Spotlight, fango da Oscar su una Chiesa dimessa – di Rino Cammilleri

La Chiesa si prepari a una nuova randellata planetaria, questione di giorni (il 18 febbraio prossimo, ndr). Tra breve uscirà anche nelle sale italiane il film Spotlight, già in odore di Oscar. E, quando lo vincerà, l’Oscar, farà un secondo giro trionfale, così che i preti cattolici non potranno più neanche mettere il naso fuori di sacrestia.

La trama del film ricalca paro paro quella di Tutti gli uomini del presidente, incentrata sullo scandalo Watergate: alcuni giornalisti «coraggiosi» (cioè di sinistra) incastrano Nixon (di destra) e lo costringono alle dimissioni. Hollywood, che è da sempre in mano alla sinistra, ovviamente premiò con l’Oscar il film.

In Spotlight è uguale: si narra come la squadra di giornalismo investigativo del Boston Globe(squadra che si chiamava Spotlight) nel 2001, dribblando oculatamente il coevo attentato alle Twin Towers (che monopolizzava l’attenzione), portò alla luce lo scandalo dei preti pedofili, determinando le dimissioni del cardinale Law.

Al termine del film scorrono tutti i luoghi del mondo in cui sono stati scoperti i preti pedofili che la Chiesa aveva fin lì «coperto». Il fatto che nel (lunghissimo) elenco sia assente l’Italia non fa che confermare, nella mente dello spettatore, l’assunto: in Italia c’è il Vaticano, centrale potentissima di «copertura»; ovvio che in Italia non si sia «scoperto» niente.

Quando la randellata si abbatterà in tutta la sua possanza, servirà a poco stendere articolesse zeppe di dati e date per chiarire che le percentuali sono a favore della Chiesa e che le altre organizzazioni ne hanno di superiori. Infatti, Hollywood non farà mai film sulle «altre organizzazioni», al cinema obamiano interessa questa e solo questa.

La potenza di fuoco di un film hollywoodiano da Oscar non ha rivali, e la Chiesa potrà solo opporre l’«immagine» di papa Francesco e la sua enfasi sulla «misericordia».

Eh, anche la Chiesa ormai vive di slogan: fino a qualche anno fa era in auge il «dialogo», ora è la volta dell’«accoglienza» e della, appunto, «misericordia».

Ma il beato Alberione l’aveva capito che, come diceva il Duce, «la cinematografia è l’arma più forte». Non a caso la sua San Paolo produceva pellicole eccezionali e in grado di rivaleggiare con gli States.

E il Beato non esitava a mettersi lui stesso dietro alla macchina da presa. Ma le sale parrocchiali non sono più, com’erano, la metà di tutti i cinema italiani, e in quelle che restano i cattoprogressisti organizzano solo cineforum autodemolitori. Perciò, oramai, meno chiacchiere e più ore di adorazione, non c’è altro da fare.

Un’ultima notazione, detta da uno che ha passato la giovinezza a combattere contro l’«impero del male». Oggi quel che i cattolici considerano «male» non viene più da Mosca, ed è inutile nascondersi dietro un dito. Denatalità (degli altri), destabilizzazione economica e, quando serve, anche politica, omosessualizzazione obbligatoria, esportazione di political correctness, compreso un lessico tutto statunitense che noi facciamo fatica ad assorbire tanto ci è estraneo.

Il tutto contando sul servizio gratuito dei trinariciuti che prima erano di obbedienza moscovita e ora sono tutti amerikani.

Qualsiasi input arrivi dai salotti di Manhattan scatena la loro anima giacobina ed eccoli a latrare che ciò ci farebbe diventare finalmente «civili».

Non abbiamo speranza nei confronti di un impero che mantiene basi militari in casa nostra e che, a differenza di quello romano antico, impone a tutti le sue divinità. Sappia almeno che non siamo (ancora) tutti cretini, anche se è quello il suo scopo. W Putin e Donald Trump (per ora).

Fonte: Pepe