Inferno o no, è evidente che sull’intervista di Eugenio Scalfari a Papa Francesco c’è ancora molto da scavare. Preso per buono che, come sostenuto dalla Sala Stampa Vaticana, le parole attribuite dal fondatore di Repubblica al Papa non vanno intese come una fedele trascrizione delle parole di Francesco, ma una sua libera ricostruzione, restano sul piatto tutti gli interrogativi di una vicenda ancora ambigua.
Anzitutto la smentita del Vaticano, che non ha propriamente smentito un bel nulla. Più che rettifica, nel linguaggio giornalistico, si chiama precisazione.
In sostanza, da quello che la sala stampa dice, dell’argomento dell’esistenza dell’Inferno nella chiacchierata privata tra “Barbapapà” e Bergoglio si è parlato, eccome.
Ma in che termini? Questo non è dato sapere, perché la natura della chiacchierata privata, puntualmente finita sul giornale, non è stata resa nota. Impossibile dunque che un giornalista navigato come Scalfari si sia inventato di sana pianta una domanda e la relativa risposta.
Ma che la patata sia al punto giusto da essere un tizzone ardente lo provano non le indiscrezioni dei criticoni del pontificato di Papa Francesco, ma il quotidiano la Repubblica, che in questi giorni sta andando in corto circuito.
Lunedì Piergiorgio Odifreddi ha sparato ad alzo zero sul fondatore di Repubblica e sullo stesso giornale per il quale scrive da anni, accusandoli di fabbricare fake news.
Con un’accusa del genere, il direttore Mario Calabresi ha dovuto fare quello che qualunque altro direttore di giornale farebbe quando un collaboratore accusa la ditta di fabbricare notizie false. Così ha interrotto una collaborazione, quella con Odifreddi, che andava avanti da quasi vent’anni, con reciproca soddisfazione.
Eppure, anche in quell’occasione, nel difendere il buon nome dei giornalisti di Rep, tra cui anche Scalfari, Calabresi non ha spiegato come siano andate davvero le cose.
In sostanza: ha difeso il suo giornale e quindi Scalfari dall’accusa di aver fabbricato una fake news, ma non ha provveduto neanche ieri a pubblicare la precisazione della Sala stampa vaticana, indirizzata a rigor di logica, soprattutto al giornale che ha fatto partire la presunta falsa notizia.
Nella sua intemerata Odifreddi infatti mette il dito nella piaga e non solo accusando Rep, ma definendo anche un problema gli incontri tra Scalfari e Bergoglio, dipingendo il Papa come un intellettuale non raffinato, non un grande pensatore e un avventato che si circonda di “una variopinta corte dei miracoli”. Infine: “Un papa che non si è rivelato più adeguato del suo predecessore ai compiti amministrativi”.
Parole pesantissime. Quel che pesa di più però è il giudizio su Repubblica definito un giornale palesemente filovaticano, grazie all’amicizia di un papa che essendo anche gesuita “potrebbe nascondere parecchia furbizia dietro la propria apparente banalità” per avere “l’aperto supporto di uno dei due maggiori quotidiani italiani”.
Ecco il peccato di Repubblica che non si deve confessare. Da buon giornale partito, il quotidiano sa perfettamente che deve tenere una parte in gioco. E la parte ha strettamente a che fare con il nuovo corso vaticano, diversamente, se ci fosse stato da sacrificare l’autorevolezza del fondatore, non si sarebbe fatto alcuno scrupolo.
Non è un caso infatti che Scalfari sia stato smentito ultimamente due volte, l’ultima quando il poveretto ha osato dire che tra Berlusconi e Di Maio era comunque meglio l’odiato e storico avversario.
In quel caso si scrissero articolesse per prendere le distanze da “Barbapapà”. Ma stavolta invece non solo si è taciuto sulle notizie conseguenti ad una notizia data da loro, ma si prendono anche provvedimenti che sembrano prefigurare una sorta di censura interna degli oppositori.
Il quotidiano di Calabresi rinuncia così alla principale arma dei giornalisti: difendere le proprie idee e incassa l’appoggio anche della grande stampa, in un insolito fair play teso a minimizzare l’incidente.
In fin dei conti tanto a Scalfari quanto a Repubblica non importa che la Santa Sede abbia smentito le parole attribuite al Papa, perché sanno evidentemente che Oltretevere nessuno pretenderà la pubblicazione della smentita.
E’ un astuto gioco delle parti che conviene ad entrambi, quale sia l’obiettivo, questo non è ancora dato sapere. Di sicuro adesso il nuovo corso Vaticano sa di avere nello storico giornale del laicismo italiano un valido alleato.