Renzi: «Abbiamo perso. Inutile inseguire Grillo, sfidiamolo». E su un suo impegno si sbilancia (ma non troppo)

Matteo Renzi, dopo aver smentito di essere disponibile a diventare il nuovo  presidente del Consiglio, scrive nella newsletter inviata ai suoi sostenitori: «A forza di stare zitto, mi attribuiscono di tutto. Intrighi, progetti,  desideri. In attesa che qualcuno scriva della mia candidatura al prossimo  conclave», scrive Renzi. il primo cittadino fiorentino analizza i risultati  delle elezioni. «Niente giri di parole: il centrosinistra le ha perse. La  vittoria numerica alla Camera non è sufficiente e lo sappiamo.

 

E non si dica: “Ah, gli italiani si sono fatti abbindolare, non ci hanno capito” come  ha detto qualche solone dei nostri in tv nelle ore della débâcle. Gli italiani  capiscono benissimo i politici: casomai non sempre accade il contrario». Quindi ritorna a quel che aveva già detto: «Io quello che avevo da dire l’ho  detto alle primarie. Non ce l’ho fatta, mi sono preso la mia responsabilità. Ho  praticato la lealtà in tutta la campagna elettorale: non perché mi convenisse,  ma perché è giusto rispettare i risultati, sempre. Perché credo che lo stile  abbia un ruolo persino in politica.

 

Oggi non dirò: “Ma io ve l’avevo  detto”. Quelli che sono stati zitti durante le primarie e che poi ci  spiegano che loro avevano capito tutto sono insopportabili: passi saltare sul  carro del vincitore, ma adesso affollare quello del perdente mi suona ridicolo.  Io ho combattuto Bersani a viso aperto quando non lo faceva nessuno, guardandolo  negli occhi. Non lo pugnalo alle spalle, oggi: chiaro? Nello zoo del Pd ci sono  già troppi tacchini sui tetti e troppi giaguari da smacchiare per permettersi  gli sciacalli del giorno dopo».

 

Dopo aver rivendicato alcune sue battaglie (come l’abolizione del  finanziamento ai partiti) scrive Renzi: «Trovo sbagliato e dannoso inseguire  Beppe Grillo sul suo terreno, quello delle dichiarazioni ad effetto. Quello  della frase di tutti i giorni. Tanto lui cambia idea su tutto, la storia di  questi ultimi 30 anni lo dimostra. Grillo non va rincorso, va sfidato. Sulle  cose di cui parla, spesso senza conoscerle. Vogliamo riflettere sull’utilizzo  della rete in politica? Bene, il nostro comune è un comune che è leader negli  open data. Ne parliamo? Vogliamo parlare delle donne in politica? Bene, noi  abbiamo la maggioranza di donne in giunta: altrove cacciano le assessore se  rimangono incinta. Ne parliamo? Vogliamo parlare di innovazione ambientale?  Bene, noi abbiamo fatto il primo piano strutturale a volumi zero, senza mattoni,  di una grande città. Ne parliamo?».

 

«Siamo in grado di fare una riflessione più seria?», dice Renzi. «Da  vent’anni l’Italia non cresce. Lo inventiamo un nuovo modello di sviluppo  sostenibile o continuiamo a sognare grandi opere e piccoli risultati? L’Istat  dice che c’è il record di disoccupati, le aziende falliscono perché gli Enti  Locali non pagano per colpa del patto di stabilità, fior di investitori  potrebbero intervenire in Italia ma sono bloccati dalla crisi del sistema  politico e dalle incertezze del sistema burocratico. E noi che facciamo?  Pensiamo di uscirne vivi offrendo a Grillo la Camera e a Berlusconi il Senato,  secondo gli schemi che hanno già fallito in passato? Come se non bastasse – diciamola tutta – per la prima volta un Paese europeista come l’Italia vede  affiorare un voto antieuropeo, che è un fatto molto pericoloso di cui anche i  commentatori si sono occupati poco. Qualcuno inizia a credere al fatto che i  problemi italiani derivano dall’eccesso di Europa nella nostra vita quotidiana  quando in realtà è vero il contrario: c’è poca Europa, non troppa Europa».

 

Ed ecco il finale, in cui Renzi cammina sulla lama sottile di un rasoio, ora  sbilanciandosi, ora ritraendosi: «Per tutti questi motivi, da italiano, sono  pronto a partecipare a una discussione vera su quello che serve al Paese. Ma se  devo andare ai caminetti di partito sulle indiscrezioni della stampa o a  partecipare al festivalbar delle candidature, beh, scusate, ma da queste parti  abbiamo da lavorare. Mentre a Roma si discute, nelle città si affrontano i  problemi, dalle emergenze occupazionali fino alle buche nelle strade».

 

Fonte: Tempi