Pubblicata l’Esortazione apostolica “Gaudete et Exultate” di Papa Francesco. Il Commento di Sandro Magister

Bergoglio vescovo-papaLa presentazione ufficiale nella sala stampa vaticana, lunedì 9 aprile, di “Gaudete et exsultate” – la terza esortazione apostolica di papa Francesco dopo “Evangelii gaudium” e “Amoris laetitia” – è stata un esercizio del tutto inutile, sia per la nullità delle cose dette, nemmeno riprese nel bollettino di rito, sia per l’insignificanza di chi le ha dette: il vicario della diocesi di Roma Angelo De Donatis, la ex presidente dell’Azione cattolica italiana Paola Bignardi e il giornalista Gianni Valente, quest’ultimo amico stretto di Jorge Mario Bergoglio da prima che fosse eletto papa.

Tutti e tre con l’aria di aver solo letto in anticipo il documento che dovevano illustrare, senza saperne niente di più.

In compenso, però, è arrivato subito dopo il direttore della “Civiltà Cattolica”, il gesuita Antonio Spadaro, a riempire il vuoto della presentazione ufficiale.

Padre Spadaro, infatti, ha messo in rete lo stesso giorno nel sito web della sua rivista – stampata con l’imprimatur del papa – una propria presentazione in quattro lingue di “Gaudete et exsultate” che fin dal titolo annuncia di rivelarne “radici, struttura e significato”. E l’ha fatto con tale abbondanza e precisione di dati da far pensare che se la compilazione iniziale del documento papale non è stata opera sua, poco ci manca.

In “Gaudete et exsultate” non c’è nulla che Bergoglio non abbia già detto e scritto, anche in anni lontani. E Spadaro ne fornisce l’indice:

– la prima grande intervista di papa Francesco a “La Civiltà Cattolica” dell’agosto 2013;
– l’idea della “santità della porta accanto” ripresa dallo scrittore francese Joseph Malègue, caro a Bergoglio;
– alcuni passaggi di “Evangelii gaudium”, testo programmatico di questo pontificato;
– le “Reflexiones sobre la vida apostolica” scritte da Bergoglio nel 1987;
– la presentazione fatta da Bergoglio nel 1989 del libro “Il mio ideale di santità” del gesuita argentino Ismael Quiles, che fu suo professore;
– la massima “simul in actione contemplativus” del gesuita Jerónimo Nadal, uno dei primi compagni di sant’Ignazio di Loyola;
– il libro “Discernimiento y lucha espiritual” del gesuita Miguel Ángel Fiorito, padre spirituale del giovane Bergoglio, che ne scrisse la prefazione nel 1985;
– la massima di sant’Ignazio carissima a Francesco: “Non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo divinum est” (Non esser costretto da ciò ch’è più grande, essere contenuto in ciò ch’è più piccolo, questo è divino);
– il documento conclusivo della conferenza generale dell’episcopato latinoamericano di Aparecida del 2007, di cui Bergoglio fu il principale estensore;
– e infine varie omelie mattutine di Francesco a Santa Marta.

Ma su questa trama di fondo, con tema generale la “chiamata di tutti alla santità”, papa Francesco ha creduto bene di infilare una raffica di sue invettive – anche queste ricorrenti in tanti suoi precedenti scritti e discorsi – contro i suoi critici e le loro obiezioni.

*

Dei suoi obiettori dentro la Chiesa Francesco traccia in “Gaudete et exsultate” un profilo pregiudizialmente squalificante.

Sono quelli con “faccia da funerale” che hanno “l’ossessione per la legge, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa”.

Sono quelli che piegano la religione “al servizio delle proprie elucubrazioni psicologiche e mentali”.

Sono quelli che concepiscono la dottrina come “un sistema chiuso, privo di dinamiche capaci di generare domande, dubbi, interrogativi”.

Sono quelli che si rinchiudono in una “mediocrità tranquilla e anestetizzante”, fatta di “individualismo, spiritualismo, chiusura in piccoli mondi, dipendenza, sistemazione, ripetizione di schemi prefissati, dogmatismo, nostalgia, pessimismo, rifugio nelle norme”.

Sono quelli che amano “lustrarsi gli occhi in una presunta estasi” e accampano “una santità di ‘tintoria’, tutta bella, tutta ben fatta” ma in realtà “finta”.

Sono, in due parole, i moderni “gnostici” e “pelagiani”, versione attuale di queste due antiche eresie.

In queste invettive di papa Francesco contro i suoi obiettori si può ravvisare qualche riferimento “ad personam”?

Stando a quanto scrive padre Spadaro, si direbbe di sì.

C’è un passaggio, nel paragrafo 26 di “Gaudete et exsultate”, che sembra liquidare due millenni di monachesimo contemplativo, maschile e femminile:

“Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio. Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione”.

Ed ecco che cosa scrive Spadaro, nel fare l’esegesi di questo passaggio:

“Questo è l’ideale ignaziano, infatti, secondo la celebre formula di uno dei suoi primi compagni, il p. Jerónimo Nadal: essere ‘simul in actione contemplativus’. Le alternative quali ‘o Dio o il mondo’ oppure ‘o Dio o il nulla’ sono errate”.

Attenzione. “Dio o il nulla” e “La forza del silenzio” sono esattamente i titoli dei due libri maggiori del cardinale Robert Sarah, cioè del più autorevole portatore di una visione della Chiesa cattolica alternativa a quella propugnata da papa Francesco.

*

Oltre alle invettive contro gli oppositori, in “Gaudete et exsultate” Francesco ha poi inserito anche alcune risposte a critiche portate contro di lui.

Ad esempio, nei paragrafi 101 e 102, le critiche al suo modo di trattare la questione dei migranti:

“Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi ‘seri’ della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano”.

Altro esempio. Nel paragrafo 115 il papa se la prende con quei “media cattolici” che cercano “di compensare le proprie insoddisfazioni” violando l’ottavo comandamento: “Non dire falsa testimonianza”, pur di “distruggere l’immagine altrui senza pietà”.

Curiosamente, però, il giorno in cui Francesco ha apposto la sua firma a “Gaudete et exsultate” è stato il 19 marzo.

Che era la festa di san Giuseppe. Ma era anche il giorno finale della “saga Viganò”, cioè della più colossale “fake news” fin qui fabbricata dal pontificato di Francesco, per di più ai danni del suo innocente predecessore Benedetto XVI.

 

Settimo Cielo