Papa Francesco ai nunzi apostolici: siate pastori, no a borghesia dello spirito e della vita

Amare la Chiesa e il Paese, che si è chiamati a servire, attraverso la mortificazione, il sacrificio, il distacco da se stessi, attraverso un costante rapporto con il Signore. Così si è espresso Papa Francesco con i rappresentati pontifici ricevuti in Sala Clementina. 

 Il Santo Padre ha ribadito la centralità della testimonianza di amore e la necessità di fuggire da quella che ha definito la “borghesia dello spirito e della vita”.

“La vostra è una vita spesso difficile, a volte in luoghi di conflitto (…) Quanto dolore, quanta sofferenza! Un continuo pellegrinaggio senza la possibilità di mettere radici in un posto, in una cultura, in una specifica realtà ecclesiale.

Ma è una vita che cammina verso le promesse e le saluta da lontano. Una vita in cammino, ma sempre con Gesù Cristo che vi tiene per mano”. Grazie ancora per questo!

Noi sappiamo che la nostra stabilità non sta nelle cose, nei propri progetti o nelle ambizioni, ma nell’essere veri Pastori che tengono fisso lo sguardo su Cristo”.

 
Il Papa si è stretto con l’affetto che lui stesso definisce “del cuore”, “non formale”, ai rappresentanti pontifici, li chiama “mediatori” costruttori di “comunione”.

Con il suo discorso si “mette accanto a ciascuno”. Sottolinea l’impegno, la mobilità da un “continente all’altro”.

“La vostra è una vita di nomadi”, puntualizza stilando il parallelo con Abramo, “uomo di fede in cammino” che dice si a Dio:

“Questo comporta due elementi, a mio parere. Anzitutto la mortificazione, perché davvero andare con la valigia in mano è una mortificazione, no?, il sacrificio di spogliarsi di cose, di amici, di legami e iniziare sempre di nuovo.

E questo non è facile; è vivere nel provvisorio, uscendo da se stessi, senza avere un luogo dove mettere radici, una comunità stabile, eppure amando la Chiesa e il Paese che siete chiamati a servire”.

 

Papa Francesco ha sottolineato la necessità di professionalità, ma soprattutto la prossimità con le persone, l’imprescindibilità della ricerca, dell’affidamento al Signore.

“Lui è il bene promesso – ha rimarcato – Questo non deve sembrarci mai qualcosa di scontato”. Da qui, la testimonianza di Cristo “bene prezioso da comunicare, da annunciare, da rappresentare”:

“I beni, le prospettive di questo mondo finiscono per deludere, spingono a non accontentarsi mai; il Signore è il bene che non delude. L’unico che non delude.

E questo esige un distacco da se stessi che si può raggiungere solo con un costante rapporto con il Signore e l’unificazione della vita attorno a Cristo.

E questo si chiama familiarità con Gesù. La familiarità con Gesù Cristo dev’essere l’alimento quotidiano del rappresentante pontificio, perché è l’alimento che nasce dalla memoria del primo incontro con Lui e perché costituisce anche l’espressione quotidiana di fedeltà alla sua chiamata”.

La familiarità con Gesù Cristo – ha spiegato il Papa – nella preghiera, nella celebrazione eucaristica, nel servizio della carità”. Poi, precisa, c’è sempre il pericolo, anche per gli uomini di Chiesa, di cedere nella “mondanità spirituale”:

“Cedere allo spirito del mondo, che conduce ad agire per la propria realizzazione e non per la gloria di Dio, a quella sorta di ‘borghesia dello spirito e della vita’ che spinge ad adagiarsi, a ricercare una vita comoda e tranquilla”.

Citando il discernimento del Beato Giovanni XXIII, ha parlato di “fogliame inutile” o di “andare diritto all’essenziale, che è Cristo e il suo Vangelo”, “altrimenti – ha evidenziato – si rischia di volgere al ridicolo una missione santa”:

“E’ una parola forte questa del ridicolo, no?, ma è vera: cedere allo spirito mondano espone soprattutto noi Pastori al ridicolo. Potremo forse ricevere qualche applauso, ma quegli stessi che sembreranno approvarci, poi ci criticheranno alle spalle”.

“Fate sempre tutto con profondo amore!”, ha più volte detto, “nella carità“, con “professionalità”. “Ricercate sempre il bene, il bene di tutti, il bene della Chiesa e di ogni persona”, ha proseguito.

Poi, la raccomandazione relativa “al delicato compito di realizzare l’indagine per le nomine episcopali”:

“Siate attenti che i candidati siano Pastori vicini alla gente: questo è il primo criterio. Pastori vicini alla gente (…)

Che siano padri e fratelli, siano miti, pazienti e misericordiosi; che amino la povertà, interiore come libertà per il Signore e anche esteriore come semplicità e austerità di vita, che non abbiano una psicologia da “Principi”.

Siate attenti che non siano ambiziosi, che non ricerchino l’episcopato”.

“Siano capaci” di sorvegliare, ha aggiunto Papa Francesco, di vigilare, di proteggere il “gregge” che sarà loro affidato. “Il vescovo è quello che fa la veglia, che siano capaci di vegliare”:

“I Pastori sappiano essere davanti al gregge per indicare la strada, in mezzo al gregge per mantenerlo unito, dietro al gregge per evitare che qualcuno rimanga indietro e perché lo stesso gregge ha, per così dire, il fiuto nel trovare la strada”.

 

Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana