Sant’Elena e il ritrovamento delle reliquie della Santa Croce

Morto Gesù e seppellito la sera del 15 Nisam, gli strumenti della crocifissione, cioè la croce e i chiodi tanto di Gesù che dei due ladroni crocifissi ai suoi lati, vennero sotterrati in una fossa o grotta vicino al sepolcro che Giuseppe d’Arimatea aveva donato per ricevere le spoglie del Messia. Questo perché per gli ebrei gli strumenti del supplizio, essendo disonorati dall’uso che ne era stato fatto, dovevano essere seppelliti in luoghi appartati .

Risorto Gesù e salito al Cielo, i luoghi del suo martirio divennero presto per i cristiani luoghi sacri presso cui recarsi a pregare. Lo storico Eusebio di Cesarea (265-340), nella sua Vita Constantini, narra che l’imperatore Adriano (117-138), divenuto negli ultimi tempi della sua vita tiranno geloso e sospettoso, decretò la profanazione del Golgotha e del Santo Sepolcro, ordinando che tutta la depressione che separava i due luoghi fosse riempita di terra in modo da chiudere l’entrata al S. Sepolcro e far sparire il Golgotha.  Su questo terrapieno fece costruire un tempio a Giove, sul Sepolcro, ed uno a Venere, sulla fossa della Croce.

“Insensato, – esclama Eusebio – credeva di nascondere al genere umano lo splendore del sole che si era levato al mondo! Non si accorgeva che, volendo far dimenticare i luoghi santi, ne fissava irrevocabilmente il posto e che, nel giorno stabilito dalla Provvidenza per la liberazione della Chiesa, le colonne impure del tempio sarebbero state indicazioni infallibili per la scoperta dei santuari!” Inoltre non si rese conto che ricoprendo la Croce con una costruzione in mattoni la preservava dalla corrosione dovuta alle piogge e agli altri agenti esterni.

L’imperatore Costantino, convertitosi al cristianesimo ed emanato l’Editto di Tolleranza della religione cristiana (313), decise di far erigere due grandi basiliche, una sul Golgotha, il Martyrion, e l’altra sul S. Sepolcro, l’Anastasis.  Durante la demolizione dei precedenti templi, necessaria per riportare alla luce i luoghi e costruire le nuove chiese, giunse a Gerusalemme la Madre dell’imperatore, S. Elena, vecchia quasi ottuagenaria.

Adornata di grandi virtù cristiane, come testimoniato da molti storici, ebbe un’eccezionale intuizione: la croce, che era apparsa a Costantino prima della vittoria su Massenzio e che era stata la sorgente delle fortune di suo figlio e sue, andava tolta dall’oblio e glorificata.  Pensò: “Se Maria ha fatto nascere in terra Dio, io alzerò alto il segno della redenzione!”

S. Ambrogio nel “De obitu Theodosii” ricorda il viaggio in Terra Santa con queste parole: “Si recò sul Golghota, i soldati videro quella vecchia donna, quella vecchia madre aggirarsi e inginocchiarsi tra le macerie – Ecco il luogo della battaglia: dov’è la vittoria? – disse Elena – Io sono sul trono e la croce del Signore nella polvere? Io sono in mezzo all’oro e il trionfo di Cristo tra le rovine? Vedo cosa hai fatto, o diavolo, perché fosse seppellita la spada che ti ha annientato!” Tanta fede e tanto coraggio fanno esclamare ad Ambrogio: “Beato fu Costantino per una tale madre”.

Si aggirava fra le impalcature pregando e supplicando il Signore di esaudire i suoi voti e finalmente un giorno individuò il punto esatto dove la S. Croce era sepolta. Fece scavare lì fino  alla profondità in cui comparve una tavola coperta di terra, era l’elogium scritto da Pilato, la tavola appesa alla croce di Gesù che indicava il motivo della condanna a morte: “Gesù Nazareno re dei giudei”.

Mentre la santa donna baciava piangendo il titolum glorioso, i muratori estraevano le tre croci e gli elogi dei due ladroni.

Ma la gioia del momento fu subito turbata dalla considerazione che non era possibile distinguere la Croce di Gesù dalle altre due. Allora il santo Vescovo di Gerusalemme, Macario, ebbe una felice intuizione. Fece portare le tre croci a casa di un’illustre moribonda, pronunciando questa preghiera: “Signore, tu che concedesti la salute al genere umano per la morte di croce del Figlio Tuo Unigenito e che ora hai ispirato alla tua serva Elena di cercare il legno beato dove fu sospesa la nostra salvezza, mostraci con evidenza quale delle croci servì per la gloria divina e quali furono supplizio dei malfattori. Fa che questa donna, che giace sul letto semiviva, al tocco del legno salutare sorga subito dalla morte imminente alla vita.”

E, come racconta lo storico Rufino, dopo aver toccato la donna con la prima e la seconda croce senza risultato alcuno, al tocco della terza croce la moribonda guarì istantemente, alzandosi dal letto e glorificando il Signore.

S. Elena fece tre parti della Croce, una la lasciò a Gerusalemme, un’altra la spedì subito al figlio Costantino che la fece mettere nella sua statua eretta nel foro di Costantinopoli e la terza la portò con sé a Roma insieme ad una parte del titolum, a uno o due chiodi della crocifissione e a qualche spina della corona con cui i militari romani avevano martoriato Gesù, oltre a sacchi di terra del Calvario. Tutto questo prezioso carico andò ad arricchire la Basilica che aveva costruito a Roma nel suo palazzo sessoriano, che oggi si chiama Basilica di S. Croce in Gerusalemme, dove è custodito ciò che resta di quel santo bottino che, da allora, non è mai uscito da lì.

(Notizie tratte da: D. Balduino Bedini O. Cist., Le reliquie della Passione del Signore, Basilica S. Croce, Roma, 1997)

 

Paola de Lillo