presidente della commissione incaricata, “il Papa ha capito nel Sinodo straordinario [del 2014] che su questa questione c’era quasi unanimità”.

Tenendo fermo il fatto che per la Chiesa la stella polare è “la salvezza delle anime”, queste sono le principali indicazioni della riforma:

– non è più richiesta la doppia sentenza conforme in favore della nullità del matrimonio, “affinché le parti siano ammesse a nuove nozze canoniche”. Rimane, ovviamente, la possibilità di appello e anche un terzo grado di giudizio;

– l’introduzione del “giudice unico”, comunque chierico, in prima istanza, viene rimessa alla responsabilità del vescovo. “Il vescovo dovrà costituire un tribunale per le cause di nullità nella sua diocesi”, ma avrà la facoltà di accedere a un altro tribunale di una diocesi vicina. “Le cause di nullità sono affidate a un collegio di tre giudici, presiedute da un chierico, mentre gli altri due giudici possono essere laici.”;

– il Vescovo stesso diviene “giudice” e può svolgere il compito senza delegare;

– il tribunale di seconda istanza per la validità deve sempre essere collegiale;

– viene introdotto il processo “breve”, che si aggiunge a quello cosiddetto “documentale”, e che si applica qualora “la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro” e “ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità”

– viene ripristinato l’appello alla sede metropolitana quale “segno distintivo della sinodalità nella Chiesa”.

Quelli sopra sono, in linea generale, i principali elementi introdotti dalla riforma presentata oggi in Vaticano. Una riforma che ha il suo principale obiettivo in una accelerazione dei tempi delle cause, ritenuti eccessivamente lunghi ed estenuanti.

Interessante notare che tra le cause che possono permettere di trattare il caso tramite la forma della processo “breve” vi è “quella mancanza di fede che può generare la simulazione nel consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici».

Il Papa ha firmato i due Motu proprio il 15 agosto scorso, festa dell’Assunzione di Maria, e ha voluto espressamente che fossero resi pubblici oggi, 8 settembre, festa della Natività di Maria. La commissione incaricata ha votato all’unanimità i testi che, a loro volta, sono stati sottoposti al parere di quattro “grandi esperti” i cui nomi però non sono stati svelati.

E adesso il Sinodo sulla famiglia. Viene spontaneo chiedersi come influenzerà il dibattito questa riforma che, a molte orecchie, suona come l’anticipazione di un tema che dentro l’aula sinodale avrebbe dovuto mettere d’accordo tutti. Un freno ai novatori? Un segnale ai “conservatori”? Forse nessuno dei due, o tutti e due.

articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana