«Prediche gay a Roma, il cardinale sconfessa Ratzinger» di Tommaso Scandroglio

Don Paolo Salvini, parroco a Roma presso la chiesa di San Fulgenzio, ha organizzato delle letture del Vangelo gestite da persone omosessuali, il tutto con la benedizione del cardinal Angelo De Donatis, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, secondo quanto riporta Repubblica.
Spiega Don Paolo: «Una cosa è essere aperti teoricamente all’inclusione, un’altra è davvero ascoltarsi.

Non è detto che il punto di vista mio sia sempre il migliore. Per questo abbiamo chiesto che siano le persone omosessuali che già frequentano la nostra parrocchia a introdurre mensilmente un momento di preghiera aperto a tutti.

In questo modo partecipano alla vita comunitaria senza ghettizzarsi e portano un contributo importante per ognuno. Non facciamo una lettura omosessuale della Scrittura ma permettiamo alle persone omosessuali di parlare della Scrittura secondo la loro sensibilità affinché tutti ne siano arricchiti».

Una prima obiezione: si suppone che la sensibilità della persona omosessuale sia omosessuale anch’essa – altrimenti perché dedicare questi momenti specificatamente alle persone omosessuali? – e dunque il filtro esegetico applicato alla Scrittura sarà pure lui di carattere omosessuale. Perciò in quella parrocchia si fa una lettura omosessuale della Scrittura.

Il gruppo si chiama Nuova Proposta, gruppo che fa parte di Cammini di Speranza, associazione nazionale che riunisce le persone Lgbt “cristiane”. Le virgolette sono d’obbligo per evitare di inciampare nel principio di non contraddizione: non può esistere un’omosessualità cristiana, né un cristianesimo omosessuale.

Così come non può esistere una menzogna cristiana oppure un cristianesimo menzognero. Altro discorso è l’esistenza di credenti che sperimentano un orientamento omosessuale e cercano, soprattutto con l’aiuto della grazia, di superarlo.

Ma l’omosessualità e le condotte omosessuali, al pari della menzogna, nulla hanno a che vedere con la fede cattolica. Dove c’è l’una non ci può essere l’altra.

Il portavoce Andrea Rubera dell’associazione Cammini di Speranza racconta: «All’inizio eravamo ospitati per fare degli incontri fra di noi, senza contaminazione con la parrocchia.

Poi è arrivata dal parroco la proposta di implicarci di più con gli altri, e così abbiamo fatto.

Ogni mese apriamo una catechesi nella quale riflettiamo su degli episodi del Vangelo significativi dal punto di vista dell’inclusività — il dialogo fra Gesù e la Samaritana, ad esempio — quindi facciamo un momento di silenzio e poi ci confrontiamo.

A tema non c’è l’omosessualità, la prospettiva è infatti un’altra, è avere voce per tutti, è far sì che la nostra sensibilità abbia diritto d’esistenza.

Tempo fa avevo partecipato a degli incontri che in forma più o meno nascosta la diocesi organizzava per gli omosessuali credenti. C’era sempre qualcuno che doveva ‘indottrinarci’. Qui no. Qui il nostro punto di vista conta, e contiamo noi come persone. La premessa è l’ascolto non giudicante, una metodologia molto forte, dunque, che costringe ad ascoltare l’altro senza volere a tutti i costi controbattere».

Il punto critico è proprio questo: con tali incontri non si vuole che la persona omosessuale esca dalla propria condizione di omosessualità, magari attraverso il dialogo, il confronto, l’ascolto, l’accompagnamento, la condivisione.

Volere ciò sarebbe un atteggiamento giudicante e non inclusivo, innervato da uno spirito catechetico. Niente di tutto questo. L’intento è quello di affermare che la condizione omosessuale e le condotte omosessuali si possono conciliare con la fede cattolica, anzi che l’omosessualità è una variante arricchente di quest’ultima. Chiamasi omoeresia.

Infatti gli incontri non vertono sull’omosessualità, ma s’invita la persona omosessuale per dar prova che il Vangelo può essere vissuto anche nella prospettiva omosessuale.

Così come si potrebbe chiamare il divorziato per fargli commentare il Vangelo non alla luce dell’esperienza di una persona che si è pentita di aver divorziato – perché in questo caso tale esperienza sarebbe in sintonia con i principi evangelici – bensì alla luce dell’esperienza di una persona che crede di aver fatto bene a divorziare.

La strategia dell’associazione Cammini di Speranza e del gruppo Nuova Proposta è stata esplicitamente condannata nel 1986 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede con il documento Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, lettera approvata direttamente da Giovanni Paolo II: «Anche all’interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche.

Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l’insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo.

Si tenta di raccogliere sotto l’egida del Cattolicesimo persone omosessuali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale.

Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione» (no.9); «Alcuni gruppi usano perfino qualificare come «cattoliche» le loro organizzazioni o le persone a cui intendono rivolgersi, ma in realtà essi non difendono e non promuovono l’insegnamento del Magistero, anzi talvolta lo attaccano apertamente.

Per quanto i loro membri rivendichino di voler conformare la loro vita all’insegnamento di Gesù, di fatto essi abbandonano l’insegnamento della sua Chiesa.

Questo comportamento contraddittorio non può avere in nessun modo l’appoggio dei Vescovi» (no. 14); «Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale» (no. 15); «Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l’insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l’apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti» (no. 17).

Detto tutto ciò il cardinale Angelo De Donatis dovrebbe intervenire quanto prima.

 

La Nuova Bussola Quotidiana