Walter e l’impennata dell’umano. Storia del pastore che ha rinunciato al trapianto per far spazio agli altri

Prima di tutto, prima di ogni riflessione, c’è la domanda: “Ma io lo avrei  fatto?”. La risposta non è immediata, ma alla fine è un “no, forse no”. La mia  debolezza mi scuote e solleva allo stesso tempo. Eppure, di fronte a Walter  Bevilacqua, tolgo il cappello, con quel soffio di devozione piccola ma sincera  che può sorgere anche tra uomini lontani.

 

Un pastore dei monti della valle Divedro, a pochi passi dal confine svizzero.  Aveva vissuto lì, senza sposarsi mai, allevato dal nonno. Una vita per il  lavoro, «senza mai un giorno di pausa», tra animali e agricoltura. È morto  l’altro ieri, a 68 anni, nell’Ospedale in cui effettuava la dialisi per la sua  grave malattia renale. Il cuore ha ceduto. La sua morte diventa notizia e schianto quando don Fausto Frigerio, il parroco del paese, rivela, durante la cerimonia funebre, che mesi prima aveva rinunciato al trapianto di un rene, per il quale era giunto il suo momento in lista d’attesa. Perché? «Sono solo – aveva confidato – non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere».

 

Non sono d’accordo. Non è vero, per esempio, che qualcuno abbia più diritto  di vivere di altri. Eppure, di fronte al suo atto di coraggio e dedizione, resto  sbigottito e ammirato. Il suo altruismo lo conoscevano tutti, ma non fino a  questo punto. È l’impennata dell’umano, che ogni tanto, da qualche parte del  mondo, accade portentosa. Anche nel più sconosciuto borgo di montagna, nel cuore  dell’uomo più semplice e meno erudito.

 

Ieri studiavo le principali teorie sulla storia e il suo corso. Tutte fondate  sul male. La storia sarebbe lotta di classe, guerra di dominio, determinata  dall’economia e dall’interesse. Ma come si fa a dirlo di fronte a fatti come  questo? Come si fa a dire che l’uomo è solo “homini lupus”? Sì sì, eroe del  giorno senza dubbio. Anzi, di più: uno dei tanti (tantissimi) eroi della storia  umana. Con un’umile “correzione”: vorrei dirgli che la sua vita, proprio per  questo suo cuore grande, non valeva, non è valsa, meno di nessun altra.

Pino Suriano


 
Fonte: Tempi.it