Se pensate ancora che in Siria sia in atto una guerra tra buoni e cattivi, leggete qui

«Ecco che comincia la guerra tra i ribelli e le bande di al Qaida. Quella  contro il governo del presidente Bashar el Assad è una rivoluzione con due  anime: la prima è l’originale e nazionalista, è maggioritaria, è nata disarmata  e poi si è militarizzata per autodifesa contro la spietata macchina di  repressione del partito Baath siriano; la seconda è sopravvenuta più tardi, è  minoritaria, è islamista (nel senso che non ha a cuore la Siria in sé ma  combatte poer la causa musulmana globale), è parente di Osama bin Laden ed è  nata già militarizzata (di più, usa anche tattiche terroristiche come le  autobomba e gli attacchi suicidi)».

Scrive così in un articolo uscito oggi sul Foglio Daniele Raineri dalla Siria, per descrivere un conflitto che va  avanti da più di un anno e che è tutto tranne che nettamente diviso tra buoni e  cattivi.

CRISTIANI SOTTO ATTACCO. Proprio come diceva a Tempi, in un articolo dell’inviato Gian Micallessin, Hanna Jallouf, parroco superiore di Knaye, nella  provincia di Idlib: «Come cristiani cerchiamo di restare neutrali, ma credimi, è  difficile avere fiducia. Non sono un esercito di liberazione, sono delle bande  che si muovono alla rinfusa. Più parlo con i loro capi più comprendo quanto i  loro progetti siano confusi o pericolosi. Molti, moltissimi sono d’ispirazione  integralista, almeno il 40 per cento sono dei fanatici mandati avanti e  finanziati da paesi stranieri. Arrivano dai posti più caldi del Medio Oriente  come lo Yemen, l’Iraq e il Libano. Si danno appuntamento alla frontiera turca e  da lì scendono verso i nostri villaggi. Questa è la nostra più grande sventura.  In ogni villaggio musulmano c’è qualcuno che dopo il loro arrivo si proclama “emiro” e distribuisce ordini. Chi resta nelle campagne semina la paura. Nei  nostri villaggi i rapimenti sono ormai all’ordine del giorno. I figli dei  cristiani vengono catturati per strada e le famiglie ricattate. Ogni settimana  dobbiamo fare delle collette per riuscire a riaverli».

RIBELLI ISLAMICI E RIBELLI JIHADISTI. Le diverse fazioni di  ribelli hanno cominciato a confrontarsi a Bab al Hawa, al confine tra Turchia e  Siria, continua il Foglio. Gli jihadisti danno ascolto a un ideologo  egiziano, che ripete: «Siete in guerra contro due eserciti di apostati. Uno è  l’esercito di Assad. L’altro è l’esercito dei ribelli. Quando avrete finito con  uno, toccherà anche all’altro». I ribelli della brigata al Farouq sono pure  islamisti: «Prende il nome da Omar al Farouq, compagno del profeta Maometto. Al  Farouq in arabo sta per “la differenza d’altezza” tra i credenti musulmani e gli  infedeli. Il grido di guerra è “Dio è grande”», scrive Raineri.  «Però gli  uomini della Farouq sono inorriditi quando i jihadisti hanno voluto issare sul  valico la bandiera di al Qaida».

ASSAD RESISTE. All’inizio di settembre i ribelli hanno fatto  fuori il capo dei jihadisti a coltellate «e hanno buttato il suo corpo in un  burrone». Ora riprenderanno la battaglia contro il regime di Assad, «che è  logoro», ma resiste e risponde colpo su colpo.

Leone Grotti

Fonte: Tempi.it