Silvio il radicale – di Paolo Maria Filipazzi

Berlusconi esce dal suo auto-isolamento per firmare, a favor di telecamere, i 12 referendum proposti dal Partito Radicale e per schierare il Popolo della Libertà o Forza Italia o come cavolo si chiama a sostegno dell’iniziativa. Di questi 12 referendum 6, volti a riformare la giustizia ed ad abolire il sistema del finanziamento pubblico ai partiti, sono condivisibili.

Gli altri 6 decisamente no: abolizione della legge Fini-Giovanardi sull’uso di sostanze stupefacenti, del reato di immigrazione clandestina, del tempo di attesa per accedere allo scioglimento del matrimonio dopo la separazione (arrivando dunque al cosiddetto “divorzio breve”), dell’8 per mille, dell’ergastolo e della custodia cautelare. Insomma, siamo ad un ulteriore colpo di reni sulla strada della dissoluzione della società.

Fra questi, due (i primi elencati) riguardano addirittura due riforme introdotte dalla coalizione di centro-destra negli anni in cui era maggioranza, e da quest’ultima sbandierate come cavalli di battaglia.

Quindi Berlusconi ha di fatto firmato contro se stesso. Altri due (il terzo ed il quarto) rappresentano l’ennesima aggressione alla famiglia ed alla Chiesa da parte del partito infernale del sulfureo Pannella.

Proprio a proposito di questi 6 referendum l’ex Cavaliere (in virtù della condanna definitiva, non può più fregiarsi del titolo) ha cercato di mettersi la coscienza a posto dichiarando di non condividere queste battaglie ma di ritenere giusto che gli italiani possano esprimersi a riguardo.

A questo punto, si impone una piccola digressione metodologica: la legge prevede appositamente, perché si faccia un referendum, un primo scoglio, che è la raccolta di 500.000 firme. Se queste non ci sono, il referendum non si fa, perché, giustamente, l’ordinamento valuta che non sia autentica democrazia spendere il tempo e, soprattutto, i soldi dei cittadini, per una consultazione di cui pochissimi sentono il bisogno.

Del resto, il momento di approvazione democratica di una legge è l’approvazione da parte del Parlamento eletto dal popolo sovrano. Il referendum è un “di più” da farsi solo se davvero ne vale la pena. Dunque la raccolta delle firme è già di per se un momento di consultazione democratica, in cui chi è favorevole può firmare e chi è contrario può non firmare.

Del resto, se io sono convinto che una legge sia buona e garantisca il bene comune (o magari, che sia cattiva, ma comunque rappresenti il male minore rispetto alla situazione che si creerebbe dalla sua abrogazione) ho il diritto-dovere, di fronte alla collettività, di difenderla qualora venga messa in discussione fin dall’inizio, e non solo a partire dal “secondo round”, che la legge mi dà il potere di scongiurare, non firmando ed inducendo altri a non firmare.

Quindi Berlusconi è libero e ha il diritto di firmare tutto quello che vuole, ma la posizione “Firmo anche se non condivido perché è giusto che i cittadini si pronuncino” è illogica ed è una pura arrampicata sugli specchi. Malgrado i sofismi filosofici dei suoi avvocati d’ufficio, mi trovo obbligato a concludere che Berlusconi non è un campione di libertà, ma un ipocrita.

Cosa lo abbia spinto a questa mossa penso sia evidente: con la sua condanna definitiva da parte della Corte di Cassazione, la guerra ventennale fra Berlusconi e settori della Magistratura è arrivata alla stretta finale.

Sia chiaro: la vicenda berlusconiana è solo l’episodio principale di una guerra che la Magistratura e la barbarie giustizialista hanno mosso alla politica (cioè al luogo in cui si realizza la democrazia) fin dai tempi di Tangentopoli.

I problemi che Berlusconi ha denunciato in questi anni sono drammaticamente reali. I processi a suo carico sono in gran parte delle montature e lo è con ogni probabilità anche la sua condanna. E il tema della riforma della giustizia da lui cavalcato per anni è sacrosanto.

Chiarito questo, analizziamo razionalmente la situazione presente. La strategia dei radicali è sempre stata genuinamente anticristica: presentarsi come fautori di battaglie filantropiche, “mischiando” ad esse battaglie anti- umane (aborto, fecondazione artificiale, eutanasia, pseudo-matrimonio omosessuale, droga libera e, in generale, guerra totale alla stabilità della società tramite la demolizione delle sue colonne portanti, la famiglia e la Chiesa) portate avanti con artificiose motivazioni pseudo-umanitarie, in modo tale da attrarre l’appoggio in buona fede di cittadini che, magari con le migliori intenzioni, finiscono per diventare cooperatori attivi del Male.

I referendum si prestano benissimo all’attuazione di questa strategia: nel “casino” di quesiti presentati a raffica il cittadino firmatario ed elettore raramente si orienta con precisione, si mobilita sull’onda di slogan e firma e vota allo stesso modo per tutti i quesiti, anche se magari ne ha capiti solo uno o due o ha capito solo lo slogan.

Ecco dunque, il colpo di genio del duo Pannella-Berlusconi: il primo, per far passare sei referendum che rischiano di non avere presa, li mette al traino di altri sei su temi di massima attualità e, guarda caso, graditi al secondo il quale, strizzando l’occhiolino, mette se stesso, il proprio rimanente carisma e la propria armata mediatica a disposizione. Un vero e proprio patto col Diavolo.

Caro Berlusconi, ti ringraziamo di tutto e ti auguriamo buona fortuna, ma è arrivato il momento di prendere congedo da te una volta per tutte: fra le braccia dell’Anticristo proprio non ti possiamo seguire.

articolo pubblicato su Campari & De Maistre