La fiera dell’osceno sotto gli occhi della Madonna del Rosario. Eccolo il rispetto chiesto dal vescovo di Pompei agli organizzatori e partecipanti del PompeiPride2018: una donna di rosso vestita che ostenta alcuni Rosari e tende le braccia imitando l’iconografia della Madre di Dio che accoglie i suoi figli in un abbraccio. Una “Madonna gay”, Dio ci perdoni l’accostamento blasfemo, a pochi passi dal Santuario mariano e in aperto sberleffo alla fede cattolica.
Provocazione, sacrilegio, ognuno può servirsi delle parole migliori per definire un fatto comunque incontestabile: i gay pride, tutti non solo quello di Pompei, anche quello di Milano, hanno ormai preso la piega della kermesse palesemente anticristiana.
Non sono i diritti l’obiettivo, ma proprio la fede cattolica. Perché è il messaggio cristiano sull’amore umano, sul peccato e sulla redenzione, ad essere ancora oggi l’unico ostacolo all’imporsi di una ideologia che sotto forma di lava incandescente sta travolgendo buonsenso, pietà e rispetto.
A Pompei il Pride 2018 si è provocatoriamente svolto nella città che deve al Rosario la sua ragione d’essere, diversamente oggi sarebbe soltanto un sito archeologico tra i più grandi al mondo e poco più, racconterebbe di una città morta, sommersa dalla furia di un vulcano.
Invece Pompei in questi secoli ha vissuto grazie a quella Madonna che sabato è stata irrisa sul palco dove troneggiava il nome di un locale gay di Napoli.
Ma nel caravanserraglio arcobaleno la Chiesa è stata presa di mira più e più volte. Uno striscione ha aperto le danze: “In memoria di tutte le persone omosessuali perseguitate ed uccise dalla Chiesa Cattolica”. Chi? Come? Dove? Quando? Le regole del giornalismo, e della storia, non valgono per questi barbari del conformismo e del vizio? Dunque si sfila perché la Chiesa ha ucciso gli omosessuali? Ma qualcuno si è reso conto della mostruosa castroneria pronunciata e diffusa via social? E qualcuno, dalle parti dell’episcopio pompeiano, ha magari notato che la maggior parte delle rivendicazioni avevano sempre e comunque la Chiesa come obiettivo, seconda soltanto all’accoppiata Salvini-Fontana?
Invece la diocesi di Pompei ha preferito mettere la testa sotto il cuscino, senza nemmeno incoraggiare quel nugolo di fedeli che ha recitato il Rosario di riparazione davanti alla Basilica. Chiusa, ovviamente.
Ecco le parole melliflue del vescovo alla vigilia dello show: “Se un auspicio può essere espresso, esso non può che riguardare il rispetto delle convinzioni dei credenti, anche attraverso modalità e gesti che caratterizzano le manifestazioni a Pompei, città di fede e cultura”. Insomma, un invito ad essere sobri, a manifestare pacificamente senza irridere i segni della fede. Ecco un modo sicuro per ottenere l’effetto contrario. Come se un pride fosse più digeribile se privo di “Madonne oscene” e “Papi Francesco arcobaleno”. Trionfo dell’irresponsabilità: fate quel che volete, ma non sporcate il tappeto. Dalla Chiesa ci si aspetterebbe invece un invito alla conversione e non un’accettazione di una pratica che non può essere buona o cattiva a seconda delle buone maniere codificate dal supremo criterio del rispetto.
Spiace dover constatare che ancora una volta la Chiesa, rappresentata sotto le pendici del Vesuvio dal vescovo di Pompei, ancora una volta apre le porte Scee facendo entrare il cavallo di Troia dell’accomodamento e del buonismo. Invece di condannare e ricordare il giudizio di Dio su chi pratica atti sodomitici, è la Sacra Scrittura, che non è ancora stata abolita. Invece di proporre percorsi di riappropriazione della propria identità per cercare davvero quello che è lo sguardo vero di Dio sull’uomo, si accontenta di non farsi schizzare le finestre del vescovado di uova marce e invita così alla sobrietà.
Come se il destino dell’uomo, che è peccatore, sia solo un problema di bon ton. Cecità che, come dimostrano i fatti, si pagano, con l’irruzione del nemico nella sacra Ilio, pronto con le torce ad infiammare quel che resta della fede e della devozione di un centro di spiritualità lordato e neppure ripulito a orgia conclusa, dato che dubitiamo fortemente che verranno offerte preghiere di riparazione per la sconcezza vista e mostrata sotto alla presenza persino di un autorevole membro del governo.
Il Sottosegretario Spadafora infatti si è intestato la rappresentanza del Governo al Pride 2018 facendosi smentire dal ministro della Famiglia Lorenzo Fontana. Solo che Fontana quando parlò delle coppie gay, dovette specificare di parlare a titolo personale, Spadafora invece si intesta la coccarda del Governo. Perché? Forse sarà il caso che il premier Conte dica come stanno le cose e prenda una posizione in materia.